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LE BORSE E L'ECONOMIA REALE

Convergenze/divergenze tra i dati macroeconomici e i mercati di equities.

(Una personale riflessione)

 
di: Mario Salvia 

Prima che riaprano le “piazze” di tutto il mondo, prima ancora che i primi dati condizionino ancora una volta i miei pensieri di analista, voglio, per me e per i miei lettori, trovare degli spunti di riflessione; dei “paletti” ai nostri ragionamenti macro economici, che sono quelli che, poi, determinano il sentiment  dominante sui mercati. Imparare da ciò che accade oggi, fare esperienza, è importantissimo per  gestire professionalmente, ma anche con buon senso comune, quelli che saranno gli avvenimenti futuri, sui mercati azionari. Ed è anche, per inciso, uno degli assiomi alla base della “legittimità scientifica” dell’Analisi Tecnica e della Statistica.

Con il concludersi di questa settimana, una di quelle che non sarà facile dimenticare per le Borse azionarie di tutto il mondo, ho sentito il bisogno di mettere in ordine nella mia mente gli avvenimenti che si susseguivano con incalzante rapidità. Quello che cercherò, se possibile, di trovare e mantenere, è un filo logico che in qualche modo leghi  insieme il drammatico crollo del Dow Industrial, mai così rapidamente giù dai tempi dell’ottobre 98, l’apparente “resurrezione” del Nikkei, ed i primi segnali di panic selling che sono ora arrivati anche sui mercati europei, nessuno escluso, nella giornata di giovedì. Diciamo la verità; prima che le chiusure positive americane riportassero un pò di sereno, chi è che non ha avuto paura che al giovedì potesse seguire un drammatico venerdì nero?

Dunque un filo conduttore, ed ecco che mi sembra impossibile non partire dalla decisione che la Fed ha preso lo scorso martedì. Lunedì, ricordate?, le Borse avevano chiuso in ampio terreno positivo, in Europa. Di questa decisione si è lungamente discusso, ne sono stati esaminati tutti i particolari, e non ritengo ci sia nulla da aggiungere. Lo stesso discorso vale per la reazione a questa decisione che hanno preso le Borse mondiali, ad eccezione del Giappone: è sotto gli occhi di tutti.

Quello che mi preme sottolineare, è che, da una parte, non credo fosse possibile, alla luce dei dati che il Governatore aveva in mano, decisione diversa,dall’altro, che essa è, probabilmente, la migliore.

In realtà, quello che non si dice, ma che si evince dai numeri, è che la situazione congiunturale che si sta delineando all’orizzonte è certamente meno drammatica di quanto si pensasse solo due mesi fa, e che invece il mercato tuttora sconta ai prezzi attuali. Insomma , la recessione al momento non c’é, né si intravede.(Per recessione intendo un prolungato periodo di tempo, almeno due, meglio tre, trimestri consecutivi, con una crescita del Pil negativa). Anzi, alla luce dei dati economici più recenti, il Pil degli USA relativo al primo trimestre, dovrebbe risultare positivo, a fronte di una paventata crescita “zero”.

Ed allora, perché i mercati scendono?

Ci sono due cause, a mio parere, per questa situazione.

Innanzitutto mi sembra ovvio affermare che, essendo pubblici i dati, le Borse ultimamente stiano scontando una probabile minore aggressività della Fed nel tagliare i tassi in futuro, e l’entità decisa da Greenspan, lo 0,5, ne è stata conferma.

Infine, come stanno avvertendo ormai tutti gli analisti, l’unico rischio per il “sistema” economico americano, basato sulla propensione al consumo (siamo o no nella patria del capitalismo?), viene proprio dai corsi azionari troppo bassi, che costituendo parte del risparmio, se non del reddito, dell’85% degli americani appartenenti alle classi sociali dalla media in su, rischiano di compromettere questo importante fattore, con conseguenze a “catena”.

Qui c’é l’anello debole del sistema; infatti la Fed ha potere nel vigilare sull’inflazione, innanzitutto, e questa non desta preoccupazioni, sulla disoccupazione, che per quanto in aumento, si attesta intorno al 4,2% della forza lavoro (!), ma non sui corsi azionari, che solo in un tempo relativamente recente, hanno assunto queste nuove caratteristiche di “indicatore di ricchezza”.

Ecco perché la decisione di Greenspan a me sembra non solo giusta, ma anche coraggiosa, per tutta quella parte di “spiegazioni” in cui recepisce benissimo questi “nuovi” fattori di rischio, dichiarandosi pronta ad intervenire, alla bisogna.

E qui veniamo al secondo motivo.

Una grossa fetta del mercato attuale, se vogliamo dare per certo che esso non rispecchi più i fondamentali macroeconomici della società che riflette,  è costituita da fondi, hedges, private bankers, speculazione privata, come ogni volta che questi “fenomeni” speculativi (di cui l’esempio più clamoroso sono le cd. “bolle”, di cui abbiamo recente e amaro ricordo) appaiono sui mercati. La maggior parte dei sistemi di trading di queste società è spesso un complesso meccanismo in cui hanno la loro buona parte i “trading systems”, ossia i sistemi sofisticatissimi, spesso ulteriormente “filtrati”, basati sugli elaboratori... addirittura di tipo “neurale”.  Ebbene, la stragrande maggioranza di essi, proprio perché sfrutta la strategia più statisticamente favorevole, e del tipo “trend-following”, ossia dà il meglio di sé quando il mercato è dichiaratamente “Orso” o “Toro”, senza indecisioni. E’ ovvio che per grossa parte di costoro, è auspicabile una ripresa lontana, e nuovi minimi.

Il coltello dalla parte del manico glielo ha dato, alla speculazione intendo, se vogliamo, lo stesso Greenspan, lasciando intravedere nuovi “tagli” in caso di ulteriori defaillances borsistiche. Questo ha generato un meccanismo perverso che, a partire da martedì, dopo l’annuncio della Fed, unito alla delusione (?) per un taglio inferiore al “diktat” del mercato, è andato, da subito, alla ricerca di quei valori, degli indici, in grado di far scattare quell’ulteriore taglio, visto come promesso, se non dovuto.

Solo l’ipervenduto già notevolmente accumulato, unito alla forte resistenza offerta da alcuni valori-indice, come il 1800 del Nasdaq (in piccolo, ottimo il 1600 del “nostrano” indice Comit), ed infine, anche un pò di buon senso, hanno permesso che, per ora, questo primo “tentativo” andasse a vuoto, grazie alle necessarie e sagge “ricoperture” avvenute a questo punto, proprio da parte di  coloro che avevano dato il via alle vendite (spesso allo scoperto in Usa, dove è pratica diffusa anche dagli investitori “retail”).

Ma non è detto che non ci si riprovi, specie se continueranno ad arrivare allarmi utili da parte delle aziende (ma anche questi, sembrano scontati dal mercato) che potrebbero essere presi a pretesto per nuovi crolli, o se questa debolezza, che finora ha interessato solo il comparto tecnologico, non si estenda, in termini di profit-warning, ad aziende di comparti diversi, ritenuti “rifugio”.

Ed ancor di più, ma questa volta forse a ragione, se il pericolo innanzi citato di una dimunizione di propensione al consumo generata dalla minor “ricchezza in azioni” non si avviti in un circolo vizioso, insieme alla capacità di investimento delle imprese.

Proprio per questo bisogna fare chiarezza: attualmente questo è lo scenario meno probabile alla luce dei dati che tutti gli economisti possono vedere.Lo scostamento dei mercati finanziari dall’economia reale è grande, perché già sconta una recessione che oltre a non esserci oggi, alla luce dell’ultima riduzione delle scorte negli States, che preoccupava tanto, dei risultati del comparto immobiliare, dell’assenza di disoccupazione significativa, e, ultima ma non meno importante, alle porte di un intervento di alleggerimento delle tasse (che ora è chiesto anche dai Democratici, per incentivare i consumi), sembra francamente irreale.

A questo si possono aggiungere gli ampi margini spazio in discesa per nuovi tagli, oltre il 0,5 atteso entro maggio, fino a zero (!) se necessario, da parte della Fed, e della stessa BCE, che presto beneficerà della “devirtualizzazione” della propria moneta, il cui rialzo renderà meno gravoso l’ulteriore taglio al Tus.

E per finire, la situazione giapponese.

In questo caso debbo ammettere che la mia conoscenza del Giappone, che è una situazione “a sé stante”, si limita ai principali indicatori macroeconomici, ed a quello che noi tutti possiamo leggere sui giornali. Ecco perché qui chiedo aiuto all’Analisi Tecnica, per delineare uno scenario per il Nikkei 225. E’ stato spesso evidenziato quale forte relazione ci sia tra questo indice ed il Nasdaq, ed è tuttora fonte di preoccupazione il fatto che il “caso giapponese” possa estendersi agli Usa. Se questo è vero, allora le indicazioni arrivate questa settimana sembrano più che buone.

Il Nikkei ha violato al rialzo la prima delle trendlines che fungono da resistenza dinamica ad una sua ripresa, e che finora avevano sempre retto.

Per conferma, secondo i dettami dell’A.T., ha effettuato un veloce pullback sulla quota appena violata, per poi ripartire in chiusura di settimana. In pratica, se questo si dimostrasse vero, dovremmo aver visto i minimi di questo indice, dopo tanta discesa e tanto tempo.

Se questo fosse vero, e se è vero come è vero che tra Nikkei e Nasdaq c’é forte correlazione, allora anche quota 1800 recentemente testata, dovrebbe resistere per il futuro.

Ed anche gli altri indici non potrebbero non tenerne conto. Se poi dai risultati aziendali del prossimo trimestre dovesse uscire qualche “sorpresa”, o qualche dato “macro” cominciasse ad evidenziare i risultati dei “tagli” già effettuati dalla Fed (1,5 punti da Gennaio ad ora), potremmo tirare un bel sospiro grosso.

Ebbene credo sia onesto dire che questo é lo scenario con le maggiori probabilità di verificarsi, allo stato attuale.

Quello che voglio dire è che potrebbe esserci effettivamente una “buy opportunity”, in questo momento, su parecchi mercati mondiali, e che presto, ma i primi segnali sono già ben visibili (come le recenti dichiarazioni di qualche famoso gestore), l’asset allocation di primo livello,quella fatta  tra liquidità, obbligazioni, ed azioni dovrà necessariamente cambiare, tenendone conto, tra i gestori delle grandi companies.

Questo perché il mercato azionario, a questi prezzi, specie in alcuni comparti maggiormente “massacrati”, ma molto sensibili ai cambi di tassi, come tecnologie, finanziari,  e telefonici, sconta aspettative negative che probabilmente non si avvereranno.

Un eccesso di “prudenza” in cui la speculazione ha parte importante.

Il panic selling visto in Europa giovedì mattina, di cui sono testimonianza i forti volumi (3,2 mld di euros contro ad es. i 2,6 di venerdì, che sono comunque oltre la media mensile, sul Mibtel), non fa che accrescere la mia fiducia che i minimi siano alle spalle, o, al massimo, molto vicini. Il contrario vorrebbe dire solo che...nessuno si sta accorgendo di nulla(!?!) ed io non ci credo.

E’ verissimo; oltre che essere sterile in quanto inutile, lo “sport di “cercare i minimi” è molto pericoloso. Non si afferra un coltello mentre cade...è uno dei più conosciuti “dogmi” dell’Analisi Tecnica. Ma riconoscere il timing giusto per entrare sul mercato gradualmente, sfruttando le occasioni che talvolta si creano nelle discrepanze tra i due andamenti, quello borsistico e quello macroeconomico, in cui il primo in genere anticipa, e facendolo talvolta sbaglia, il secondo, è compito del buon amministratore. Di chiunque siano i soldi.

Cominciamo a comprare, dunque, con calma, privilegiando le azioni più “ingiustamente” massacrate, sempre con l’Analisi Tecnica quale insostituibile metodo di scelta del giusto prezzo, ed in un’ottica di medio periodo; il tempo ci darà ragione. Tutto ci dice che è forse più rischioso continuare a star fermi.


A presto,

m.s.

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