Piovono bombe. Una proposta di pace@
Perché dividersi sulla Perugia-Assisi? Perché tutti i movimenti non partecipano, insieme a una iniziativa limpidamente pacifista?
MARIO PIANTA

Che senso avrebbe litigare in nome della pace mentre le bombe già piovono su Kabul? Sarebbe la coazione a ripetere un tratto troppo sperimentato dalla politica del novecento, l'ossessione a dividersi in nome di strategie diverse, a scindersi per ricercare omogeneità e purezza. Sarebbe la negazione di quello che è stato in questi anni il movimento dei movimenti: la capacità di stare insieme tra soggetti sociali e organizzazioni diverse, sulla base di valori e obiettivi comuni.
E' questo il rischio che il movimento corre oggi in Italia alla vigilia della marcia Perugia-Assisi del 14 ottobre organizzata dalla Tavola della Pace, un cartello di diverse centinaia di associazioni ed enti locali per la pace. Il Genoa Social Forum, un analogo cartello, a cui appartengono moltissime delle associazioni del primo, e la stessa Tavola della Pace, ha reso noto un appello (apparso domenica sul manifesto) polemico con i documenti di questa, e che invita a concludere la marcia in modo separato. Al centro della polemica l'attenzione che la Tavola della Pace ha dato all'esigenza di combattere il terrorismo nel documento pubblicato dal manifesto del 2 ottobre scorso.

Francamente, si tratta di una divisione incomprensibile al di fuori dal ristretto ceto politico coinvolto e delle tattiche di corto respiro di alcune organizzazioni. Impresentabile ora che l'attacco americano già è cominciato.
Guardiamo i contenuti? La Tavola della Pace ha diffuso un documento "contro il terrorismo e contro la guerra"; il primo è definito un "crimine contro l'umanità" di cui si dovrebbero occupare Nazioni Unite e Corte penale internazionale, quanto alla seconda, si afferma una "decisa opposizione a ogni forma di guerra, diffusa o "chirurgica"". L'appello del Genoa Social Forum è "contro la guerra" e non affronta la questione del terrorismo (che però condanna esplicitamente). La divisione principale (ma puramente teorica) riguarda la possibilità di "operazioni di polizia internazionale" in un sistema di sicurezza costruito intorno ai principi della Carta delle Nazioni Unite, ma nessuno pensa che la guerra iniziata dagli Stati Uniti si possa legittimare in questo modo.

Dietro la polemica, questo contrasto si può forse comprendere se guardiamo più a fondo, agli orizzonti di azione che si sono dati Tavola della Pace e Gsf. La prima è nata sei anni fa, consolidando le esperienze del pacifismo degli ultimi vent'anni, con l'obiettivo di sviluppare alleanze internazionali tra associazioni, sindacato ed enti locali, e di misurarsi con le sfide del mondo del dopo guerra fredda, dei nuovi conflitti, della globalizzazione neo-liberista. Il Genoa Social Forum è nato sei mesi fa per organizzare la protesta contro il vertice del G8 a Genova nel luglio scorso, dando continuità alle analoghe mobilitazioni internazionali, ha difeso la democrazia contro le violenze di black bloc e polizia, e ha saputo accogliere, con la nascita dei Social Forum locali, l'impegno di una nuova straordinaria generazione di giovani, con l'avvio di un apprendistato alla nonviolenza.

L'attenzione della Tavola della Pace è sui contenuti, sulle proposte di politiche alternative. E quindi non si limita a organizzare la marcia: giovedì prossimo inizia a Perugia la tre giorni della quarta Assemblea dei popoli delle Nazioni Unite, con rappresentanti dei movimenti di 120 paesi che discuteranno di globalizzazione dal basso, di alternative alle politiche europee e di consolidamento delle reti globali di società civile. Le Assemblee precedenti hanno proposto alternative ai problemi della democrazia internazionale, con le richieste di riforma e democratizzazione dell'Onu (nel 1995); ai disastri della globalizzazione neo-liberista, con le richieste di un'economia di giustizia (nel 1997); al ruolo della società civile globale, affermando (nel 1999) che "un altro mondo possibile", lo slogan poi ripreso quest'anno dal Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre.
Il Genoa Social Forum è si trovato a concentrare il suo impegno sull'organizzazione della protesta, con le decine di manifestazioni a fine luglio in tutta Italia, con la mobilitazione sulla Nato a Napoli a fine settembre e quella in programma a novembre contro l'Organizzazione mondiale per il commercio. Il lavoro sui contenuti in questi casi è svolto dalle organizzazioni già attive sui problemi specifici, e non a caso al Public Forum di Genova - che presentava le alternative alle politiche del G8 - la sessione dedicata ai conflitti stata organizzata proprio dalla Tavola della Pace.
Non c'è ambiguità sull'opposizione alla guerra, non solo nei documenti, ma anche nell'esperienza concreta: proprio una Marcia Perugia-Assisi straordinaria, convocata dalla Tavola della Pace nel maggio 1999, segnò il culmine dell'opposizione alla guerra della Nato e dell'Italia in Kosovo.
A Perugia non suonano quindi le sirene della "guerra umanitaria". Piuttosto, c'è il farsi carico della ricerca di soluzioni ai nuovi conflitti, con proposte che da un lato ne rimuovano le cause, radicate nelle ingiustizie del pianeta, e dall'altro diano alla comunità internazionale gli strumenti per intervenirvi in modo appropriato, con iniziative politiche, con un ruolo diretto della società civile, con interventi non militari e, in casi estremi, anche con azioni di polizia internazionale, all'interno dall'unico quadro di riferimento legittimo, quello di un sistema delle Nazioni Unite radicalmente riformato e democratizzato, un quadro che rappresenti un'alternativa al potere militare degli stati e, in particolare, della Nato e degli Stati Uniti.

Affrontare questo problema non significa dare l'assenso ai bombardamenti americani, significa cercare una politica alternativa a quella degli Usa. E' quello che dovrebbero fare le forze politiche dell'opposizione, già largamente invischiate, purtroppo, in una rincorsa alle dichiarazioni di fedeltà atlantica, in una replica della scelta militare nella guerra del Kosovo, questa volta nemmeno giustificata dalle responsabilità di governo.
La sostanza è che tutta la Marcia Perugia-Assisi sarà contro la guerra, e lo sarebbe stata anche senza l'inizio dei bombardamenti. Lo sarà ancora di più se il Parlamento oggi o domani votasse una mozione unitaria tra centrodestra e Ulivo di partecipazione alle operazioni militari Usa e Nato. Sarebbe la replica sciagurata degli errori dell'Ulivo, e dei Ds in particolare, alla vigilia del G8 di Genova, e scaverebbe un nuovo solco tra società civile e politica istituzionale. Per questo resta essenziale in Parlamento l'opposizione di Rifondazione e quella annunciata dai Verdi.

E' chiaro che i parlamentari dell'Ulivo che votassero per la guerra non potrebbero presentarsi a cuor leggero alla Marcia Perugia-Assisi. Ma è obiettivo delle grandi manifestazioni allargare lo schieramento sociale: un elemento di forza e non di ambiguità è che alla Perugia-Assisi ci sia tutto il sindacato e non solo la Fiom come a Genova, che ci siano moltissimi Ds e non solo pochi rappresentanti della sinistra come a Genova. Che ci siano i centri sociali insieme ai boy scout cattolici, i pacifisti americani insieme agli oppositori afgani.
E, soprattutto, è importante che tutti portino i loro striscioni, con parole d'ordine anche diverse, ma facendole risuonare tutte fino alla fine della marcia, alla Rocca di Assisi, come è successo in tutti i quarant'anni di passate marce della pace. O vogliamo tornare al vizio novecentesco di essere "pochi ma buoni" anche di fronte alla prima guerra del nuovo secol