Declinato al plurale,
ma pacifismo
GIULIO MARCON*
La
prossima marcia Perugia-Assisi è l'occasione di rilanciare con una
partecipazione popolare straordinaria l'impegno e l'iniziativa "contro il
terrorismo e contro la guerra", per la democrazia internazionale, una
globalizzazione dal basso che mette al centro il ruolo della società civile e
il soddisfacimento dei bisogni primari del pianeta: "cibo, acqua, lavoro
per tutti".
Dopo l'11 settembre, niente è più come prima: la drammatizzazione
dell'escalation con l'innesto di una spirale perversa di terrorismi,
rappresaglie, conflitti è nell'ordine delle cose. E rischia di aggravare ancora
di più i tratti di ingiustizia del "disordine" internazionale
iniziato negli anni Novanta con la proliferazione di nuovi conflitti (ben 85
conflitti, di cui 79 nazionali ed interni), rilanciare le politiche di riarmo
(l'Italia ha il record di un aumento delle spese militari del 20 per cento in
quattro anni, sia per opera dei governi di centrosinistra che di Berlusconi che
quest'anno aumenta la spesa per la difesa di 3.500 miliardi) insieme allo scudo
stellare e l'intensificazione dei commerci di armi, bloccare ogni tentativo di
democratizzazione degli organismi internazionali (l'Onu) a favore di coalizioni
"unipolari" e del ruolo della Nato.
La
lotta al terrorismo è obiettivo fondamentale: il terrorismo è un "crimine
contro l'umanità" ed è avversario della pace, dei diritti umani e dei
popoli, delle prospettive di democratizzazione e di trasformazione economica e
sociale.
Sconfiggerlo e sradicarlo è un compito primario: non con scenari da "Far
West" di guerra, ma intraprendendo iniziative politiche (risolvendo i
conflitti dove i burattinai del terrorismo reclutano tra la frustrazione e la
disperazione la manovalanza terrorista pronta a tutto), di isolamento e di
repressione - dentro la cornice del diritto internazionale e degli organismi
sovranazionali quali l'Onu - dei gruppi terroristi (proprio quelli legati ai
talebani e ai fondamentalismi sauditi e pakistani) con i quali in passato gli
stessi paesi oggi colpiti hanno collaborato attivamente per operazioni fuori da
ogni legalità.
Ed è riprovevole che proprio molti dei paesi oggi protagonisti della
"coalizione internazionale antiterrorismo" (tra questi gli Stati Uniti
che dal terrorismo sono stati colpiti) abbiano di fatto impedito, anche
recentemente, la costituzione di sedi di giudizio, come la Corte Penale
Internazionale (solo 40 paesi hanno ratificato il trattato), che avrebbero
potuto giudicare e perseguire gli autori dei "crimini contro l'umanità"
di New York e Washington.
Ed è ugualmente deprecabile che anche gli sforzi di riforma dell'Onu siano
stati vanificati, togliendo alle Nazioni Unite ogni possibilità di
"monopolizzare" l'uso della forza, non tanto per fare la guerra
(proibita dalla Carta delle Nazioni Unite) e "bombardare i civili"
(come ha fatto la Nato con l'ultima "guerra umanitaria" nei Balcani),
ma per esercitare quelle funzioni di "polizia internazionale" mirate a
riportare la pace e la sicurezza.
A
tal riguardo va ricordato che il riferimento - operato da alcuni per
giustificare in anticipo l'azione bellica americana - all'art.51 della Carta
dell'Onu è sbagliato: il ricorso all'"autodifesa" (sancito dalla
Carta) deve essere, dice l'art.51, "immediato" ed esercitabile fino a
che il Consiglio di Sicurezza non prenda l'iniziativa, cosa avvenuta il 12
settembre scorso quando il Consiglio di Sicurezza non ha certo autorizzato alcun
uso della forza.
Ovvio che, in questa cornice, ogni invocazione dell'Onu per legittimare
un'azione di guerra sarebbe falsa e strumentale. Né Berlusconi, né altri
esponenti politici pensino di spacciare per "polizia internazionale" o
per "uso della forza" (come ha detto D'Alema) quella che con tutta
probabilità, sarà una vera e propria guerra.
E' per questo motivo che la
marcia Perugia-Assisi, collegando l'impegno e l'iniziativa per una
"globalizzazione dal basso" alla lotta al terrorismo e (cosa da
ricordare alle ultime frettolose adesioni pervenute) alla guerra e alla
mobilitazione per la democrazia internazionale - l'Onu al primo posto - indica
un orizzonte di impegno di lunga durata con cui tutti dobbiamo misurarci.
Per costruire politiche e pratiche alternative a quelle della realpolitik (in
nome degli interessi economici e di potere dei più forti) che ha dominato fino
ad oggi, provocando guerre (anche quelle "umanitarie"), ingiustizie,
sofferenze.
Un motivo per essere in tanti - in modo plurale, nel rispetto delle differenze e
delle tante identità - domenica quattordici ottobre prossima a Perugia e ad
Assisi e rilanciare, nel nome della nonviolenza un impegno comune per la pace e
la democrazia.
*Presidente Ics