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Lunedì
Che
cosa è più triste di un treno?
Che
parte quando deve,
Che
non ha che una voce,
Che
non ha che una strada.
O forse un cavallo da tiro.
È
chiuso fra due stanghe,
Non
può neppure guardarsi a lato.
La
sua vita è camminare.
E
un uomo? Non è triste un uomo?
Se
vive a lungo in solitudine
Se
crede che il tempo è concluso
Anche
un uomo è una cosa triste.
(Primo
Levi, “Ad ora incerta”)
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Fuggire o nascondersi non ha il minimo senso. Non ci sono
scappatoie e val meglio rimanere con gli altri e cercare di
essere per loro quel che ancora siamo in grado di essere. Se
noi salveremo i nostri corpi e basta dai campi di prigionia,
dovunque essi siano, sarà troppo poco. Non si tratta infatti
di conservare questa vita a ogni costo, ma di come la si
conserva. Certo che non è così semplice, e forse meno che
mai per noi ebrei; ma se non sapremo offrire al mondo
impoverito del dopo guerra nient’altro che i nostri corpi
salvati ad ogni costo - e non un nuovo senso delle cose,
attinto dai pozzi più profondi della nostra miseria e
disperazione - allora non basterà. […]
Se tutto questo dolore non allarga i nostri orizzonti e non
ci rende più umani, liberandoci dalle piccolezze e dalle cose
superflue di questa vita, è stato inutile. La sofferenza non
è mai al di sotto della dignità umana. Cioè: si può
soffrire in modo degno, o indegno dell’uomo. Voglio dire: la
maggior parte degli occidentali non capisce l’arte del
dolore, e così vive ossessionata da mille paure. E la vita
che vive la gente adesso non è più una vera vita, fatta
com’è di paura, rassegnazione, amarezza, odio,
disperazione. […]
Ognuno di noi deve raccogliersi e distruggere in se stesso
ciò per cui ritiene di dover distruggere gli altri. E
convinciamoci che ogni atomo d’odio che aggiungiamo al mondo
lo rende ancora più inospitale. Una pace futura potrà essere
veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in
se stesso – se ogni uomo si sarà liberato dall’odio
contro il prossimo, di qualunque razza o popolo, se avrà
superato quest’odio e l’avrà trasformato in qualcosa di
diverso, forse alla lunga in amore se non è chiedere troppo.
[…]
Vorrei tanto poter trasmettere ai tempi futuri tutta
l’umanità che conservo in me stessa, malgrado le mie
esperienze quotidiane. L’unico modo che abbiamo di preparare
questi tempi nuovi è di prepararli fin d’ora in noi stessi.
In qualche modo mi sento leggera, senza alcuna amarezza e con
tanta forza e amore. Vorrei tanto vivere per aiutare a
preparare questi tempi nuovi: verranno di certo, non sento
forse che stanno crescendo in me, ogni giorno? […]
Il marciume che c’è negli altri c’è anche in noi,
continuavo a predicare; e non vedo nessun’altra soluzione,
veramente non ne vedo nessun’altra, che quella di
raccoglierci in noi stessi e di strappar via il nostro
marciume. Non credo più che si possa migliorare qualcosa nel
mondo esterno senza aver prima fatto la nostra parte dentro di
noi. È l’unica lezione di questa guerra: dobbiamo cercare
in noi stessi, non altrove…
Etty
Hillesum
(Middelburg
1914, Auschwitz 1943) |