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“I
giovani penseranno che tutto sommato è meglio occuparsi
degli affari propri e lasciare che della politica si
interessino i cosiddetti uomini politici; e allora non ci
sarà un avvenire né per loro né per la democrazia. Ma
l’uomo politico normale non è quello che diventa uomo di
stato: è quello che permette agli uomini di stato di non
essere dittatori, bensì portatori della volontà sua e di
quella dei suoi concittadini. E, per fare questo, l’uomo
normale non ha bisogno di rinunciare alle sue attività
specifiche, se è un giovane, non è chiamato a tralasciare
né i suoi studi, né i suoi divertimenti. Ha bisogno
soltanto di tener d’occhio per un’ ora o per un mezzora
al giorno, quel che succede intorno a lui sul piano politico
e di cercare di rendersene conto: cioè di non viaggiare
come un baule nel bagagliaio della storia.”
(Guido Calogero, 15 dicembre 1945)
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Ho sempre pensato che dietro le migliaia di iniziative,
banchetti, aperture di botteghe del commercio equo e riunioni
interminabili per far funzionare le campagne ci sia un grande
bisogno di ricostruire uno spazio pubblico, un legame sociale,
di fare comunità. Fare comunità: esattamente il grande
bisogno che quel processo di distruzione della società che
corrisponde al nome di neoliberismo, ha lasciato inevaso.
Controllo sociale, recupero di sovranità decisionale,
ricostruzione di uno spazio pubblico, cioè politica:
questo mi sembra il filo rosso delle tante battaglie che
stanno alle nostre spalle.
Nel Seicento i nascenti stati moderni vengono definiti come
“coloro che non riconoscono superiori”. È noto il lungo
elenco degli attori sovranazionali fuori controllo che oggi
fanno saltare dalle fondamenta questo schema. Sarà
sufficiente citare la definizione che di uno di questi attori,
il WTO, diede alla sua nascita il Wall Street Journal: “un
palo piantato nel cuore degli stati nazionali”.
Non è solo dall’alto che avviene la caduta dello stato
nazionale. La presenza di milioni di migranti globali che
aprono uno scollamento tra nascita e Nazione, parole che
traggono origine da una comune radice. C’è infine
un’erosione della cittadinanza statale che avviene
dall’interno. Il cittadino viene trasformato in un individuo
molecolare consumatore, il popolo in moltitudine. Il processo
identitario del singolo viene sempre meno dato dalla sua
nazionalità e sempre più dal suo essere membro passivo di
una comunità di utenti e consumatori. Oggi nei punti alti
dello sviluppo la contrapposizione identitaria si sposta tra
essere utenti della “comunità di utenti” TIM o WIND, NIKE
o ADIDAS. È su queste macerie che la mia generazione ha
dovuto ricominciare a pensare qualcosa come la politica. Il
problema si traduce nella scelta di uno stile concreto: come
ricostruire un modo nuovo di politica, di “potere di
tutti”, per dirla con le parole di uno dei grandi
eretici della sinistra politica, Aldo Capitini, il fondatore
della nonviolenza in Italia. Un uomo
isolato, non di successo, come tragicamente solitaria
ma straordinariamente profetica la risposta di don Milani al
suo amico comunista: lotterò con te finché sei povero,
gli dice, ma quando avrai vinto e sarai tu dall’altra parte,
io ti tradirò.
Maurizio
Meloni, Rete di Lilliput |