Si
cammina lungamente, fianco a fianco, chiusi nel proprio
silenzio o scambiando parole che nulla convogliano… Ma ecco
l’ora del pericolo. Allora ci si spalleggia a vicenda. Ci s
i accorge di appartenere alla medesima comunità. Ci si amplia
nella scoperta di altre coscienze. Ci si guarda con un largo
sorriso. Si è simili a quel prigioniero, rimesso in libertà,
tutto stupito di fronte all’immensità del mare.
Tutte
le strade portano verso gli uomini.
Io
dico mio amico quell’essere che ho intravisto nell’uomo,
un essere che forse sonnecchia ancora nascosto nella sua
ganga, ma che di fronte a me comincia a rivelarsi poiché mi
ha riconosciuto e sorriso.
L’amico
è innanzitutto colui che non giudica. L’amico è colui che
apre la porta al viandante, alle sue stampelle, al suo bastone
deposto in un canto e non gli chiede di danzare per giudicare
la sua danza. E se il viandante parla della primavera ormai
sopraggiunta, l’amico è colui che riceve dentro di sé la
primavera. E se egli racconta l’orrore della carestia nel villaggio dal quale proviene, l’amico soffre con lui la
fame. Perché l’amico nell’uomo è la parte destinata a te
e che apre per te una porta che forse non aprirebbe mai per
nessun altro.
Io
sono responsabile di tutti gli altri, di tutti gli uomini.
Lavorando
unicamente per i beni materiali ci costruiamo, da soli, la
nostra prigione. Ci rinchiudiamo, solitari, con la nostra
moneta di cenere, che non procura nulla di ciò che vale la
pena di essere vissuto.
E
solo vivono coloro che non hanno trovato la pace nelle
provviste fatte.
Antoine
de Saint-Exupéry
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