La villa Pesenti
 
 
Un cabreo del 1845 descrive la proprietà
La Villa Pesenti nel 1845
 
Tra la fine del Settecento e la prima metà dell’Ottocento numerose proprietà terriere in Dalmine cambiarono padrone. Così ai Canonici Regolari Lateranensi di S. Spirito in Bergamo, proprietari di Dalmine dalla fine del ‘400, nel 1787 subentrarono i Camozzi. I beni stabili dei nobili Cassotti in Sforzatica furono acquistati dalla famiglia Dall’Ovo. Così come le proprietà dei Salvagni, sempre in Sforzatica, passarono ai Gualteroni. La stessa sorte toccò ad alcune pezze di terra con edifici posti nell’attuale quartiere Brembo.
Il documento porta sul frontespizio il titolo “Cabreo di alcuni Fondi con Case poste sulla Campagna di Sforzatica Di ragione dei Sig.ri Fratelli Pesenti di Bergamo”. Appartiene a un privato cittadino di Treviolo ed è stato fotografato dall’Arch. Agostino Negri che ci ha permesso la consultazione e la riproduzione di alcune foto.
“Campagne di Sforzatica” era il nome con cui si identificava il territorio posto a ovest dell’abitato di Sforzatica e che andava fino al fiume. Oggi si identifica con il quartiere Brembo.
Il cascinale di cui si parla nel cabreo è identificabile con la villa Pesenti, mentre terreni e boschi sono posti nei suoi dintorni.
Fino al 1845 gli immobili erano del Sig. Giuseppe Lazzarini di Osio Sotto. La perizia per la vendita venne effettuata dall’agrimensore (così si chiamavano i geometri allora) Giuseppe Fagiani di Ponte San Pietro. A causa della sua improvvisa morte, la pratica venne portata a conclusione dall’ing. Santo Martoni Fracassetti di Bergamo. I  Pesenti erano negozianti in Bergamo. Al settore commerciale appartenevano le famiglie emergenti della borghesia cittadina, tra cui anche i Camozzi e i Dall’Ovo.
I beni acquistati consistevano in sei pezzi di terra per un totale di 151 pertiche bergamasche, 5 tavole e 6 piedi.
Il primo (n° 1 nella mappa) pezzo di terra (22 pertiche) si trovava dopo la casa del Fulvio Parimbelli, denominato Campo del Roccolo. Confinava a est con una proprietà di Andrea Camozzi, padre del patriota risorgimentale Gabriele, a sud c’era un fosso ancora esistente attualmente. Era un terreno “aratorio, vitato, moronato”, cioè destinato alla coltivazione di cereali, con filari di viti e piante di gelso utili per l’allevamento dei bachi da seta.
Il secondo (n. 2) pezza di terra ”coltivo”, aveva una consistenza di 54 pertiche ed era collocato a nord del campo sportivo comunale. Era denominato “il Pradone”. Confinava a sud con una “ripa boscata” di proprietà di Ermenegildo Dall’Ovo.
Un terzo (n° 3) pezzo di terra, anch’esso “coltivo”, era detto anche “il Pascolo”. Misurava 30 pertiche.
Un quarto appezzamento (n° 4), detto “la Puccia”, solo da poco tempo era stato convertito alla coltivazione e, probabilmente, come il precedente, era destinato a pascolo. Il nome gli derivava dalle piccole dimensioni, solo 9 pertiche: in dialetto il termine indica infatti una cosa piccola.
Il quinto (n° 5) terreno era quello comprensivo della cascina colonica. Era chiamato “il Livello Antico” e scendendo verso il fiume c’era il “bosco ceduo forte” e un terreno “aratorio, vitato e moronato”. Misurava 21 pertiche.
A sud della casa non esisteva ancora la chiesetta della “Virginis perdolentis”, cioè della Madonna Addolorata e di S. Rocco. Parte dell’attuale terreno occupato dalla chiesa era di proprietà di Marco Milesi, ed era denominato “cortiletto”. I fratelli Pesenti misero a disposizione parte del cortile della casa e con il Milesi procedettero alla costruzione della chiesa, probabilmente entro il 1848, come risulterebbe dalla lapide posta ai piedi dell’altare. La casa colonica venne convertita a casa per villeggiatura e inoltre venne abbattuto un piccolo edificio posto a ridosso del fosso verso la nuova chiesetta.
L’ultimo (n° 6) pezzo di terreno, era formato da un “bosco ceduo forte”, della misura di 13 pertiche. Confinava con una strada campestre e con proprietà del Camozzi a ponente e con terreno e vosco dei fratelli Balini di Sforzatica a mezzodì, cioè a sud. A tramontana, cioè a nord, confinava con una proprietà dei fratelli Latini.
I terreni erano serviti dall’”adacquatrice Serio”, cioè dal fosso proveniente da Treviolo ed Albegno e che prendeva la sua acqua appunto dal fiume Serio.
 
Claudio Pesenti
 
 
Rielaborazione di articolo apparso su

La Voce di Brembo, dicembre 2007