Al telefono |
Stefano Deliperi denunciante della delegazione sarda degli Amici della Terra,
e del Gruppo di intervento giuridico |
Denuncia i tre impianti
di acquacoltura intensiva di Bosa, Dorgali e Santa Teresa
di Gallura, imposti ai comuni dalla
Regione senza neanche aver avvertito i comuni
stessi, che si trovano così di
fronte al fatto compiuto dovendo poi sopportare le pesanti ricadute ecologiche degli impianti
stessi. Denuncia anche gli errori e le omissioni dei pareri espressi dalle competenti Capitanerie di
porto, che hanno rilasciato pareri
favorevoli agli impianti. Per
Bosa denuncia la presenza nel sito di un vincolo paesaggistico, di
un vincolo di conservazione
integrale, mentre la costa prospiciente è un sito di interesse
comunitario e farà parte di una
costituenda riserva naturale regionale di Capo Marrargiu. Ricorda che esiste un divieto
temporaneo di modificazioni territoriali fino a nuovo piano territoriale paesistico. Piano paesistico
regionale recentemente bocciato. I progetti in
questione risalirebbero addirittura al 1984, ma è più probabile si
tratti di questioni affrontate per la prima volta nel 1995 e
definitivamente decise nel 1997 dall'allora assessore all'ambiente
Pasquale Onida, ora assessore ai Beni culturali. |
Alfonso Pecoraro
Scanio ministro per le
Politiche Agricoli e Forestali |
Il ministro delle
Politiche Agricole e Forestali |
Silvano Cadoni sindaco di Bosa (Nu) |
L'impianto previsto dalla
Regione
Sardegna dovrebbe sorgere
anche a Bosa in località Managu-Capo Marrargiu. Sarà di circa 20
ettari e composto da gabbie poste ad una non precisata profondità e
distanza dalla costa. Lo realizzerà una cooperativa di Alghero e
produrrà sette posti di lavoro. Alleverà spigole e orate. Il sindaco
contesta: l'impianto insisterà su un litorale frequentatissimo,
5/6000 persone; si basa su un progetto ancora vago e su un parere
della Capitaneria pieno di inesattezze. Resta da chiarire infatti a
quale profondità saranno collocate le gabbie (se 20 o 40 metri) e a
quale distanza (se 4 miglia o 2).
Cadoni inoltre teme
l'inquinamento dei mangimi e degli stessi pesci, che il forte
maestrale, il vento dominante, potrebbe trasportare a riva. Infine
Cadoni fa notare che per le concessioni demaniali in terra ferma le
Capitanerie di solito informano i Comuni, mentre in questo caso, non
si sa perché, non lo hanno fatto. |
Caterina Loi sindaco di Dorgali |
A Dorgali dovrebbe
sorgere un impianto di acquacoltura per spigole e orate a 400
metri dalla costa, in località Cala
Cartoe, gestito da una società di Nuoro, la Maricultura Sardegna.
Produrrà 6 posti di lavoro e come gli altri due rientra nei
finanziamenti della legge 28 sull'occupazione giovanile. Il sindaco
contesta di aver saputo dell'impianto dai giornali; la mancanza di
una VIA, la valutazione di impatto ambientale, ricordando che è
stato realizzato solo uno studio di impatto ambientale da parte
dell'Università di Sassari che ha preso in esame una zona molto astratta,
senza spiagge e senza praterie di posidonie, cioè le distese di
alghe che rappresentano una tipicità ambientale sarda.
Allo stesso modo il Comitato
per la pesca della Regione Sardegna ha studiato l'inquinamento valutando l'impatto
solo su fondi sabbiosi e senza vita e non su posidonie e trascurando
del tutto l'esistenza di spiagge frequentatissime dai turisti.
Denuncia che il parere favorevole rilasciato dalla Capitaneria di
Porto era per una zona diversa da quella poi effettivamente scelta.
Nel sito ricadrà il previsto parco marino del Golfo di Orosei e deve
valere anche la direttiva UE sul rispetto degli habitat naturali e
seminaturali. Ricorda i rischi di inquinamento già verificati
nell'impianto di Golfo Aranci e il caso dei mangimi olandesi alla
diossina sequestrati qualche settimana fa in Sardegna. |
Nino Nicoli
sindaco di Santa Teresa di
Gallura |
Denuncia di essere stato
del tutto ignorato dalla Regione e di avere appreso degli
impianti di acquacoltura a cose
fatte. Ricorda che l'impianto di Santa Teresa di Gallura dovrebbe
sorgere a ridosso di una spiaggia famosissima, la Sciumara a Porto
Liscia (porto pozzo), molto frequentata. Anche in questo caso ci troviamo di fronte a
pareri della Capitaneria di Porto de La Maddalena molto discutibili.
Espressi ignorando la natura di ricovero per natanti, già nota a
tutte le carte nautiche e la funzione precipuamente turistica del
sito scelto per la localizzazione dell'impianto. Fa notare come i
comuni siano stati estromessi da decisioni regionali ma che dovranno
pagare di tasca propria i costi ambientali degli impianti, nonchè le
negative ricadute turistiche. L'impianto dovrebbe sorgere in una
zona che farà parte del parco internazionale delle Bocche di
Bonifacio. L'impianto sarà gestito dalla soc. Arcipelago Itticoltura
s.r.l., sarà di circa 10 ettari con 60 vasche collegate a terra
attraverso bracci di cemento e un area calpestabile di 360 mq.
circa. Produrrà 4/5000 quintali di spigole ed orate all'anno.
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Prof. Eugenio Fresi
docente di Ecologia, del
dipartimento di Biologia
dell'Università di Roma II, Tor Vergata |
Fresi ricorda come il discorso dell'acquacoltura
sia partito in Sardegna negli anni 70, prevedendo principalmente
impianti a coltivazione intensiva e a terra. Dopo l'esperienza di
Santa Gilla però, per l'affermarsi di una più avvertita coscienza
ambientalista, questa tecnica non ha avuto altre applicazioni. Si è
perciò aperto il discorso delle gabbie galleggianti, che è il caso
dei tre comuni presi in esame. Questa tecnica ha il vantaggio di non
richiedere energia per muovere l'acqua, cosa che procura risparmi
fino al 30%. Ma le gabbie sono soggette alle mareggiate e risultano
parecchio inquinanti per via dell'impossibilità di governare la
dispersione del metabolismo dei pesci, per le perdite del mangime
non consumato e per i farmaci e gli antivegetativi impiegati. Fresi
ricorda gli inquinamenti verificatisi nei fiordi norvegesi, nei
lochs scozzesi e a Djerba in Tunisia. Ma anche quello di Golfo
Aranci in Sardegna. Situato in una prateria di Posidonia e in
prossimità di un biotopo da proteggere ai sensi della legge
regionale 31/1989 come Capo Figari. Questo impianto ha devastato la
prateria sottomarina. Fresi ricorda la pochezza dell'istruttoria
tecnica su cui si è basata la decisione. In definitiva secondo Fresi
le gabbie galleggianti non sono armonizzabili ad un contesto che
prevede la balneazione, attività ricreative e quel determinato
ecosistema. Il rischio inquinamento è paventato anche dallo
studioso Giorgio Gelsi, ricercatore dell'Istituto nazionale di
oceanografia e geofisica sperimentale. Gelsi si chiede che studi
siano stati fatti sulle correnti da parte di chi ha giudicato gli
impianti compatibili con quegli ecosistemi marini. La Baia di Liscia
dice Gelsi, e` uno degli approdi piu` sicuri della Sardegna
settentrionale, ridossato anche da venti da Nord e con fondali
fangosi. Si tratta cioe` di una sito particolarmente chiuso, con un
insufficiente ricambio di acqua all'interno e un insufficiente
scambio con l'esterno. Senza questo, i residui di cibo e gli
escrementi resteranno sul fondo con un conseguente imputridimento
della zona. |
Pasquale Onida assessore ai Beni culturali ed ex assessore all'ambiente
della Regione Sardegna |
Come assessore all'ambiente è l'iniziatore dell'operazione
dei 5 impianti di acquacoltura di Bosa, Dorgali, Santa Teresa di
Gallura, Alghero e Orosei. Onida è la prova vivente della
trasversalità politica della vicenda acquacoltura perchè li ha
approvati come assessore del centrosinistra e li difende come
assessore di una giunta di centrodestra. Questi impianti di fatto
non sono difesi da nessuno ne` dal centrosinistra ne` dal
centrodestra e sono invece osteggiati anche da esponenti di Forza
Italia del Gallurese, forza politica che a Cagliari è in giunta. La
prima approvazione del Comitato pesca della Regione risale al 1995 mentre le
licenze sono state concesse nel 1997. Sostiene che gli impianti sono
necessari perchè in Sardegna manca il 60% del fabbisogno di pesce,
che l'isola è costretta ad importare. Ricorda che gli impianti non
sono dannosi e non inquinano perchè sono stati collocati in siti
dove le correnti disperdono le sostanze inquinanti. Lo certificano
studi delle Università di Cagliari e di Sassari. |
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La
vicenda dell'acquacoltura |
I tre impianti di
acquacoltura della discordia dovranno sorgere a Bosa, Dorgali e
Santa Teresa di Gallura e godranno di contributi regionali pari a 8
miliardi. I soldi saranno
stanziati grazie alla legge 28, quella sulla occupazione giovanile.
Il motivo ufficiale per cui si installeranno questi impianti è il
fabbisogno alimentare di pesce. In Sardegna sono costretti ad
importare il 60% del pesce che si mangia. Il Comitato della pesca
della Regione ha esaminato e licenziato le pratiche nel 1995
e la giunta di centrosinistra guidata da Palombi ha rilasciato le
concessioni nel 1997. Studiosi dell'Università di Sassari e Cagliari hanno
garantito attraverso le proprie consulenze che i siti scelti godono
di particolari correnti marine in grado di disperdere le sostanze
inquinanti e gli escrementi prodotti dai pesci. Ma è proprio quello
che contestano i sindaci dei tre paesi, ricordando che i siti scelti
sono tutti di particolare rilievo turistico e sono protetti da varie
disposizioni legislative italiane, regionali ed europee.
Aggiungono inoltre che non sono
stati neanche avvertiti della decisione presa dalla Regione
e che le Capitanerie di Porto, che fanno parte del Comitato
regionale per la pesca, hanno rilasciato pareri favorevoli
commettendo una serie di clamorose sviste. Tra le più clamorose
quella di non considerare il sito di Punta Liscia a Santa Teresa di
Gallura come un sito di ricovero per le barche che passano nelle
bocche di Bonifacio, quando persino le carte nautiche lo indicano
come tale. Altro errore è stato
commesso a Dorgali dove la Capitaneria ha rilasciato parere
favorevole per un sito diverso da quello in cui sarà collocato
l'impianto. Le acquacolture sono peraltro sprovviste della
Valutazione di Impatto ambientale (VIA). A proposito delle Capitanerie di porto
assistiamo al consueto fenomeno dello scaricabarile. Il comandante
Gallinaro del Comando generale delle Capitanerie di Porto del
Ministero dei
Trasporti ha dichiarato che
le Capitanerie sono del tutto estranee alla vicenda. Lo conferma il
comandante della capitaneria della Maddalena, che ricorda come le
competenze sul demanio sono state regionalizzate, ma sia i sindaci
che l'assessore regionale Onida smentiscono tutto ricordando il
ruolo decisivo delle Capitanerie. I sindaci dei tre comuni stanno
redigendo un ricorso al Tar contro i tre impianti, mentre un esposto
alla magistratura è stato inoltrato dal Gruppo di intervento
giuridico e dagli Amici della Terra. |
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