martedì 22 agosto 2000

L'acquacoltura della discordia
APPROFONDIMENTI:
La vicenda dell'acquacoltura
Al telefono
Stefano Deliperi denunciante della delegazione sarda degli Amici della Terra, e del Gruppo di intervento giuridico

Denuncia i tre impianti di acquacoltura intensiva di Bosa, Dorgali e Santa Teresa di Gallura, imposti ai comuni dalla Regione senza neanche aver avvertito i comuni stessi, che si trovano così di fronte al fatto compiuto dovendo poi sopportare le pesanti ricadute ecologiche degli impianti stessi. Denuncia anche gli errori e le omissioni dei pareri espressi dalle competenti Capitanerie di porto, che hanno rilasciato pareri favorevoli agli impianti.
Per Bosa denuncia la presenza nel sito di un vincolo paesaggistico, di un vincolo di conservazione integrale, mentre la costa prospiciente è un sito di interesse comunitario e farà parte di una costituenda riserva naturale regionale di Capo Marrargiu. Ricorda che esiste un divieto temporaneo di modificazioni territoriali fino a nuovo piano territoriale paesistico. Piano paesistico regionale recentemente bocciato.
I progetti in questione risalirebbero addirittura al 1984, ma è più probabile si tratti di questioni affrontate per la prima volta nel 1995 e definitivamente decise nel 1997 dall'allora assessore all'ambiente Pasquale Onida, ora assessore ai Beni culturali.

Alfonso Pecoraro Scanio ministro per le Politiche Agricoli e Forestali

Il ministro delle Politiche Agricole e Forestali

Silvano Cadoni sindaco di Bosa (Nu)

L'impianto previsto dalla Regione Sardegna dovrebbe sorgere anche a Bosa in località Managu-Capo Marrargiu. Sarà di circa 20 ettari e composto da gabbie poste ad una non precisata profondità e distanza dalla costa. Lo realizzerà una cooperativa di Alghero e produrrà sette posti di lavoro. Alleverà spigole e orate. Il sindaco contesta: l'impianto insisterà su un litorale frequentatissimo, 5/6000 persone; si basa su un progetto ancora vago e su un parere della Capitaneria pieno di inesattezze. Resta da chiarire infatti a quale profondità saranno collocate le gabbie (se 20 o 40 metri) e a quale distanza (se 4 miglia o 2).

Cadoni inoltre teme l'inquinamento dei mangimi e degli stessi pesci, che il forte maestrale, il vento dominante, potrebbe trasportare a riva. Infine Cadoni fa notare che per le concessioni demaniali in terra ferma le Capitanerie di solito informano i Comuni, mentre in questo caso, non si sa perché, non lo hanno fatto.

Caterina Loi sindaco di Dorgali

A Dorgali dovrebbe sorgere un impianto di acquacoltura per spigole e orate a 400 metri dalla costa, in località Cala Cartoe, gestito da una società di Nuoro, la Maricultura Sardegna. Produrrà 6 posti di lavoro e come gli altri due rientra nei finanziamenti della legge 28 sull'occupazione giovanile. Il sindaco contesta di aver saputo dell'impianto dai giornali; la mancanza di una VIA, la valutazione di impatto ambientale, ricordando che è stato realizzato solo uno studio di impatto ambientale da parte dell'Università di Sassari che ha preso in esame una zona molto astratta, senza spiagge e senza praterie di posidonie, cioè le distese di alghe che rappresentano una tipicità ambientale sarda.
Allo stesso modo il Comitato per la pesca della Regione Sardegna ha studiato l'inquinamento valutando l'impatto solo su fondi sabbiosi e senza vita e non su posidonie e trascurando del tutto l'esistenza di spiagge frequentatissime dai turisti. Denuncia che il parere favorevole rilasciato dalla Capitaneria di Porto era per una zona diversa da quella poi effettivamente scelta. Nel sito ricadrà il previsto parco marino del Golfo di Orosei e deve valere anche la direttiva UE sul rispetto degli habitat naturali e seminaturali. Ricorda i rischi di inquinamento già verificati nell'impianto di Golfo Aranci e il caso dei mangimi olandesi alla diossina sequestrati qualche settimana fa in Sardegna.

Nino Nicoli sindaco di Santa Teresa di Gallura

Denuncia di essere stato del tutto ignorato dalla Regione e di avere appreso degli impianti di acquacoltura a cose fatte. Ricorda che l'impianto di Santa Teresa di Gallura dovrebbe sorgere a ridosso di una spiaggia famosissima, la Sciumara a Porto Liscia (porto pozzo), molto frequentata.
Anche in questo caso ci troviamo di fronte a pareri della Capitaneria di Porto de La Maddalena molto discutibili. Espressi ignorando la natura di ricovero per natanti, già nota a tutte le carte nautiche e la funzione precipuamente turistica del sito scelto per la localizzazione dell'impianto. Fa notare come i comuni siano stati estromessi da decisioni regionali ma che dovranno pagare di tasca propria i costi ambientali degli impianti, nonchè le negative ricadute turistiche. L'impianto dovrebbe sorgere in una zona che farà parte del parco internazionale delle Bocche di Bonifacio. L'impianto sarà gestito dalla soc. Arcipelago Itticoltura s.r.l., sarà di circa 10 ettari con 60 vasche collegate a terra attraverso bracci di cemento e un area calpestabile di 360 mq. circa. Produrrà 4/5000 quintali di spigole ed orate all'anno.

Prof. Eugenio Fresi docente di Ecologia, del dipartimento di Biologia dell'Università di Roma II, Tor Vergata

Fresi ricorda come il discorso dell'acquacoltura sia partito in Sardegna negli anni 70, prevedendo principalmente impianti a coltivazione intensiva e a terra. Dopo l'esperienza di Santa Gilla però, per l'affermarsi di una più avvertita coscienza ambientalista, questa tecnica non ha avuto altre applicazioni. Si è perciò aperto il discorso delle gabbie galleggianti, che è il caso dei tre comuni presi in esame. Questa tecnica ha il vantaggio di non richiedere energia per muovere l'acqua, cosa che procura risparmi fino al 30%. Ma le gabbie sono soggette alle mareggiate e risultano parecchio inquinanti per via dell'impossibilità di governare la dispersione del metabolismo dei pesci, per le perdite del mangime non consumato e per i farmaci e gli antivegetativi impiegati. Fresi ricorda gli inquinamenti verificatisi nei fiordi norvegesi, nei lochs scozzesi e a Djerba in Tunisia. Ma anche quello di Golfo Aranci in Sardegna. Situato in una prateria di Posidonia e in prossimità di un biotopo da proteggere ai sensi della legge regionale 31/1989 come Capo Figari. Questo impianto ha devastato la prateria sottomarina. Fresi ricorda la pochezza dell'istruttoria tecnica su cui si è basata la decisione. In definitiva secondo Fresi le gabbie galleggianti non sono armonizzabili ad un contesto che prevede la balneazione, attività ricreative e quel determinato ecosistema.
Il rischio inquinamento è paventato anche dallo studioso Giorgio Gelsi, ricercatore dell'Istituto nazionale di oceanografia e geofisica sperimentale. Gelsi si chiede che studi siano stati fatti sulle correnti da parte di chi ha giudicato gli impianti compatibili con quegli ecosistemi marini. La Baia di Liscia dice Gelsi, e` uno degli approdi piu` sicuri della Sardegna settentrionale, ridossato anche da venti da Nord e con fondali fangosi. Si tratta cioe` di una sito particolarmente chiuso, con un insufficiente ricambio di acqua all'interno e un insufficiente scambio con l'esterno. Senza questo, i residui di cibo e gli escrementi resteranno sul fondo con un conseguente imputridimento della zona.

Pasquale Onida assessore ai Beni culturali ed ex assessore all'ambiente della Regione Sardegna

Come assessore all'ambiente è l'iniziatore dell'operazione dei 5 impianti di acquacoltura di Bosa, Dorgali, Santa Teresa di Gallura, Alghero e Orosei. Onida è la prova vivente della trasversalità politica della vicenda acquacoltura perchè li ha approvati come assessore del centrosinistra e li difende come assessore di una giunta di centrodestra. Questi impianti di fatto non sono difesi da nessuno ne` dal centrosinistra ne` dal centrodestra e sono invece osteggiati anche da esponenti di Forza Italia del Gallurese, forza politica che a Cagliari è in giunta. La prima approvazione del Comitato pesca della Regione risale al 1995 mentre le licenze sono state concesse nel 1997. Sostiene che gli impianti sono necessari perchè in Sardegna manca il 60% del fabbisogno di pesce, che l'isola è costretta ad importare. Ricorda che gli impianti non sono dannosi e non inquinano perchè sono stati collocati in siti dove le correnti disperdono le sostanze inquinanti. Lo certificano studi delle Università di Cagliari e di Sassari.

La vicenda dell'acquacoltura

I tre impianti di acquacoltura della discordia dovranno sorgere a Bosa, Dorgali e Santa Teresa di Gallura e godranno di contributi regionali pari a 8 miliardi.
I soldi saranno stanziati grazie alla legge 28, quella sulla occupazione giovanile. Il motivo ufficiale per cui si installeranno questi impianti è il fabbisogno alimentare di pesce. In Sardegna sono costretti ad importare il 60% del pesce che si mangia. Il Comitato della pesca della Regione ha esaminato e licenziato le pratiche nel 1995 e la giunta di centrosinistra guidata da Palombi ha rilasciato le concessioni nel 1997. Studiosi dell'Università di Sassari e Cagliari hanno garantito attraverso le proprie consulenze che i siti scelti godono di particolari correnti marine in grado di disperdere le sostanze inquinanti e gli escrementi prodotti dai pesci. Ma è proprio quello che contestano i sindaci dei tre paesi, ricordando che i siti scelti sono tutti di particolare rilievo turistico e sono protetti da varie disposizioni legislative italiane, regionali ed europee.
Aggiungono inoltre che non sono stati neanche avvertiti della decisione presa dalla Regione e che le Capitanerie di Porto, che fanno parte del Comitato regionale per la pesca, hanno rilasciato pareri favorevoli commettendo una serie di clamorose sviste. Tra le più clamorose quella di non considerare il sito di Punta Liscia a Santa Teresa di Gallura come un sito di ricovero per le barche che passano nelle bocche di Bonifacio, quando persino le carte nautiche lo indicano come tale.
Altro errore è stato commesso a Dorgali dove la Capitaneria ha rilasciato parere favorevole per un sito diverso da quello in cui sarà collocato l'impianto. Le acquacolture sono peraltro sprovviste della Valutazione di Impatto ambientale (VIA).
A proposito delle Capitanerie di porto assistiamo al consueto fenomeno dello scaricabarile. Il comandante Gallinaro del Comando generale delle Capitanerie di Porto del Ministero dei Trasporti ha dichiarato che le Capitanerie sono del tutto estranee alla vicenda. Lo conferma il comandante della capitaneria della Maddalena, che ricorda come le competenze sul demanio sono state regionalizzate, ma sia i sindaci che l'assessore regionale Onida smentiscono tutto ricordando il ruolo decisivo delle Capitanerie. I sindaci dei tre comuni stanno redigendo un ricorso al Tar contro i tre impianti, mentre un esposto alla magistratura è stato inoltrato dal Gruppo di intervento giuridico e dagli Amici della Terra.