Tutto è cominciato da un articolo sul MIG 3 di Richard J. Caruana apparso su "Scale Aviation Modeler International" (7/1998):
fino ad allora ben poco sapevo di questo bel caccia da alta quota
sovietico, e fui subito preso dalla sua storia, dai disegni in
scala e dai bei profili a colori.
Poi ho letto una recensione del kit dell'ICM pubblicata su
Replic, e, quando ho visto la riproduzione dell'illustrazione
della scatola, che rende piena giustizia alle eleganti linee
dell'aereo, è stato subito amore!
Un paio di e-mail ad Hannants e dopo un
mese avevo il kit; e vi assicuro che per la modica cifra di
32.000 lire ho avuto, all'apertura della scatola, una bella
sorpresa: stampate nitide, senza bave, plastica tenera e
facilmente lavorabile, incisioni fini e precise, un livello di
dettaglio molto spinto (bellissimo il motore), istruzioni chiare
ed un buon foglio decal, che consente di realizzare fino a 10
diverse versioni. Il kit riproduce la versione tardiva del
caccia, caratterizzata dal muso allungato di 15 cm. rispetto alla
precedente per consentire lo spostamento in avanti del motore,
probabilmente nel tentativo di migliorare il baricentro
dell'aereo e quindi la stabilità in volo alle quote
medio-basse, problema che aveva sempre afflitto la prima
versione. Questa seconda versione modificata è
immediatamente riconoscibile dalle carenature integrali delle
armi da 7,62 sul cofano motore e dalla carenatura del primo
blocco anteriore degli scarichi.
Punti negativi: qualche difetto di stampaggio con piccole
cavità dovute ai ritiri del materiale che richiedono
paziente stuccatura, brutte le superfici mobili ricoperte in
tela, un enorme numero di pezzi da assemblare, ma niente di
troppo serio, e, considerando il prezzo, poco da invidiare a
più famose e costose marche del sol levante!
Beh, non restava che mettersi all'opera, iniziando come sempre
a consultare la documentazione disponibile (il già citato
n° di SAMI, "Ali
sulla steppa" di Nicola Malizia, "Soviet Aces of
WW2" della Osprey, " The aircraft and
markings of the Soviet Air Forces of the Great Patriotic
War, 1941 - 45" di Eric Pilawskii)
e, ovviamente, da un'occhiata al foglio di istruzioni per
pianificare le fasi di assemblaggio.
L'inizio è obbligato: è necessario partire
assemblando il motore con i relativi telai di supporto e
scarichi, anche se si vuole rappresentare (come ho fatto) un
esemplare con le cofanature chiuse, dato che al castello motore
sono vincolati l'abitacolo, le due semifusoliere, la pianta
alare. E' da subito chiaro che i tecnici dell'ICM hanno cercato
di riprodurre una replica costruttivamente il più
possibile fedele all'originale, a costo di scomporre il kit in un
gran numero di pezzi, rispettando le originali linee di
separazione delle varie parti di cui era costituito l'aereo, a
tutto vantaggio del realismo.
Anche esaminando i dettagli dell'abitacolo e dei carrelli,
confrontandoli con la poca documentazione che avevo, mi sono reso
conto che la riproduzione dei particolari considerati è
assolutamente fedele, tanto che ho finito col fidarmi (quasi)
ciecamente delle soluzioni proposte dal kit.
Nessuna difficoltà nella realizzazione dell'abitacolo,
dettagliato con l'aggiunta di pochi piccoli particolari
autocostruiti (cavi elettrici, cinture, ecc.), poi dipinto in un
grigio medio, con successivo lavaggio e dry-brushing. Sono utili le indicazioni per i
colori fornite dalla scatola, in quanto molto rimane ancora da
accertare sugli smalti e sulle vernici usate dall'industria
sovietica nella "Grande Guerra Patriottica": l'argomento - specie
per quanto riguarda i primer per le superfici non esposte - si
presta ancor oggi a molte interpretazioni.
Una volta chiusa la fusoliera, composta da ben 11 pezzi (senza
considerare i piani di coda, abitacolo e trasparenti), si passa
alle ali, sicuramente il punto più complesso del kit,
essendo scomposte in 14 parti, che vanno accuratamente provate "a
secco" fra loro prima di essere assemblate definitivamente.
Poiché il sommarsi dei giochi e i piccoli errori di
accoppiamento possono diventare importanti, specie nelle
superfici di raccordo ala-fusoliera, tanto da rendere
problematico l'incollaggio con trielina o adesivo liquido per
polistirolo, ho preferito incollare le parti adiacenti alla
fusoliera con cianoacrilato, perché, consentendo un
fissaggio istantaneo, esso permette piccole deformazioni e
forzature dei vari pezzi, immobilizzandoli immediatamente nella
giusta posizione.
Una volta fatto ciò, occorre carteggiare con cura tutte le
linee di giunzione, reincidendo i particolari in negativo che
vanno inevitabilmente persi in questa operazione. Bisogna inoltre
assottigliare i bordi di uscita alari e ridurre lo spessore delle
strisce metalliche che congiungevano le semiali esterne in legno
con la parte centrale metallica della pianta alare, e soprattutto
correggere pesantemente tutte le superfici mobili, di spessore
eccessivo e veramente poco realistiche. Esse sono state ridotte
ad un più opportuno spessore mediante carteggiatura, per
essere poi intagliate con una lama x-acto e reincise dove
necessario.
Nessuna particolare difficoltà nel montaggio dei piani di
coda e del radiatore ventrale, e, quanto ai carrelli, le parti
riprodotte (gambe di forza, ruote e attuatori) sembrano
rispecchiare abbastanza fedelmente i disegni pubblicati
sull'ormai famoso numero di SAMI : ho
aggiunto solamente le leve per la chiusura delle coperture,
chiaramente rappresentate sul disegno, ma non ho potuto né
voluto aggiungere altri dettagli (se c'erano) all'interno dei
vani, per mancanza di documentazione al riguardo.
Ciò fatto, dopo aver proceduto ad una passata su tutte le
superfici con carta abrasiva molto fine (1000 o 1200) per
eliminare l'aspetto un po' troppo rugoso della plastica, si
può procedere alla colorazione.
Tutti gli esperti in materia concordano nell'affermare che le
lacche utilizzate dall'industria sovietica erano prodotte allo
stabilimento Zavod 30 di Mosca, quindi con poche o nessuna
variazione fra i vari lotti. E' però praticamente
impossibile oggi stabilire le esatte tonalità, in quanto
esse degradavano molto facilmente, passando in breve tempo
dall'originale finitura lucida ad una satinata, per poi divenire
totalmente opache. Per quanto riguarda i MIG 3, avevano le
superfici inferiori in Azzurro "goluboi" Aerolak AII e quelle
superiori a bande in Verde Chiaro AII e Verde Scuro AII, con
quest'ultimo colore a volte sostituito dal nero: le bande non
avevano uno schema fisso, ma erano applicate a seconda dell'estro
del momento.
Le corrispondenze per le tinte menzionate sembrano essere le
seguenti (ma il condizionale è molto d'obbligo):
AII Verde: FS 34258 o 34151
AII Verde Scuro: FS 34062 o 34066 o 34058
AII Azzurro "goluboi": FS 35466 o 35550
Le tre tinte sono state ottenute con miscele di vernici acriliche
lucide Tamiya nelle seguenti proporzioni:
- Azzurro: 0,2 Nero X1 + 5 Bianco X2 + 0,3 Blu X4 + 0,2 Verde
X5
- Verde Chiaro: 0,6 Nero X1 + 2 Bianco X2 + 0,5 Blu X4 + 0,7
Rosso X7 + 3,25 Giallo X8
- Verde Scuro: 1 Nero X1 + 2 Bianco X2 + 2 Blu X4 + 2,5 Rosso X7
+ 5 Giallo X8
L'esemplare che ho scelto, del 7° Reggimento
dell'Aviazione da Caccia della Flotta del Mar Nero, è
ritratto assieme ad altri aerei dello stesso reparto in una
sequenza fotografica del 1944, e porta chiaramente una livrea a
bande Verde/Verde scuro, anche se non è possibile
apprezzarne lo schema per intero. Nemmeno l'illustrazione del
foglio istruzioni fornisce uno schema completo per l'applicazione
delle bande; è invece decisamente chiara nell'indicare i
colori da utilizzare, specificando anche che l'ogiva era in
metallo naturale. Non avendo altra scelta, e poiché le
foto consultate non mostravano palesi contrasti con quanto
riportato sulle istruzioni, ho preferito seguire queste ultime,
lavorando un po' di fantasia solo per quanto riguarda lo schema
delle bande mimetiche.
Dopo aver passato una mano di azzurro sulle superfici inferiori,
ho dato un fondo di metallo naturale in corrispondenza delle aree
delle superfici superiori dove sono visibili scrostature di
colore, e le ho ricoperte in parte con piccole chiazze di colore
a tempera, che una volta terminata la colorazione e lavato con
acqua, scomparirà, facendo apparire il metallo naturale
con un effetto di buon realismo.
Ho poi proceduto alla colorazione nei due toni di verde (prima
quello chiaro, passato uniformemente e poi quello scuro a bande);
l'invecchiamento di tutte le superfici è simulato sfumando
con varia intensità l'area interna alle pannellature con
le stesse tinte schiarite.
L'ogiva è in Polished Aluminium
della Humbrol, seguita da una mano di trasparente lucido
Tamiya.
L'applicazione delle decal comporta una certa attenzione,
avendo esse un film di supporto molto sottile che tende a
deformarsi rendendo difficoltoso il posizionamento e che impiega
un tempo interminabile (giorni!) a seccare ed aderire bene alle
superfici. Il trattamento con MicroSol è opportuno, anche
se non necessario. Una volta asciutte, il film trasparente resta
visibile, ma non in maniera drammatica.
Le linee di separazione dei vari pannelli sono evidenziate con
miscele di acrilici diluite in fiele di bue, ed il modello
è rifinito con una passata di Matt Cote
Humbrol.