Le Donne risorsa dell'Umanità
Le donne: la risorsa più importante
Lo scenario mondiale attuale può essere considerato, per molti versi, deprimente. Si pensi all'asprezza dei conflitti in corso, alla desolazione dei Paesi del Terzo Mondo, al progressivo degrado ambientale, al dilagare di una cultura della violenza: fenomeni di grande attualità e di dimensioni talmente rilevanti e di così vasta diffusione da generare preoccupazione sulle future sorti della società, fino a legittimare, nelle analisi più radicali e pessimiste, il problema della stessa sopravvivenza dell'umanità.
Eppure, ciò nonostante e senza minimizzare la gravità dei fenomeni elencati, crediamo sussistano fondati motivi per sperare in un miglioramento della situazione attuale: siamo convinti che tra le risorse attuali ve ne sia una con enormi potenzialità - umane e professionali - che, finora, non ha trovato le condizioni per potersi esprimere al meglio. Questa risorsa sono le donne: riconosciute dalla Chiesa come modello di sensibilità, di generosità e dignità di magistero, immortalate da grandi capolavori dell'arte e della letteratura classica e moderna, talvolta protagoniste a livello mondiale nel campo della cultura, della politica, della scienza, ma spesso confinate, specie in passato, in posizione subalterna rispetto agli uomini, le donne sono portatrici di valori la cui completa attuazione potrebbe portare alla realizzazione di un nuovo modello di sviluppo, improntato ad una maggiore integrazione sociale, ad un modus vivendi maggiormente orientato alle relazioni interpersonali e ad una piena armonizzazione tra sensibilità e creatività, concretezza e senso pratico.
Affermo questo riferendomi sia ai grandi processi di cambiamento a livello planetario, sia alla realtà particolare che ci capita di vivere: in Sardegna, nelle nostre città e nei nostri paesi, nel mondo della cultura e dell'Università.
La divisione sessuale del lavoro: una realtà in evoluzione
Le statistiche ci dicono che la popolazione mondiale attuale è prevalentemente femminile, ma alla proporzione numerica non corrisponde una società "al femminile". Al contrario, la predominanza della figura maschile, che ha caratterizzato le diverse culture fin dagli albori della civiltà, persiste in buona misura ancor oggi nell'ambito della vita civile, professionale, familiare.
La scarsa visibilità della figura femminile ha contraddistinto in modo marcato la storia passata delle donne: la divisione sessuale del lavoro ha comportato, in maniera diversa nei vari periodi storici, nelle diverse aree geografiche, nei diversi sistemi economico-produttivi e nei diversi contesti culturali, uno status sociale femminile legato ad attività marginali e poco considerate perché non direttamente connesse alla produzione di reddito (lavoro domestico, attività artigianali, commercio a livello locale e via dicendo). La diversità biologica tra i due generi e, in particolare, la capacità procreativa femminile, si è tradotta nell'attribuzione alla donna del ruolo esclusivo di moglie e madre: conseguentemente, mentre l'impegno professionale maschile è sempre stato oggetto di valutazione positiva, rappresentando la forma normale di autorealizzazione, le donne che hanno scelto di affiancare all'impegno familiare un'attività lavorativa sono state tradizionalmente oggetto di una valutazione sociale negativa, in virtù di un presunto disinteresse per la famiglia. Tanto che questa connotazione negativa - nelle società in cui ancora persiste - tende a stemperarsi quando l'attività lavorativa non è il frutto di una libera scelta, ma è dettata da precise esigenze economiche.
Come si è detto, oggi questa mentalità è stata in buona parte superata, ma permane ancora un'emarginazione delle donne da determinati settori o una limitazione dell'accesso ai gradi più alti delle carriere. I dati relativi alla situazione occupazionale dei paesi economicamente più sviluppati evidenziano che se da un lato l'occupazione femminile è in aumento rispetto al passato, d'altra parte, rispetto alla tipologia di impiego, non può dirsi ancora raggiunta una situazione di pari opportunità e di piena integrazione della donna nel mondo del lavoro. Cresce la percentuale di donne occupate, soprattutto tramite contratti di lavoro interinale o part-time, ma le posizioni di vertice (e di maggior potere) sono, generalmente, monopolizzate dagli uomini.
Questione femminile e pari opportunità
Voglio qui segnalare, con l'enfasi che merita, l'impostazione, profondamente differente da quelle oggi prevalenti, che si vuole dare nel considerare la "questione femminile" (così pure come la "questione giovanile"): le donne e i giovani devono essere considerati non un problema da risolvere, ma una formidabile risorsa da mettere in gioco. Posizionarsi in questa prospettiva favorisce, a mio avviso, percorsi innovativi e creativi, sviluppo di potenziali, esplorazione di nuovi spazi.
Nel nostro Paese, gli ultimi decenni sono stati contrassegnati da importanti conquiste nel campo delle pari opportunità: tra le tappe più significative di questo percorso, ricordiamo la riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha modificato la disciplina dei rapporti tra i coniugi nella logica della loro eguaglianza morale e giuridica (in conformità a quanto previsto dall'art. 29 della Costituzione), le norme del decreto legislativo n. 29/1993 in tema di parità e pari opportunità per l'accesso al lavoro, per il trattamento sul lavoro e per la partecipazione delle dipendenti delle P.A. ai corsi di formazione ed aggiornamento professionale, fino al recentissimo decreto legislativo in materia di part-time, passando attraverso tutte le iniziative della Commissione nazionale per la parità e le pari opportunità tra uomo e donna (istituita presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri), delle Commissioni regionali per le pari opportunità, dell'Osservatorio per l'imprenditoria femminile e degli altri organismi di parità operanti in ambito nazionale ed internazionale, a tutti i livelli fino a quelli dell'organizzazione aziendale.
Voglio ancora esprimere la convinzione che un radicale processo di miglioramento nel senso di "sviluppo totale" richiede una svolta, assicurata solo da energie nuove: le donne possono essere questa novità. Non si tratta, però, di caricare le donne di una responsabilità esclusiva in antitesi al potere maschile, quanto di riconoscere loro una mission specifica da svolgere in un'indispensabile ed arricchente integrazione con gli uomini. Per esemplificare: l'obiettivo non deve essere solo quello di riconoscere maggiori spazi al lavoro femminile, ma soprattutto quello di promuovere la crescita dell'occupazione globale, conciliando quest'esigenza con le politiche finalizzate al rispetto delle pari opportunità. Si tratta, allora, di modificare radicalmente il modello di sviluppo dominante, per garantire il diritto al lavoro a tutti.
In questo grande impegno di cambiamento è, dunque, essenziale il ruolo delle donne; anzi, per essere più precisi, le donne costituiscono oggi la sola grande forza che rende possibile tale prospettiva. E ciò non solo per le dimensioni richieste per cambiare equilibri consolidatisi nel tempo, quanto per la necessità di impostazioni significativamente differenti da quelle dominanti, maschili, segnate da difficoltà e, talvolta, da veri e propri fallimenti.
Verso un nuovo modello di sviluppo
Le differenze tra donne e uomini, il diverso tipo di sensibilità che li contraddistingue, il loro diverso modo di affrontare i problemi e di porsi dinanzi alla vita, sono elementi di distinzione che - giova ripeterlo - non devono essere annullati, ma valorizzati nell'ottica dell'introduzione di un nuovo modello di sviluppo che superi le disuguaglianze, ma rispetti le differenze.
Considerati i cambiamenti in atto nella società civile - connessi al processo di globalizzazione, all'affermarsi di una cultura della diversità e della solidarietà, al passaggio verso una società multietnica - ed il conseguente mutamento del modello di sviluppo tradizionale e dello status sociale femminile, e nella prospettiva dell'attuazione di un processo di integrazione a livello europeo, l'Università è chiamata a svolgere un ruolo di grande importanza: interpretando l'evoluzione etica, religiosa e le dinamiche economico-sociali delle popolazioni più legate ai modelli tradizionali, promuovendo un loro maggiore coinvolgimento e una più ampia integrazione socioculturale attraverso processi formativi mirati. Tutto ciò assumendo come modello di riferimento le società più "evolute", al fine di porre le basi per l'effettiva attuazione di una società multietnica ispirata ad una cultura dell'integrazione, il cui valore aggiunto è dato dalla copresenza di diversi punti di vista e di differenti stili cognitivi.
|