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Pizzoli


Appunti sul paese


Il comune di Pizzoli è costituito da una fitta serie di abitati sparsi, che continuano le antiche ville, un tempo distinte, ma ormai riunite in poche agglomerati. Il capoluogo comprende, fra gli altri, il rione di Villa Re, quello pastorale di Villa Mazza, nonché San Pietro, più defilata. Il secondo agglomerato per ordine di importanza è Marruci, con i rioni di San Lorenzo, Collemusino, Frattole, Colle, Santa Maria, Sant'Antonio e Vallicella. Dalla parte opposta del fiume Aterno, c'è l'isolata frazione di Cavallari, mentre, dallo stesso lato della valle, appartiene a Pizzoli una parte del recente insediamento di Cermone. Sono tutt i centri di dialetto aquilano.

La prima menzione del paese è solo del sec. XII, e nello stesso periodo già si parla di (...castrum Piczoli...), nato come centro di aggregazione della lunga sequela di ville sparse, le quali peraltro rimangono, come detto, tuttora. Il toponimo, attestato già nella forma attuale, si configura come un diminutivo del termine pizzo, nel senso di 'punta rocciosa'. Successivamente, la terra di Pizzoli partecipò alla fondazione della città dell’Aquila, entrando a far parte della nuova diocesi (con la soppressione di quella amiternina, le ville di Pizzoli erano passate alla diocesi reatina), e costruendo nel locale assegnatole in Città la chiesa di San Lorenzo, col medesimo titolo di quella esistente in Marruci.

Tale chiesa, che conservava le spoglie di Sant’Equizio, vissuto nel sec. VI, andò distrutta nel terremoto del 1703. Da allora, il corpo è custodito nella chiesa di Santa Margherita. Nella parte alta del paese, merita una visita il castello de Torres (sec. XVII), con l'attigua chiesa di Santo Stefano a Monte (sec. XIII-XIV).


Appunti sul territorio


Il settore di competenza di Pizzoli del massiccio d’Aielli va dal valico delle Capannelle alla Croce d'Aielli, a parte un breve tratto appartenente al comune di Barete. Verso valle, è delimitato dalla fascia pedemontana che unisce le diverse ville di Marruci e Pizzoli con Barete.

Dal valico, il crinale si alza con la cima della sèrra (1523 m), il còlle egli strascìni (1505 m), il còlle marchindóni (1483 m), il còlle pìcculu (1513 m), il còlle ella màcchja (1526 m), il più alto della catena, ed il còlle rànne (1531 m), quest'ultimo di Barete. Oltre l'importante fórca carràra (1385 m), che agevola la comunicazione fra Pizzoli e la valle di Faschiano, la montagna si alza ancora con la cima delle tre tùrri (1493 m). Questo tratto della catena spartiacque è delimitato a sud dalle regioni di Recchiuti e di Aielli, formanti un vasto altopiano coltivato, dal quale hanno origine la vàlle egliu pàgu, che scende a Marruci, nonché le valli di Barete e la valle di Paganico. Compreso fra la vàlle egliu pàgu e la màlle òneca di Barete è l'imponente mole di mónde màrine, culminante con un piccolo altopiano contiguo alla piana di Recchiuti.

Le sorgenti sono concentrate nella regione di Recchiuti (le fondanèlle, ji puzzìgli) ed in quella di Aielli (ju sbollènde, ju càpo cróce).

I sentieri CAI riguardanti Pizzoli sono il n° 20 da Barete alla cima delle Tre Torri, il n° 20A dalle Capannelle alla stessa cima, il n° 22 da Marruci a Monte Marine, il n° 23 dalle Capannelle alla cima della Serra. La traversata TR7 percorre, inoltre, le regioni di Recchiuti e di Aielli.


La toponomastica


La montagna della Serra
1. La prima montagna che si incontra venendo da est sovrasta l'abitato di Vallicella di Marruci. Si tratta della montagna della sèrra, indicata con tale nome anche dalla cartografia IGM. La sua cima più alta (1523 m) costituisce il nodo orografico dal quale la linea spartiacque fra l’Aterno e la valle di Faschiano abbandona il massiccio d'Aielli e si porta verso il Gran Sasso. Quanto al toponimo, riflette il termine geografico serra, che deriva dal latino serra, in origine ‘sega’, poi passato ad indicare una cresta dentellata, come è effettivamente quella in oggetto.

2. Il cocuzzolo che si protende verso il paese, più basso (1521 m), ha il nome di pàgu, riportato anche sulle carte IGM, come Pago. In effetti, si tratta del latino pagus, pago, in origine ‘segno di confine’, ed è probabile che sia stato applicato alla cima proprio in questa sua primitiva accezione piuttosto che in quella, più tarda, di ‘distretto rurale’. Dal nome della montagna dipende poi quello della vàlle egliu pàgu, che la chiude in direzione ovest, ma le carte IGM riportano uno strano toponimo F.so dell’Indice.

3. La cima del Pago viene raggiunta dal sentiero CAI n° 23, che parte dal km 23,400 della statale n° 80, percorrendo la località detta la attùta. Si tratta di un’aia, nella quale veniva battuto (trebbiato) il grano o altri cereali.

4. Il sentiero lambisce, quindi, un casale diruto e la vicina fonte di furapà (1308 m), così chiamata da un qualche soprannome locale. Passa poi sotto le màcchje lónghe, una porzione di boscaglia rimasta del bosco di Faschiano che in passato doveva estendersi a tutta la zona. Il nome macchia sta qui ad indicare la ‘boscaglia intricata’, non adatta a fare legna, e deriva dal latino macula ‘macchia’.

5. Si sale ora nella conca di malleòna, dove c'è l'omonimo casale (1417 m). La cartografia IGM lo chiama C. Valleona, ma l’adattamento è solo parzialmente corretto, giacché il toponimo è un diffuso composto del tipo valle vona, ossia ‘valle buona’, adatta al pascolo. Dato l’indebolimento della v in posizione intervocalica, tipico dei dialetti dell’area aquilana, toponimi di questo tipo sono spesso resi in italiano con locuzioni fuorvianti, come ad esempio V. Leona (Lucoli).

6. Dal casale il sentiero devia verso ovest per guadagnare una sella detta delle pózze (1473 m), fra il crinale della sèrra ed il vicino còlle egli strascìni (1505 m). Il nome è presente sulle carte IGM sia come C.le delle Pozze, che erroneamente è stato applicato al còlle egli strascìni, sia come le Pozze, per indicare la vallata sottostante l’insellatura. In effetti, il toponimo dialettale si riferisce all’intero sistema di vallecole (dette pozze perché portano o raccolgono acqua) fra la cresta ed il piano di Recchiuti.


La montagna della Faeta
7. Il crinale spartiacque prosegue dalla cima della Serra in direzione nord, innalzandosi in una fitta serie di cocuzzoli, tutti poco pronunciati. Oltre la sella delle Pozze (1475 m), troviamo il còlle egli strascìni (1505 m), limitato a nord da una sella a quota 1447 m. Il nome del cocuzzolo richiama lo strascino, una specie di slitta per trascinare a valle tronchi abbattuti. La denominazione è interessante, tanto più se si pensa al fatto che oggidì la montagna appare del tutto nuda.

8. Proseguendo lungo la cresta, comincia la montagna detta faéta nel suo complesso, costituita da diverse cimette. Per la cartografia IGM solo la prima di queste ha il nome di C.le Faeto, ma per i locali di Pizzoli essa è il còlle marchindóni (1483 m), dal nome di qualche personaggio locale (il cognome Marchintoni è pure presente sulle carte nel toponimo V. Marchintoni). Il toponimo faéta, invece, che deriva dal latino fagetum ‘faggeta’, indica che un tempo tutto il versante che guarda Recchiuti era ricoperto da faggi.

9. Il secondo cocuzzolo è il còlle pìcculu (1513 m), chiamato così (piccolo) per contrapposizione col vicino e di poco più elevato còlle rànne (1531 m, grande) che appartiene al comune di Barete. Dirimpetto a quest’ultimo, poco più ad est, c’è l’ulteriore cima del còlle ella màcchja (1528 m), ai confini con Barete, il cui versante settentrionale guarda Faschiano ed è occupato dal bosco, da cui l’appellativo macchia del toponimo.

10. L’intero crinale della Faeta viene percorso dal sentiero CAI n° 20A, che parte, come il precedente n° 23, dalla statale n° 80 (km 23,400). Dopo aver raggiunto il casale alla Valle Vona, prosegue tagliando in alto il fosso del moreó, che si getta nella valle di Faschiano. Questo toponimo, presente sulle carte IGM come F.so Morreone, va probabilmente visto come un derivato dell'appellativo locale morgia con suffisso -one accrescitivo.

11. Più oltre, il sentiero n° 20A entra nella lunga àlle rànne (‘valle grande’), che risale fino ad un'insellatura fra il Colle della Macchia ed il Colle Grande. Divenuta una pista, tocca la località le carunère, dove rimangono porzioni di boscaglia nelle quali in passato si faceva carbone, almeno a giudicare dal toponimo, che presenta un suffisso -èra di origine franco-normanna (corrispondente all’italiano -iera, francese -iere, latino -aria). Da qui, si perviene in breve alla Forca Carrara e indi alla cima di Mozzano.


La montagna di Mozzano
12. Dopo un tratto di circa 1 km appartenente a Barete, si rientra nel tenimento di Pizzoli con la fórca carràra (1385 m), che mette in comunicazione la regione di Aielli con la valle di Faschiano. Il toponimo è presente anche sulla cartografia IGM (F.ca Carrara, F.so di Forca Carrara) e sembra legato al transito di carri, almeno lungo la direttrice est-ovest, attraverso un appellativo (via) carraria.

13. Più avanti, si sale lungo le pendici della montagna di Mozzano. I locali di Pizzoli conoscono solo il toponimo còlle mezzànu, che si riferisce alla pendice che dalla Forca Carrara guarda il piano di Aielli. Questo toponimo potrebbe dipendere da Mozzano, se non è semplicemente la diffusa locuzione colle mezzano che sta per ‘colle di mezzo’. Inoltre a Pizzoli chiamano puzzànu una sella (1415 m) subito dopo l’avvio della cresta; è probabile che questo nome sia il risultato di un incrocio paretimologico fra Mozzano, il nome della montagna in uso a Paganico, e pozza, per via della conformazione della sella. La cimata è invece nota con il nome tre tùrri, che corrispondono ai tre picchi di Paganico, e va notato che tale designazione compare nell’Atlante di Rizzi-Zannoni (1808), che riporta tanto il toponimo Mozzano quanto quello le Torri.

14. Fa parte, inoltre, della stessa catena, il cocuzzolo di véne palóma (1432 m), che si eleva prima (sudest) della sella di puzzànu. Il termine geografico vena, che indica delle fasce rocciose sotto le cime, è specificato da una curiosa voce palóma che è, almeno formalmente, affine al nome dialettale del colombo selvatico, palómma, palùmmu, in italiano palomba.


Il Monte Màrine
15. Ad ovest della Valle del Pago, che la separa dalla montagna del Pago, si estende il largo crinale di mónde màrine, culminante con un altopiano (1491 m) che incombe sugli abitati di Pizzoli e Barete. Il toponimo si presenta assai interessante, giacché la specificazione màrine si configura, per l'accento e la struttura, come nome di antichissima origine prelatina. Può derivare da un appellativo mara, di origine indoeuropea, il quale è però connesso con la presenza di acquitrini, paludi ecc., non riscontrabili nella zona in questione. La cartografia IGM riporta, correttamente, M. Marine, mentre in passato, ad esempio nell’Atlante di Rizzi-Zannoni (1808), compariva l’erronea dicitura M. Mario.

16. Il vecchio sentiero che saliva questo monte partiva da Villa Re, uno dei rioni di Pizzoli, rimontando il ripido colle - ora rimboschito con pini - di castégliu vécchju. Il nome del costone (‘castello vecchio’) indica che in passato doveva sorgere qui una rocca di epoca altomedievale, che costituiva l’incastellamento delle ville sparse di Pizzoli. Infatti, sulla cima di detto colle (1105 m) si trovano dei ruderi. Curioso è il toponimo specifico del cocuzzolo, che è chiamato chicchirichì. Come altre designazioni analoghe - ad esempio a Lucoli (Aq) - tale nome è una variante del tema cucco, di origine prelatina, accostato al verso onomatopeico del gallo, forse anche per via del carattere svettante della cima, che ne richiama la cresta.

17. Dopo un breve tratto pianeggiante dietro alla cimetta, la salita continua nella pineta con il crinale detto della uscétta, per via della vegetazione che doveva essere predominante prima del rimboschimento, costituita da bassa boscaglia. Il toponimo è infatti un derivato collettivo (suffisso -eta) del fitonimo bosso, interpretato come diminutivo in -etta.

18. Tagliato il bosco si perveniva ad una strettoia fra le rocce che costituisce l’ingresso dal lato sud dell’altopiano di Monte Marine. Tale scomodo passaggio è ben ricordato, col nome ju bùciu, ‘il buco’, dal quale dipendono le designazioni che si trovano sulla cartografia IGM, come F.so del Buco e Mac.e del Buco. Questa voce buco esprime anche il concetto dell’italiano ‘forra’ e si confronta con diversi toponimi registrati a Tornimparte (Aq).

19. Ad ovest del fosso egliu bùsciu, si estendono i desolati pendii di rótta cianèlla, solcati da ripidi canaloni. La grotta che dà il nome alla zona (Rotte Gianella sulle carte IGM) deve trovarsi su una fascia rocciosa ben visibile, ad una quota di 1200-1300 m. Il suo nome deriva da un personale locale, soprannome o cognome.

20. Oltre il limite della vegetazione, sopra la fascia rocciosa, comincia l’altopiano sommitale con il bastione dei péschi, il cui nome deriva dal termine peschio ‘macigno, masso’. In effetti, la cresta comprende alcuni cocuzzoli detti curucùzza. La prìma curucùzza è la più alta (1490 m), la prima che si incontra quando si entra sull’altopiano dal passaggio del bùsciu. Una diversa cimetta, più bassa (1402 m), che per i locali di Barete porta lo stesso nome, segna il confine fra i due paesi. La designazione curucùzza proviene, per metatesi, da cucurùzza, e quindi appartiene alla famiglia dei derivati del tema cucco, di origine prelatina, che si applicano di solito proprio a cimette svettanti, come l’italiano ‘cocuzzolo’.

21. L’ultimo colle a confine con Barete è il còlle scatenàtu, che porta un nome di origine non chiara.


La regione di Recchiuti
22. Il villaggio pastorale di Recchiuti, posto in una conca fra l'altopiano di Monte Marine ed il crinale della Faeta, è oggi raggiunto da una carrereccia che parte dall'abitato di Villa Mazza, poco a monte (827 m) del nucleo urbano di Pizzoli. La carrareccia, dopo numerosi tornanti in località la jùta, passa sotto la cimata di Monte Marine in località le cèse che, come indica il nome (IGM Cese) derivato dal latino caesa, è costituita da bosco ceduo. Il toponimo jùta, invece, è oscuro, e si confronta con un nome omofono registrato ad Aielli (Aq).

23. Dopo lungo ed accidentato percorso, la strada carrozzabile entra nell’altopiano ricevendo il solco di una vecchia mulattiera - che correva lungo la Valle del Pago - nei pressi di un abbeveratoio a quota 1324 m. Non lontano sono le casette di recchjùti, circondate da altri casali.

24. Da qui si stacca la mulattiera di peschiciarégliu, che aggira da nord le creste sommitali di Monte Marine caratterizzate da numerose cimette, da cui appunto la designazione toponimica. Questa è infatti un derivato di peschio ‘macigno, roccia aguzza’, con un secondo componente del nome, che potrebbe essere un personale "Ciarello", oppure semplicemente un triplo suffisso diminutivo. La cartografia IGM riporta Peschicerello.

25. La mulattiera di Peschiciarello va a toccare prima la sorgente dei puzzìgli (1320 m) e poi, quasi ai confini con Barete, quella delle fondanèlle (1375 m). Entrambe sono correttamente riportate sulle carte ufficiali, la prima chiamata i Pozzilli (in effetti il nome è un diminutivo plurale di pozzo, con suffisso -illus), la seconda le Fontanelle.

26. Fra le due fonti, dal lato nord della mulattiera, si estendono i coltivi della sèrra, che abbracciano alcuni colletti (1434 m). Come per l’analogo toponimo sopra Marruci, qui il tipo serra si applica ad un crinale allungato, anche se breve. Le carte IGM riportano questa designazione, come la Serra.

27. Proseguendo oltre le casette, lungo la carrareccia, si perviene nella parte coltivata dell’altopiano di Recchiuti, detta lo piàno egliu mónde, ovvero ‘il piano del monte’, con una locuzione molto diffusa ad indicare un contesto di coltivi situati in ‘montagna’, a monte del paese. Si confrontino i toponimi analoghi nei vicini centri di Collebrincioni, Gabbia, ecc.

28. A ovest, a sinistra della strada, i coltivi sono delimitati dai due dossi di còlle murìsci (1336 m), sulla cui sommità è la casétta e màrzu, e di còlle mariàccia (1322 m). Mentre il secondo toponimo deriva da un personale locale, il primo è più interessante, riflettendo la voce latina murex, -icis 'scoglio, pietra aguzza', da cui anche l'appellativo locale morgia.

29. A destra della strada si hanno invece le pendici della montagna della Faeta. Si passa dapprima sotto il Colle degli Strascini poi, dopo le casette, si lambisce la foce della vàlle sandostéfano, il cui nome richiama Santo Stefano venerato a Pizzoli. Dopo è la volta del Colle Marchintoni e, al di là di un breve fosso, chiamato V. Marchintoni sulle carte IGM, c'è lo stretto crinale del còlle ella nùce. Il fitonimo nùce, va ricordato, indica tanto un albero isolato di noce, quanto più spesso il ‘noceto’, e sorprende per la qualità della vocale tonica (ù invece di ó), che presuppone una quantità breve della u nella voce del latino regionale nux, -nucis, piuttosto che lunga come nel latino classico.

30. Ancora oltre, si susseguono tre stretti crinali. Il primo è il còlle salère, dove vi saranno delle salere, ovvero dei lastroni di pietra sui quali si depositava il sale per le capre, da confrontare con i toponimi C.le delle Salere e F.so delle Salere riportati sulla cartografia IGM.

31. Il secondo crinale è chiamato, come la sua cima più in alto, còlle pìcculu, mentre il terzo è detto còlle egliu cérru, dal fitonimo cerro che può anche presupporre un bosco che non esiste più, tagliato per far posto al pascolo. Su quest’ultimo, transita il confine comunale con Barete.


Last modified: September 30, 2002
by Antonio Sciarretta
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