|
Fiugni (Cagnano Amiterno)
Appunti sul paese
Il comune di Cagnano Amiterno è un comune sparso costituito da 8 frazioni (Fossatillo, Torre, Sala, Collicello, Civitella, Colle, Corruccioni e San Cosimo, sede comunale) nella omonima piana, San Pelino e San Giovanni lungo il fiume Aterno, Fiugni e Termine, con l'insediamento stagionale di Cascina, in zona montana. Di queste ville, Fiugni e Termine sono di dialetto reatino, mentre nelle frazioni più basse è preponderante la parlata aquilana.
Il toponimo Cagnano è citato per la prima volta (in Caniano) nei documenti del Monastero di Farfa che, prima del Mille, dominava la vallata aquilana. A quell’epoca comunque si tratta ancora di un insediamento sparso sull’omonimo campo, che deriva il nome da un personale latino Camnius attraverso la formante tipica dei nomi fondiari. In epoca normanno-sveva si è, invece, già compiuto il processo di incastellamento, ma è probabile che non vi sia mai stato un vero accentramento del castrum, e che le varie ville siano rimaste minuscoli agglomerati, aggregati fra loro dalla chiesa pievana di San Cosimo. Quest’ultima è citata fin dal sec. XII, ed il suo titolo viene ripreso dagli abitanti che partecipano alla fondazione della città dell’Aquila, erigendovi la chiesa dei Santi Cosimo e Damiano. Nelle diverse ville, più tardi (sec. XV-XVI), si svilupparono delle parrocchie dipendenti, mentre nei pressi della chiesa madre, dopo che accanto ad essa venne costruita la sede del comune, si è sviluppato di recente il capoluogo, anch’esso denominato San Cosimo. Per quanto riguarda le singole ville, è quasi impossibile traciarne una storia, ma alcuni toponimi appaiono piuttosto antichi. Sala può avere un origine longobarda, da sala 'villa, corte', Corruccioni sarà riflesso del latino corrigia, propriamente 'striscia di cuoio', poi passato ad indicare una striscia di terreno, mentre Torre (anche chiamata Torricella nelle antiche corografie) e Civitella derivano il nome da antiche costruzioni o insediamenti (la voce civita indica generalmente il sito di un antico abitato). Fiugni, infine, può essere un personale romano, forse Flavonius, con metafonia dovuta alla -i del locativo, caduta di -v- intervocalica e riduzione del nesso fla- a fi-, (come in Firenze per Florentia).
Notevoli nel territorio di Cagnano sono la citata chiesa di San Cosimo, che conserva le statue lignee dei santi Cosma (Cosimo) e Damiano, databili al sec. XVI, ed ancora la chiesa di San Sebastiano a Collicello (sec. XVI), la chiesa di San Giovanni (sec. XVI) e di Santa Maria (sec. XVII) a San Giovanni. Non restano, invece, tracce dell'antica chiesa di Sant'Andrea e del convento di San Leonzio, entrambi a Corruccioni. A Fiugni si trova un palazzetto castellato e tracce di fortificazioni.
Appunti sul territorio
Il tenimento di Fiugni occupa una parte della montagna di Cagnano (l'altra è quella di Termine) sulla destra del fiume Aterno, nel massiccio di Monte Cavola. Si tratta di una porzione, a monte della carrozzabile Fiugni-Gabbia, facente parte del sistema orografico che chiude il bacino endoreico di Santo Nunzio (sandunùnziu).
La linea spartiacque proviene dal territorio di Gabbia con la mónna (1425 m), si abbassa seguita dai confini comunali per alzarsi di nuovo nel mónde gelàtu (1285 m) e poi nel còlle vallandréa (1219 m), dal quale si stacca il crinale di mónde catàbbiu (1084 m). Attraverso il valico di còlle cróce, la linea di displuvio si collega al mónde dellu tèrmine e prosegue in tenimento del Termine, chiudendo il pianoro di sandunùnziu a sud e ad ovest. Il mónde gelàtu funge da nodo orografico minore, poiché da qui si diparte un arco secondario che chiude il minuscolo bacino del piànu dellu mónde di Gabbia. Di questo sistema, fa parte il cocuzzolo di càpu andìcu (1226 m), sormontato da un ripetitore.
Le valli di Fiugni sono tutte brevi, nulla più di semplici fossi. Alla testata di una di queste, la vàlle fiùgni, sorge l'abitato. L'unica sorgente degna di rilievo è la fónde vécchja, presa dell'acquedotto paesano.
L’unico sentiero CAI in partenza da Fiugni è il n° 13A, diretto alla cima della mondàgna di Gabbia. Anche il sentiero n° 15, da Collicello, attraversa per buona parte il tenimento.
La toponomastica
La zona di Valle Fiugni
1. L'abitato di Fiugni è situato alla testata di una valletta tributaria della piana di Cagnano, nota ai locali come vàlle fiùgni. Tale nome è probabilmente preesistente a quello del paese, che quindi da questo dipende. L’origine che sembra più probabile è quella da un personale romano Flavonius, riportata nelle note introduttive.
2. Anticamente percorsa da una mulattiera per Collicello, oggi la valle è attraversata da una comoda carrozzabile. Usciti dal paese, si ha sulla sinistra l'elevazione di còlle sandàgnelu (984 m), un colle forse collegato alla presenza di qualche grotta. Infatti, il culto di Sant’Angelo (San Michele Arcangelo), di origine longobarda, è associato ad un’antica venerazione per le grotte, ritenuti luoghi sacri.
3. Una seconda elevazione lungo la strada per Collicello è quella del cerrìtu (973 m). Si tratta di una groppa erbosa che, in passato, doveva ospitare un bosco di cerri, stando al nome. Il toponimo, infatti, riflette l'appellativo cerreto, derivato dal latino cerretum ‘cerreto, bosco di cerri’, che indica un coltivo o, come in questo caso, una località pascolativa, ottenuta tramite debbio.
4. Dietro la prima fila di collinette, verso est, si trova un piccolo altopiano, con la cima poco pronunciata di còllamàndria (1014 m), segnata sulla cartografia IGM col nome di C.le Mandria. Il toponimo si compone della voce colle e di una seconda parte che riflette il noto termine pastorale mandra, che designa un muro a secco realizzato per fare da recinto alle bestie, da cui, per slittamento semantico, anche l’italiano mandria.
5. Affianco al Colle Mandra, si eleva il dosso dello scoppìtu (1005 m). Fra le due colline, si incunea lu fóssu dellu scoppìtu che, più in basso, confluisce nell'altro fosso di sammucìtu il quale sfocia presso San Cosimo. Nel toponimo scoppìtu si riscontra un derivato collettivo (suffisso -etum) di una voce latina scopulus ‘scoglio’, come nel nome del vicino centro di Scoppito, mentre sammucìtu è ancora un collettivo, del fitonimo
sambuco, latino sabucus.
La montagna di Capo Antico
6. Seguendo la carrozzabile da Fiugni a Gabbia, si ha sulla sinistra la montagna di càpu andìcu, una modesta elevazione (1226 m) che impedisce la reciproca vista dei due paesi, caratterizzato da un evidente un ripetitore collocato non lontano dalla cima. Il toponimo càpu andìcu suona a Gabbia capandìca, ma sulla cartografia IGM ha prevalso la versione di Fiugni, Capo Antico. Il termine capo è qui utilizzato nel senso di ‘sommità’, mente l’aggettivo antico si riferirà al fatto che lo sfruttamento boschivo e pastorale del luogo è di lunga data, se non ad un antico insediamento sulla cimata, di cui peraltro nulla si sa.
7. Il versante (costa) di Capo Antico che guarda Fiugni è noto come còsta degli acquàri, perché solcato da diversi valloncelli apportatori di acque più a valle. Il termine acquaio, infatti, indica genericamente il concetto di ‘portare acqua’, anche se spesso si riferisce più concretamente alle cavità nella roccia, dove si raccoglie l’acqua, utili per abbeverare gli animali. Significativo è il fatto che la località immediatamente a monte sia chiamata le riòle, nome ripreso anche dalla svisata traduzione IGM Ariole. Si tratta, infatti, di un riflesso del latino rivus ‘rio, ruscello’, mediante un suffisso -olus dal valore diminutivo. A tale località si sale seguendo il sentiero CAI n° 13A, in partenza dall’abitato di Fiugni, che poi prosegue nel territorio di Gabbia, in direzione del Monte di Gabbia.
8. Più in basso, sopra la strada Fiugni-Gabbia, si trovano le macchjétte, porzioni di boscaglia non molto estese. Il toponimo è un diminutivo di macchia, latino macula, in origine ‘macchia’, traslato, nei toponimi di questo tipo, ad indicare un generico bosco nel quale non si fa legna.
9. A valle della strada, il costone di Capo Antico continua con l’elevazione del còlle mezzànu (1000 m), un colle che si protende ‘in mezzo’ alle località a ridosso del fiume Aterno. Nei pressi si trova la Presa dell'acquedotto di Fiugni, detta localmente fónde vécchja. L'aggettivo vecchio applicato a questo nome presuppone l'esistenza di una fonte 'nuova', che peró non è stata registrata.
10. Proprio a valle del paese, è il fosso di péi le pràta, che divide còlle mezzànu dallo scoppìtu. Le pràta è un toponimo non attestato direttamente, ma che indicherà i coltivi attorno all’abitato, in una zona piuttosto pianeggiante. Il termine prata è femminile plurale, ma alla sua origine sta un neutro plurale, latino pratum, passato ad indicare non già un ‘prato’, quanto una zona coltivata in piano.
Il Monte Gelato
11. Ad ovest dell’abitato si innalza la compatta mole di mónde gelàtu (1285 m), frapposta fra Fiugni ed il piano di Santo Nunzio. Si tratta di un monte di aspetto nudo, il cui versante settentrionale appare spesso gelato dal Piano del Monte di Gabbia. Da questa caratteristica deriva il nome, riportato anche sulla cartografia IGM, come M. Gelato.
12. Una vecchia mulattiera percorreva le pendici di Monte Gelato, partendo dall’abitato. Dopo un primo fosso trovava il casale della laoréa (1050 m), con alcuni mandroni, nei pressi del quale si trova un pozzo. Più avanti, si guada il fùssu della laoréa. Tali designazioni risultano alquanto oscure (nel secondo l'appellativo é fosso), pur potendo richiamare lo stesso fitonimo che sta alla base del nome di Barete, ossia il latino laver 'crescione'.
13. Sotto il casale della laoréa, c’è una piccola zona coltivata, chiamata dai locali li pianìlli. Il toponimo è un chiaro derivato del sostantivo piano, inteso come ‘località pianeggiante’, attraverso un suffisso diminutivo -illus, già noto al latino e di diffusione prevalentemente centromeridionale.
14. Oltre il fùssu della laoréa, si passa sotto un acclive pendio, un tempo estesamente coltivato. E’ la località detta cèsa vècchja, evidentemente perché i coltivi furono ottenuti, già in epoca remota (vecchio), attraverso il taglio (cesa, latino caesa) di una porzione di bosco. La cartografia IGM ha recepito tale toponimo, riportato correttamente come Cesa Vecchia.
15. I più bassi fra i coltivi della Cesa Vecchia si trovano su un crinale secondario, che si stacca dal massiccio di Monte Gelato e si protende fino alla cava vicino al paese. Si tratta del crinale di peccórnu, riportato come Pecorno sulla cartografia IGM, ma formalmente equivalente a ‘Piedi Corno’. Il corno citato nella designazione toponimica sarà allora la crestina (1245 m) che costituisce un’appendice della cima vera e propria di Monte Gelato. Questa cimetta, sulla quale svalica la mulattiera che da Fiugni andava a Santo Nunzio, ha però un suo nome, ovvero collìcchju de zàrru, formato con un diminutivo metafonetico di colle, e con un personale zàrru, resa dialettale di Ciavarro, anche cognome.
Il Monte Catabio
16. Passate le pendici di Piedi Corno, si trova sulla strada carrozzabile per Collicello una cava, a monte della quale scende il fùssu de catàbbiu. Il cocuzzolo sopra la cava, rimboschito con pini, è chiamato dai locali mónde catàbbiu, (1084 m), mentre sulla cartografia IGM compare solo l’appellativo Catabio. Il toponimo, a parte la tarda aggiunta monte, si confronta con Monte Catabio di Leonessa (Ri) e con Catabbio frazione di Semproniano (Gr), e forse con alcuni appellativi iberici del tipo catabio, designanti 'buchi nelle strade'.
17. Sulla cima di Monte Catabio passa una recente carrareccia diretta a Santo Nunzio la quale, aggirato il cocuzzolo, attraversa la località un tempo coltivata delle cónge (1143 m). Questo toponimo riflette il latino congius 'congio, misura per liquidi', usato in toponomastica nel senso generico di 'cavità'. In effetti si tratta di un piccolo altopiano, conformato a dossi e vallecole.
18. Con un paio di tornanti, la carrareccia per Santo Nunzio supera le Conge e si porta sulla cimata di còlle vallandréa (1219 m), che costituisce una propaggine della catena di Monte Gelato. In questo nome si trovano gli appellativi colle e valle, il quale indicherà uno degli avvallamenti che si apre fra i due dossi che si trovano sulla cresta, ed il personale 'Andrea', forse legato alla chiesa diruta di Sant'Andrea, di localizzazione ignota.
19. Svalicata l'esile soglia, la carrareccia perviene al cosiddetto còlle cróce (1182 m), dove una croce in ferro segna l'inizio della regione di Santo Nunzio. La cartografia IGM riporta sia il manufatto, col toponimo C.le Croce (composto con l'appellativo colle), sia un ulteriore nome le Croce sulla cimata del còlle vallandréa. Scendendo dal versante opposto, si entra nella valletta detta réte cróce (1173 m), ovvero 'dietro croce', e seguitando oltre, si perviene nel pianoro di Santo Nunzio.
20. Alla croce di ferro si arriva anche con una mulattiera proveniente da Collicello, proposta dal CAI come sentiero n° 15 per la cima del Monte del Termine. Tale itinerario, lambite le pendici di Monte Catabio, sale a mezza costa, passando fra il cocuzzolo di còlle bbenedìttu (1021 m), ovvro il C.le Benedetto della cartografia ufficiale che sovrasta l'abitato di Torre, e il ripido pendio detto delle scalélle. Quest'ultimo termine fa riferimento ai solchi scavati dal passaggio delle greggi sui prati, utilizzati come scalini per la salita, ma l'appellativo scala e derivati si applicano in generale alle salite (e discese!) ritenute assai faticose.
La regione di Santo Nunzio
21. Al pianoro di Santo Nunzio, in dialetto sandunùnziu, si entra oggidì attraverso la carrereccia di Colle Croce. Dopo il valico contraddistinto da una croce di ferro, e la valletta di réte cróce, si toccano sulla destra le pendici dell'arrotondata groppa di pìa majùre (1266 m). Questa elevazione è chiamata pìa majóre al Termine, mentre sulla cartografia IGM è riportata la resa fuorviante Piamaiure. In effetti, il termine pìa dovrebbe essere una variante locale di piaia 'declivo', derivato dal greco plagia, molto diffuso nell'Italia centromeridionale, corrispondente all'italiano piaggia, mentre il secondo termine è l'aggettivo maiore, riflesso romanzo del latino maior, -is 'maggiore'. Un altro toponimo che si inquadra nella stessa serie è pìa ónza, che si riferisce al colle (1245 m) che segue quello di pìa majùre, seguitando lungo i bordi orientali del pianoro. In questo caso, l’appellativo ónza risulta di difficile interpretazione.
22. Fra le groppe gemelle di pìa ónza e pìa majùre, si apre l’imbuto di cannaìnola, che scende al piano con una strettoia ricoperta dalla vegetazione. Il toponimo è riconducibile ad un tipo cannavina, che indica un ‘luogo adatto alla coltivazione della canapa’.
23. Dietro il colle di pìa majùre, in corrispondenza dell’insellatura che lo salda al massiccio di Monte Gelato, si trova un pozzo, chiamato dai locali l’areléndu. Il toponimo va spiegato come un composto *àra e lu éndu ‘aia del vento’, da ara 'aia', derivato dal latino area, in origine 'spazio aperto', e éndu, resa dialettale di vento. Un altro pozzo si trova nel mezzo della piana di Santo Nunzio (1127 m), ed è chiamato semplicemente lu pùzzu.
24. La carrareccia, attraversato tutto il piano in direzione nordovest, risale una valletta boschiva per giungere ad un ampia radura (1292 m) a confine con Borbona, chiamata pózza rànne, dove termina. Qui confluiscono diversi impluvi dalla cima del Ceraso, detti le pózze. Entrambe le designazioni si rifanno ad un appellativo pozza nel senso di ‘avvallamento’, dove si raccoglie l’acqua, mentre l’aggettivo grande (dialettale rànne) specifica la maggiore. Al Termine, si parla di vàu (guado) de pozzaràna, da cui l’adattamento sulla cartografia IGM, Vado di Pozzarana.
25. Il settore nordoccidentale della piana di Santo Nunzio è dominata dal bosco del ceràsu (ceraso, latino cerasus ‘ciliegio’), che si estende quasi fino alla cima (1410 m). Dalla valle di pózza rànne, si ha però in primo piano una elevazione minore, detta còlle fàuzu (1380 m). Tale nome è un composto di colle e dell'aggettivo falso, forse nel senso di ‘non adatto (al pascolo o alla coltivazione)’.
26. A sud del piano, si ha il pendio boscato delle porrétte, indicato correttamente come Porrette sulla cartografia IGM. Il toponimo va interpretato o come un derivato di porro (da confrontarsi con la Porrara monte della Maiella), attraverso un suffisso collettivo -etum, interpretato come diminutivo -etto, oppure come un riflesso del latino porrectus 'esteso, lungo’, pps. di porrigere, come proposto per il nome di Porretta Terme (Bo).
27. Il pendio delle Porrette regge il còlle faéta (1222 m), nudo alla sommità ma in passato forse più alberato. Il nome è infatti un composto dell'appellativo colle con una specificazione dal latino fagus ‘faggio’, attraverso un collettivo in -etum, al femminile. Il toponimo riportato sulla cartografia IGM, C.le Futa già dalle prime edizioni alla fine del secolo scorso, appare quindi come un tentativo completamente errato di adattamento.
La montagna della Monda
28. La montagna che si eleva a settentrione della regione di Santo Nunzio è detta dai locali di Gabbia e Fiugni la mónna, e culmina con una crestina (1427 m) interrotta da numerose ‘sportelle’. Il toponimo mónna deriva dal latino mundus ‘pulito’, ed è assai diffuso a designare la sommità dei monti libera dal bosco, confrontandosi con analoghi nomi sulla Maiella, sul Morrone, ecc. La cartografia IGM riporta invece un adattamento non etimologico Costa della Monna, riferito alle pendici meridionali della montagna, attraversate dalla via per Borbona.
29. Sul costone della Monda di pertinenza di Fiugni, si trova la località li allocchìtti, ossia dei ‘vallocchietti’ (vallocchia è un diminutivo di valle) che in passato erano coltivati, dietro la cresta rocciosa di pìa ónza. Da qui si guadagna il sentiero proposto dal CAI come anello del Monte di Gabbia, che proviene da Fiugni, e si passa di traverso sotto la còsta dell’acera. Tale toponimo dipende da quello, registrato a Gabbia, di vallàcera, ripreso anche dalla cartografia IGM come Valle Acera, il quale designa l’acclive lingua di terra compresa fra due dossi che si trova un po’ più ad est. Il nome dipende chiaramente da acera, riflesso del fitonimo latino acer ‘acero’. L'appellativo costa si riferisce invece al fatto che la località è disposta su un pendio.
30. Ai margini settentrionali della piana scende il fossàtu e passaró, che è chiamato a Gabbia le pilélle. Il toponimo riflette l'appellativo fossato 'fosso incavato', mentre il personaggio richiamato, tale passaró, sarà un proprietario di Fiugni. Oltre il fosso, su un piccolo tavolato, si trovano i due ricoveri chiamati casàle e paóne e casàle e tagliulìnu, quest'ultimo ufficialmente noto come Casale Laurenzi, ma recentemente restaurato e trasformato in rifugio privato col nome di Rifugio Ghenga.
31. Dal Casale di Paone si diramano, ormai in territorio borbonese, le mulattiere di vàlle sandaiùlia e di vàlle stadàna, nonché quella che, per la vàlle fidèlia, sale alle macìnnole e, ancora oltre, si inoltra nel bosco delle cèse.
Last modified: June 21, 2002
by Antonio Sciarretta
email me
|