Le Altre guerriglie


NUCLEI ARMATI PROLETARI (NAP)
Sull'onda dei movimenti di lotta che presero avvio nel 1969 all'interno delle carceri italiane si formarono, tra i detenuti, un certo numero di avanguardie politiche e di lotta.
Alcuni gruppi della sinistra extraparlamentare s'interessarono a questo movimento con proprie commissioni. Lotta Continua, in particolare, dopo aver costituito nel 1970 una Commissione carceri, nel 1971 dedicò una parte del suo giornale quotidiano a questo problema con la rubrica “I dannati della terra”.
Dopo la svolta del 1973, in cui Lotta Continua rifiutò ogni prospettiva d'uscita dalla legalità, molti militanti abbandonarono quella organizzazione. E’ di questo periodo la formazione delle prime aggregazioni, a Firenze (nel Collettivo J. Jackson), e a Napoli, dei militanti che daranno vita ai Nuclei Armati Proletari (NAP), organizzazione particolarmente interessata ai movimenti dei soggetti sociali maggiormente emarginati: proletari prigionieri, proletariato marginale e del Sud.
Prima azione dei NAP è la diffusione, di fronte alle carceri di Milano, Roma e Napoli, di messaggi d'appoggio alle lotte dei prigionieri. Allo scopo vengono impiegati altoparlanti attrezzati con cariche di esplosivo atte a distruggerli dopo l'emissione (4-10-74).
Le motivazioni politiche di questa campagna, il cui slogan è “Rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei esterni”, vengono esposte nel documento: “Nuclei Armati Proletari, Autonomia Proletaria - Nucleo esterno movimento detenuti” (settembre 1974).

Il 29 ottobre 1974, nel corso di un esproprio ad una banca di Piazza Alberti, a Firenze, vengono uccisi dai carabinieri, Luca Mantini, già fondatore del Collettivo Jackson, e Giuseppe Romeo "Sergio".

Il nucleo napoletano dei NAP, con le incursioni nella sede dell'UCID (ottobre 1974) e in una sede della Democrazia Cristiana (novembre 1974), manifesta una forte sintonia con alcune azioni delle Brigate rosse.

L'11 marzo 1975, a Napoli, mentre sta preparando un ordigno, muore dilaniato dall’esplosione accidentale il militante Giuseppe Vitaliano Principe, mentre resta gravemente ferito Alfredo Papale..

A Roma, il 6 maggio 1975, i NAP sequestrano il giudice Giuseppe Di Gennaro, direttore di un ufficio della direzione generale degli istituti di prevenzione e pena del ministero della Giustizia.
Tre giorni dopo, nel carcere di Viterbo, tre detenuti, dopo aver tentato senza esito l’evasione, ripiegano sul sequestro di alcuni agenti di custodia. Durante il sequestro essi rivendicano ai NAP il rapimento del giudice Di Gennaro. Inoltre essi chiedono la diffusione, via radio, di un loro comunicato che verrà letto il giorno 10 maggio al radiogiornale delle 7del mattino. Il giudice Di Gennaro viene rilasciato il 10 maggio.
Nel corso di questa azione prolungata i NAP diffondono tre comunicati. A loro volta i detenuti espongono le loro posizioni in due comunicati ed un’autointervista.
Giovanni Taras, militante dei NAP di Napoli, inerpicatosi sul tetto del manicomio giudiziario di Aversa al fine di diffondere un messaggio di solidarietà con gli internati e contro la gestione di questo istituto che, all’epoca, da più parti, veniva definito un “lager”, muore a causa dell'esplosione anticipata della carica di esplosivo collegata al registratore (30-5-75). L'azione viene rivendicata dal “Nucleo 'Sergio Romeo’”.

Un'importante riflessione generale sull'impostazione politica dei NAP viene elaborata in forma di autointervista nel giugno 1975.
In questo documento vengono esposti anche gli orientamenti organizzativi basilari. In particolare viene detto: “I NAP sono nati da precise esperienze di massa in vari settori, che hanno spinto alcuni compagni a porsi concretamente il problema della clandestinità (…). Noi vediamo la sigla NAP non come una firma che caratterizza un'organizzazione con un programma complessivo, ma come una sigla che caratterizza i caratteri propri della nostra esperienza. (…) La nostra esperienza ha portato alla creazione di nuclei di compagni che agiscono in luoghi e situazioni diverse, in maniera totalmente autonoma e che conservano tra di loro un rapporto organizzativo e di confronto politico”.

L’8 luglio 1975 una squadra dell'antiterrorismo, individuato a Roma l’appartamento di Annamaria Mantini, vi si apposta e, al suo rientro, a freddo, la uccide.
Il vicebrigadiere Antonino Tuzzolino, che aveva sparato ad Annamaria Mantini, viene ferito intenzionalmente, a Roma, il 9 febbraio 1976. L’azione viene rivendicata dal "Nucleo 29 Ottobre".

Tra la fine del 1975 ed i primi mesi del 1976, i NAP compiono varie azioni contro il personale di custodia delle carceri e dirigenti del ministero della Giustizia.

Tra marzo ed aprile del 1976 il confronto politico con le Brigate Rosse, proseguito sia all'esterno delle carceri che tra i detenuti delle due organizzazioni, trova due momenti unitari:
- campagna, in varie città italiane, contro caserme ed automezzi dei carabinieri (1 marzo 1976);
- incursione nella sede dell'ispettorato distrettuale degli istituti di prevenzione e pena di Milano (22 aprile 1976).

Il magistrato Paolino Dell'Anno, accusato dai NAP di aver nascosto la vera dinamica dell'uccisione di Annamaria Mantini, viene ferito a Roma il 5 maggio 1976.

Il 14 dicembre 1976 un nucleo dei NAP attacca il capo dei servizi di sicurezza di Roma e del Lazio, Alfonso Noce che resta ferito, mentre un agente della scorta, Prisco Palumbo, muore. In questa azione rimane ucciso anche il militante Martino Zichittella.

Il 22 marzo 1977 su un autobus, a Roma, l’agente di polizia Claudio Graziosi individua una militante evasa dal carcere di Pozzuoli con l’appoggio esterno dei NAP (22-1-77). Lei è Maria Pia Vianale, il militante che è con lei, per impedirne l’arresto, affronta Graziosi e lo uccide. Nella caccia ai due nappisti in fuga che si scatena per le vie di Roma, due plizioti uccidono per errore una guardia zoofila, Angelo Cerrai, che si era unito alle ricerche.

Il 1 luglio 1977 una pattuglia dei carabinieri individua tre militanti dei NAP sulla scalinata della chiesa di San Pietro in Vincoli, a Roma. Due di esse (Maria Pia Vianale e Franca Salerno), ferite, vengono arrestate e pestate a sangue. Antonio Lo Muscio, ferito mentre tenta di sottrarsi alla cattura, viene finito con un colpo di psitola. Questo evento chiude, di fatto, all'esterno del carcere, la storia dei NAP.

Nel dicembre 1977 tre prigionieri dei NAP elaborano un documento di bilancio in cui, considerando esaurita la loro esperienza, motivano la loro confluenza nelle BR. Altri detenuti dei NAP, invece, scontano la pena per la loro militanza senza aderire ad altre organizzazioni.

Il 20 dicembre 1980, a Napoli, il militante dei NAP Alberto Buonoconto s'impicca a casa dei genitori, mentre ancora sta scontando la pena.

Il 30 luglio 1993, nel carcere mandamentale di Lauro (AV), muore per soffocamento un altro militante dell’ormai disciolta organizzazione: Claudio Carbone.

Per l’attività dei Nuclei Armati Proletari sono state inquisite 65 persone.

COLLETTIVI POLITICI VENETI
Dopo lo scioglimento di Potere Operaio al convegno di Rosolina (Rovigo, 31 maggio – 3 giugno 1973) la maggioranza dei militanti veneti di questa organizzazione – ad eccezione delle sezioni di Venezia e Verona – danno vita ad un dibattito che porta, tra il 1974 e il 1975, ad aggregare una nuova area politica: i Collettivi Politici del Veneto per il Potere Operaio (CPV).
L’impianto politico-organizzativo dei CPV ruota intorno ad alcuni temi fondamentali:
- priorità del radicamento nel territorio locale;
- antifascismo militante;
- unità politico-militare della militanza;
- necessità del ricorso alla forza;
- agire da partito;
- confronto dialettico con le organizzazioni politico-militari.

All’interno di questo impianto viene riservata attenzione particolare al precariato inteso come forma-lavoro del nuovo ciclo produttivo e vengono elaborati i concetti di “zona omogenea”, di “fabbrica diffusa” e di “territorio liberato”.

Tra il 1977 e il 1978 l’intervento si rivolge contro la ristrutturazione ed il comando sul lavoro, in fabbrica e nel territorio e contro le infrastrutture dell’università. In questo quadro maturano i ferimenti:
- del giornalista Antonio Granzotto (Abano Terme (PD) 7-7-77);
- del direttore dell’Opera universitaria Giampaolo Mercanzin (Padova 20-10-78).

Come pure i numerosi sabotaggi, ad esempio, ai vagoni ferroviari della Zanussi-Rex (Pordenone 30-6-77) o gli attentati incendiari alla sede dell'Ispettorato regionale veneto delle Case di reclusione e pena (Padova 20-10-77).
La forte internità al Movimento del '77 porta i Collettivi Politici Veneti, dopo il convegno di Bologna del settembre 1977, a promuovere il Movimento Comunista Organizzato (Veneto) (MCO) che risponde alla duplice esigenza di formare una forza politica nazionale (Autonomia Operaia Organizzata) e di salvaguardare la specificità territoriale.
La cosiddetta “notte dei fuochi” attua a livello locale il disegno politico del MCO. Nella notte tra il 18 e il 19 dicembre 1978 vengono colpite:
- la sede dell’Associazione Industriali di Schio;
- l’abitazione del presidente dell’Associazione Industriali di Rovigo;
- la sede dell’Intersind di Venezia;
- la sede dell’Associazione Industriali di Vicenza;
- la Federazione Regionale Industriali del Veneto a Mestre;
- l’Associazione Artigiani di Rovigo.

Nell’autunno del 1978 nasce il giornale Autonomia, ospite nei locali di Radio Sherwood, a Padova, per dare voce all’area aggregatasi attorno ai CPV. Nello stesso periodo “matura un più profondo rapporto politico-organizzativo con collettivi autonomi milanesi e torinesi che editano il giornale Rosso che, proprio per palesare la ricerca di una nuova omogeneità ed una modificazione della linea politica ed editoriale verrà denominato Rosso per il Potere Operaio”.

In risposta all’ondata di arresti seguita all’istruttoria del processo noto come 7 Aprile, nella notte tra il 29 ed il 30 aprile 1979 vengono compiuti una ventina di attentati contro caserme dei carabinieri del Veneto.
Nel contesto di questa campagna l’11 aprile 1979, a Thiene (VI), mentre manipolano un ordigno esplosivo, perdono la vita tre militanti del CPV-Fronte Comunista Combattente: Maria Antonietta Berna, Angelo Del Santo e Alberto Graziani. Un quarto militante, Lorenzo Bortoli, arrestato, morirà suicida in carcere.

Nell’ottobre del 1979 i CPV portano a termine diversi di attentati contro Filiali della FIAT (Padova 30-10-79) per protestare contro il licenziamento di 61 operai alla casa madre di Torino.

Il 3 dicembre 1979 circa ducento militanti armati del CPV bloccano gli snodi viari di Padova.

Nel corso del 1980 e del 1981 la forte repressione poliziesca, i conflitti politici interni ai collettivi, il crollo dell’ipotesi politica intorno a cui era nato l’MCO, portano all’esaurimento dell’esperienza dei Collettivi Politici Veneti che può essere indicato nel Convegno Internazionale di Venezia, svoltosi nell’autunno del 1981.
In quest'ultimo periodo vengono rivendicati:
- attacco alla caserma del 4° Btg. Carabinieri con razzi bazooka (Mestre 17-4-81);
- incursioni in agenzie immobiliari (Padova e Venezia 7-10-81);
- sequestro dell’ing. Luigi Strizzolo, capogruppo dello stabilimento Montedison peltrolchimico di Porto Maghera (VE). La sua fotografia, con al collo un cartello con la scritta “sono uno sfruttatore della classe operaia”, viene distribuita ai giornali (Venezia 22-10-80);
- ferimento del medico carcerario Antonino Mundo (Vicenza 1-12-81);

I Collettivi Politici Veneti nel corso della loro storia hanno utilizzato varie sigle. Tra esse:
- Organizzazione Operaia per il Comunismo;
- Proletari Comunisti Organizzati;
- Ronde Proletarie;
- Fronte Comunista Combattente

Il 9 marzo 1985, a Trieste, il militante dei CPV Pietro Maria Greco, latitante, individuato da un gruppo misto di agenti della Digos e del Sisde, viene ucciso mentre rientra nell'alloggio presso cui era ospitato.

Per i Collettivi Politici Veneti sono state inquisite 205 persone

BARBAGIA ROSSA
La sigla Barbagia Rossa fa la sua comparsa il 27 marzo 1978 quando, a Nuoro, viene rivendicato l'attentato incendiario, avvenuto il giorno precedente, contro un cellulare adibito al trasporto detenuti.

Il 3 novembre 1978 Barbagia Rossa assalta la stazione radiogoniometrica dell'Esercito a Siamaggiore (OR) e s'impossessa di alcune anni.
A partire dal 14 gennaio 1979, Barbagia Rossa mette in atto una “Campagna contro
la militarizzazione del territorio” compiendo numerosi attentati incendiari contro caserme dei carabinieri a Nuoro e dintorni (Lula, Orani).
Nel documento di rivendicazione l'organizzazione si presenta così:
“Barbagia Rossa, in quanto avanguardia politico-militare espressa nel territorio, si fa carico del progetto strategico della lotta armata per il comunismo:
- cercando di superare la fase spontanea ed episodica degli attacchi;
- mirando alla creazione di una organizzazione che sia in grado di intervenire ed operare all'interno di qualsiasi contraddizione, in ogni situazione reale del territorio;
- proponendosi di diventare punto di riferimento politico-militare per tutto il proletariato sardo”.
- Il documento si chiude con un riferimento esplicito all'impostazione delle Brigate Rosse, delle quali vengono raccolte le parole d'ordine.

Il 16 dicembre 1979, in località Sa janna Bassa (Nuoro), i carabinieri sopraggiungono
presso l'ovile di un pastore, nel quale è in corso una riunione di pastori, latitanti e militanti dei movimenti della sinistra sarda. Si scatena un conflitto a fuoco in cui restano uccisi due pastori latitanti: Francesco Masala e Giovanni Mario Bitti.
Nelle tasche di Bitti vengono ritrovati due volantini delle BR. Si tratta delle rivendicazioni degli attentati mortali contro i carabinieri Vittorio Battaglini e Mario Tosa (Genova 21-11-79) e contro i sottufficiali di polizia Michele Granato (Roma 9-11-79) e Domenico Taverna (Roma 27-11-79).
Alcuni degli arrestati in seguito a questa operazione sono noti militanti di sinistra di
varie località della Sardegna.

Il 15 febbraio 1980, a Cagliari, una pattuglia della polizia riconosce due militanti delle Brigate Rosse (Emilia Libèra e Francesco Savasta). Questi ultimi, per sottrarsi all'arresto, ingaggiano un conflitto a fuoco.

Nei giorni seguenti una vasta operazione di polizia porta all'arresto di numerosi militanti della sinistra rivoluzionaria nelle città di Cagliari, Nuoro e Sassari.
I due conflitti a fuoco (quello del 16-12-79 e quello del 15-2-80) e la collocazione politica degli arrestati mostrano che il confronto in corso tra le BR e alcune formazioni della sinistra sarda - iniziato nell'estate del 1979 sulla base di un progetto (mai realizzato) di liberazione dei prigionieri politici dal carcere speciale dell'Asinara - ha fatto, nel frattempo, passi avanti.
Nel febbraio del 1980, a Cagliari ed in altre città della Sardegna, numerosi militanti di sinistra vengono arrestati nel quadro dell'azione repressiva contro le BR sarde e Barbagia Rossa.

Tra il giugno e l'agosto del 1981, Barbagia Rossa intensifica le sue azioni contro la militarizzazione del territorio. Subiscono attentati mortali:
- Nicolino Zidda, operatore della colonia agricola di Mamone (Orune 9-6-81), l'obiettivo dichiarato nella rivendicazione era però un carabiniere che, al momento dell'attentato, stava in sua compagnia;
- Santo Lanzafame, appuntato dei carabinieri (Nuoro 31-7-81) che muore il 6-8-81
nell'ospedale di Cagliari.

Il 23 febbraio 1982, nelle campagne di Nuoro, su indicazione dello stesso Antonio Savasta, passato, nel frattempo, nelle file del “pentitismo”, le forze dell'ordine rinvengono un grande deposito di armi delle Brigate Rosse, la cui custodia era stata affidata a Barbagia Rossa.
Dopo questi eventi la sigla Barbagia Rossa non fa più la sua comparsa.

Per Barbagia Rossa sono state inquisite 28 persone.

PRIMI FUOCHI DI GUERRIGLIA
L’organizzazione Primi Fuochi di Guerriglia si forma alla fine del 1977 attorno al periodico Comunismo per iniziativa di militanti provenienti da vari collettivi dell’autonomia meridionale.
I militanti di questo raggruppamento sono particolarmente interessati a riproporre l’irrisolto storico della questione meridionale nella prospettiva della centralità del mediterraneo.
Per quanto concentrati nel tempo, gli interventi armati dei PFG riguardano un ventaglio piuttosto esteso di obiettivi:
- centro meccanografico della Cassa di Risparmio di Calabria e Lucania (Rende, Cosenza 2-2-78);
- associazioni e strutture industriali: Italsider di Taranto;
- apparati dell'informazione: Centro Rai di Potenza (dicembre 1977);
- caserme dei carabinieri e commissariati di polizia (Napoli 18-12-77).

Il 5 aprile 1978, quattro militanti di PFG vengono arrestati in un appartamento di Licola (NA). Nelle settimane successive un'ondata repressiva setaccia varie città del meridione. In particolare viene setacciato l'ambiente universitario di Cosenza. Molti i fermi e gli arresti.
Di fatto, dopo queste operazioni di polizia, la sigla PFG cessa di esistere.

Negli anni successivi alcuni collettivi dell'autonomia calabrese, che si muovevano nello stesso contesto politico culturale, subiscono processi con l'imputazione di banda annata, processo che si concludono con l’assoluzione degli inquisiti.

Per Primi Fuochi di Guerriglia sono state inquisite 30 persone.

BRIGATE COMUNISTE
Nel marzo del 1973, per iniziativa di alcuni militanti di Potere Operaio, usciti dal convegno di Rosolina dello stesso anno e di altri provenienti da Lotta Continua e dall’autonomia, inizia le pubblicazioni, a Milano, il quindicinale Rosso. Intorno a questa pubblicazione, tra il 1973 ed il 1977, si forma una vasta area di dibattito sia nel nord Italia che nel centro-sud.
Il versante illegale di quest'area di dibattito, tra il 1974 ed il 1977, compie diverse azioni armate, rivendicandole con diverse sigle: Mai più senza fucile, Senza Tregua per il comunismo, Lotta armata per il comunismo. 1
Mai più senza fucile. Dunque: Senza tregua per il comunismo è anche la sigla che ha rivendicato il sabotaggio incendiario Alla International Thelephone and Telegraph Corporation (ITT) di Fizzonasco (Milano 6-11-74) contro “l’attacco alla classe operaia condotto a livello mondiale da questa multinazionale e contro l’appoggio da essa fornito al golpe cileno di Pinochet”.
A partire dal mese di novembre del 1976 si consolida entro questa area una formazione specifica che rivendica le sue azioni con la sigla Brigate Comuniste.
Secondo Marco Barbone, militante della Brigata XXVIII Marzo, che sceglie di collaborare con gli inquirenti, “la formale costituzione delle BC è databile con il sabotaggio delle strutture in costruzione del nuovo carcere di Bergamo (13-2-77)…Quando parlo di passaggio formale alla sigla BC, spiego subito che non è che nel corso di una riunione si sia improvvisamente deciso di adottare questa denominazione, ma intendo riferirmi al momento in cui questa sigla formalmente appare all’esterno, che è quello della devastazione del costruendo carcere di Bergamo”.
Tuttavia, il 1 febbraio 1977 le Brigate Comuniste avevano già compiuto e rivendicato con un documento la devastazione della sede della Face Standard a Milano.
Tra il novembre del 1976 e la primavera del 1977 l’operatività delle Brigate Comuniste raggiunge il suo apice. In questo periodo ad essa vengono attribuite azioni su vari terreni:
- contro il lavoro nero: attentati e irruzioni presso ditte o piccole imprese; “espropri proletari” a supermercati e negozi di abbigliamento;
- contro i centri di spaccio dell’eroina;
- contro stazioni o caserme di vigili urbani e carabinieri e sedi della Democrazia Cristiana;
- contro dirigenti d’azienda;
- contro strutture carcerarie (Avellino, Bergamo e Verbania);
- “espropri” per autofinanziamento.

Nell’estate del 1977, le Brigate Comuniste si dividono in seguito ad una discussione sul modo di intendere l’organizzazione armata. Alcuni militanti danno vita alle Formazioni Comuniste Combattenti. Altri, tra il 1977 ed il 1979, si disperdono in varie organizzazioni: Proletari Armati per il Comunismo, Guerriglia Rossa, Prima Linea.

Per le Brigate Comuniste sono state inquisite 85 persone.

FORMAZIONI COMUNISTE COMBATTENTI
Tra la fine di maggio ed il giugno del 1973, in un convegno a Rosolina (RO) viene decretata la fine del gruppo extraparlamentare Potere Operaio. Alcuni militanti della disciolta organizzazione, unendosi ad altri provenienti da Lotta Continua e dall'area dell’autonomia operaia, nel marzo del 1973 avevano dato vita alla rivista Rosso.
Nell'area di dibattito che, ad un livello illegale, si svolge attorno a questa rivista prendono corpo varie esperienze. Le Brigate Comuniste e l’altra rivista Senza Tregua sono le più consistenti.
Dalle Brigate Comuniste, nell'estate del 1977, si generano le Formazioni Comuniste Combattenti (FCC), le quali si caratterizzano subito per una più marcata scelta della clandestinità.
All'origine le FCC si attestano sulle posizioni organizzative già espresse da Prima Linea. Anch'esse perseguono la costruzione di un esercito proletario, inteso come rete di squadre combattenti territoriali in dialettica con una struttura centrale di direzione.
Tra l'estate del 1977 ed il novembre del 1978 le FCC si diffondono sul territorio nazionale in un intreccio i cui principali poli d'intervento sono: Milano, Varese, Bologna, Roma ed Avellino.
L'esperienza più matura delle FCC al Sud si realizza alla Fiat di Cassino (FR), dove fra il 1976 e il 1977, vengono effettuati due ferimenti di capi operai ed un sabotaggio alla centrale elettrica che causa un black out totale di tre giorni.
Nella sentenza della Corte d'Assise di Roma del 7 luglio 1984 si legge: “Le FCC del sud erano essenzialmente costituite da una rete di operai soprattutto della FIAT di Cassino, da alcuni militanti delle disciolte Formazioni Comuniste Armate, da un gruppo di compagni della zona di Avellino e dai Comitati Operai dei Castelli romani”.

Il 4 Gennaio 1978 alla Fiat di Cassino viene colpito il maggiore dei carabinieri in congedo, e capo dei servizi di sicurezza industriale, Carmine De Rosa.
Il volantino di rivendicazione è firmato Operai Armati per il Comunismo. Questa sigla – una delle tante utilizzate dalla rete delle FCC – viene impiegata solo in questa occasione.
Tra le altre sigle rivestono una certa importanza le Squadre Proletarie Armate (o anche Squadre Armate Proletarie): “organismi autonomi operanti nei comitati operai e nei quartieri con compiti locali di autoarmamento ed autofinanziamento”

La sigla FCC appare per la prima volta il 18 gennaio 1978 nella rivendicazione dell’azione contro il nucleo dei carabinieri in servizio di guardia esterna al carcere speciale di Novara.
Nei primi mesi del 1978, per la convergenza di tesi tra le FCC e Prima Linea si forma un comando nazionale unificato delle due organizzazioni.
Nell'ambito di questa direzione unificata vengono decise alcune campagne d'intervento:
- attentato contro l'abitazione dell'industriale Dante Menarini (Bologna 31-1-78);
- ferimento di una guardia di polizia, Roberto Demartini (Torino 17- 5-78);
- ferimento di Marzio Astarita, direttore della Chemical Banc (Milano 11-5-78);
- ferimento di un capo officina dell'Alfa Sud (Pomigliano d'Arco 22-6-78);
- sabotaggio ad un traliccio dell'Enel (Cassino 26-6-78).

Alcune di queste azioni vengono rivendicate con la sigla Squadre Armate Proletarie (SAP), altre invece vengono rivendicate congiuntamente dalle FCC e da PL.

Nell'estate del 1978, a seguito di divergenti valutazioni politiche sulla campagna Moro e sui rapporti da tenere con le Brigate Rosse, il Comando unificato delle due organizzazioni si scioglie.
Dopo l'estate del 1978, anche le FCC si dividono e, dall'ala più sensibile alle tesi di PL, prende vita il gruppo Reparti Comunisti d'Attacco.
L'8 novembre 1978, a Patrica, Frosinone, in dialettica con le campagne che le BR stanno conducendo, le FCC del Sud attaccano mortalmente il procuratore di Frosinone Fedele Calvosa. Nell'azione rimangono uccisi anche gli agenti di scorta del magistrato - Giuseppe Pagliei e Luciano Rossi - ed il militante delle FCC Roberto Capone.
Nell'area milanese, intanto, alcuni militanti tentano di “Far operare un salto di qualità politico-militare alle Squadre Armate Proletarie”, le quali, in questo periodo, oltre ad alcune azioni di autofinanziamento, compiono diversi attentati contro caserme dei carabinieri e dei Vigili Urbani, giornali, pantere della polizia e centri meccanografici. In particolare:
- caserma dei carabinieri (Sesto Calende 26-12-78);
- redazione de La Prealpina (Varese 29-12-78);
- ferimento di Franco Lombardo, medico del carcere dei Miogni (Varese, 15-1-79).

Con gli arresti del maggio 1979, le FCC e le SAP cessano di esistere. Alcuni militanti prendono la via dell'esilio, altri confluiscono nelle Brigate Rosse, ed altri ancora abbandonano la militanza armata. Un nucleo proveniente dalle Squadre Armate Proletarie, infine, partecipa alla fondazione della Brigata XXVIII Marzo.

Per l’attività delle Formazioni Comuniste Combattenti sono state inquisite 121 persone.

BRIGATA XXVIII MARZO
La Brigata XXVIII Marzo si forma a Milano nel maggio del 1980 sull’onda emotiva suscitata dall’uccisione di quattro militanti delle Brigate Rosse parte dei carabinieri dei Reparti Speciali del gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, avvenuta a Genova, il 28 marzo 1980.
I militanti che danno vita a questo raggruppamento provengono da precedenti esperienze armate. In particolare da Guerriglia Rossa, Formazioni Comuniste Combattenti, e, prima ancora, dal ceppo originario delle Brigate Comuniste.
Loro intenzione dichiarata è quella di costruirsi, attraverso l’azione armata, un certo accredito per entrare in relazione con le Brigate Rosse.
La Brigata XVIII Marzo traduce in intervento armato una elaborazione, già iniziata nella formazione Guerriglia Rossa, sulla funzione manipolativa dei media ed in particolare degli apparati giornalistici.
Due sono le loro azioni principali:
- ferimento di Guido Passalacqua, giornalista del quotidiano La Repubblica (Milano 7-5-80);
- attentato mortale contro Walter Tobagi, editorialista del Corriere della Sera (Milano 25-5-80).

Il 7 ottobre 1980, in seguito all'arresto e alla collaborazione di Marco Barbone, tutti i componenti di questo gruppo armato vengono individuati ed arrestati.

Il 6 aprile 1984 nell’ospedale di Udine, ricoverato d'urgenza dal carcere dove stava scontando la condanna a 28 anni, muore Manfredi De Stefano.

Per l’attività della Brigata XXVIII Marzo sono state inquisite 19 persone

FORMAZIONI COMUNISTE ARMATE
Dopo lo scioglimento di Potere Operaio, avvenuto nel Convegno di Rosolina (RO) del maggio-giugno 1973, alcuni militanti di questa formazione danno vita ai Comitati Comunisti. Tra l'autunno del 1973 e la fine del 1976, il più significativo di essi nell'area romana è il Comitato Comunista di Centocelle (CoCoCe).
Nel 1975, all'interno del CoCoCe, organizzazione politica che opera nella legalità, alcuni militanti, in collegamento con altri loro compagni dei Comitati Comunisti, maturano la decisione di dare vita ad una nuova organizzazione nazionale clandestina: le Formazioni Comuniste Armate.
Inizialmente la nuova formazione opera con varie sigle: Lotta Armata per il Comunismo, Lotta Armata per il Potere Operaio, Lotta Armata per il Potere Proletario, Squadre Proletarie Territoriali.
A partire del novembre dei 1975, con la sigla FCA vengono rivendicate varie azioni:
- attentato contro la centrale della Sip, all'Eur (Roma 4-11-75);
- attentato alla Texaco Oil Company (Firenze, 14-4-76);
- ferimento di Giovanni Theodoli, presidente dell'Unione Petrolifera Italiana e della Chevron Oil Italia (Roma 21-4-76);
- attentato contro la cineteca della Rai di via Teulada (Roma 29-5-76).

Con la nascita della colonna romana delle Brigate Rosse, a partire dalla seconda metà del 1975, si apre anche nelle FCA un dibattito sui rapporti tra le due organizzazioni.

Tra la fine del 1975 e la primavera del 1976, alcuni militanti delle FCA di Torino e di Roma escono dalla loro organizzazione per confluire nelle Brigate Rosse.

La storia delle FCA si conclude nella seconda metà del 1976. A seguito dello scioglimento, alcuni militanti, a Roma, danno vita ai Comitati Comunisti Rivoluzionari, altri confluiscono nelle Brigate Rosse ed altri ancora partecipano alla fondazione delle Unità Comuniste Combattenti.

A Roma, almeno in una occasione, le Formazioni Comuniste Armate, hanno rivendicato le loro azioni con la sigla FAC (Formazioni Armate Comuniste). Ciò è rivelato negli atti del primo “processo Moro”.

Per le Formazioni Comuniste Armate sono state inquisite 21 persone.

COMITATI COMUNISTI RIVOLUZIONARI (Co.Co.Ri)
I Comitati Comunisti Rivoluzionari (CoCoRi) si formano a Milano nell’autunno del 1976 nel contesto dei Comitati Comunisti per il Potere Operaio e di alcuni altri comitati autonomi di fabbrica (Comitato Operaio Marelli, Comitato Operaio Falk) e di quartiere. L’area di riferimento politico-culturale è quella che negli anni precedenti gravitava intorno alle riviste Linea di Condotta (1975) e Senza Tregua (1975-1978).
Almeno in un primo periodo, i CoCoRi si muovono sul terreno dell’intervento politico legale.
Tuttavia, secondo la sentenza-ordinanza di rinvio a giudizio del 16 luglio 1983 del Tribunale penale di Milano, ad essi fanno riferimento molti nuclei armati che rivendicano i loro attacchi con sigle diverse, le più ricorrenti delle quali sono:
- Nuclei Combattenti per il Comunismo (Padova);
- Combattenti per il comunismo;
- Nuclei armati per il Contropotere Territoriale;
- Gruppi di Fuoco;
- Guardia Proletaria Territoriale;
- Squadre comuniste Territoriali (Padova);
- Proletari Organizzati per il Comunismo.

A Torino, il 19 giugno 1976, il ferimento di Paolo Fossat, capo reparto alla Fiat Rivalta, rivendicato con la sigla Guerra di Classe per il Comunismo, segna l'inizio dell'intervento dei CoCoRi nelle fabbriche torinesi.

A Milano la prima azione riconducibile al CoCoRi è il ferimento di Valerio De Marco, capo del personale della Leyland Innocenti (11-11-75), rivendicato con la sigla Per il potere proletario armato: guerra di classe.

Nei primi mesi del 1976, sempre a Milano, ai CoCoRi vengono attribuiti:

- il ferimento del dirigente della Philco di Brembate, Dietrich Ercher (26-3-76), rivendicato con la sigla Lotta Armata per il Comunismo;
- il ferimento del capo della sorveglianza della Magneti Marelli, Matteo Palmieri (2-4-76).

Negli anni successivi, a Milano, i CoCoRi compiono numerose rapine e conducono varie campagne:
- contro il lavoro nero;
- contro lo spaccio dell'eroina;
- per la casa.

Il 9 giugno 1978, una rapina in una banca di Lissone, si conclude con la morte del militante Francesco Giuri.

Nella campagna contro la repressione i CoCoRi rivendicano, inoltre:
- l'attentato con esplosivo contro la costruenda caserma dei carabinieri di Concorezzo (Milano 1-12-78).
- l'incendio dell'autoparco dell'istituto di vigilanza “Cittadini dell'Ordine” (Milano 25-7-78).

Il 23 febbraio 1979, a Barzanò (CO), nel corso di un’altra rapina compiuta dai CoCoRi, resta uccisa la guardia giurata Rosario Scalia.

Nel Veneto, tra la fine del 1976 ed i primi mesi del 1979, i CoCoRi hanno operato prevalentemente a Padova. Oltre ad “azioni di esproprio” (anni e denaro), essi hanno rivendicato il ferimento del prof. Ezio Riondato, docente di Filosofia morale alla facoltà di Lettere e presidente, democristiano, della Cassa di Risparmio (Padova 22-4-78).

I CoCoRi, a Roma, si formano all'inizio del 1978 sulle ceneri dei Comitati Comunisti Romani (CoCoRo), i quali, a loro volta, si erano formati nell'autunno successivo allo scioglimento di Potere Operaio (1973) e, tra i quali, era stato particolarmente attivo, almeno fino al 1975, il Comitato Comunista Centocelle (CoCoCe), poi in gran parte confluito nelle Formazioni Comuniste Armate o nelle Brigate Rosse.
Secondo un militante “pentito” di Prima Linea, i Comitati Comunisti Romani, tra il 1976 ed il 1978, rivendicavano le loro iniziative con la sigla Comitati Comunisti per la Dittatura Proletaria.
I CoCoRi romani hanno operato prevalentemente nei quartieri Tiburtino, Roma-Sud, Roma-Nord.
Nel luglio del 1978 essi tengono una conferenza di organizzazione a Lanuvio (Roma), in cui, secondo una testimonianza, si decide: “che gli apparati legali dei CoCoRi vengano sciolti e tutta l'attività venga svolta a livello illegale, come già avveniva di fatto a Milano e Padova”.
Lo scioglimento formale della rete nazionale dei CoCoRi viene comunque deciso a Milano nel dicembre del 1978.

Successivamente, alcuni ex militanti di questa organizzazione, firmandosi Proletari Organizzati per il Comunismo, tra l'inizio del 1979 e i primi mesi del 1980, si dedicano principalmente ad “attività di esproprio” (rapine).

Secondo una testimonianza, nella prima metà del 1980, tra gli aderenti ai Proletari Organizzati per il Comunismo: “si pone il problema se e come proseguire. La questione era entrare in Prima Linea oppure sciogliersi. Siccome lì nessuno aveva esperienza, nessuno ci teneva ad entrare in PL, il gruppo si è sfasciato».
Prevale quindi la posizione di restare fuori da PL e proseguire nella pratica degli espropri.

In alcuni procedimenti giudiziari questa ultima tendenza viene accomunata al raggruppamento informale - che comprende anche alcuni ex militanti dei Proletari Armati per il Comunismo - noto come Rapinatori Comunisti.
In sede giudiziaria è a questi ultimi che viene attribuito il tentato disarmo del 18 dicembre 1980, a Zinasco (PV), conclusosi con la morte della guardia giurata Alfio Zappalà.

Per i Comitati Comunisti Rivoluzionari sono state inquisite 92 persone

UNITA’ COMUNISTE COMBATTENTI
Intorno alla metà del 1976, in seguito allo scioglimento delle Formazioni Comuniste Armate (FCA), alcuni militanti provenienti da queste ultime, collegandosi ad altri provenienti dall'area della rivista Senza Tregua e dal Collettivo Campo dei Fiori di Firenze, danno vita alle Unità Comuniste Combattenti.
Secondo un militante “pentito” di Prima Linea: “Nei mesi dell'estate del 1976, dall'area facente capo alle Formazioni Comuniste Armate, si verifica un'altra scissione dalla quale nascono le Unità Comuniste Combattenti. In questo nuovo gruppo entrano militanti che facevano parte delle strutture militari dell'area politica delle FCA , dei Comitati Comunisti per il Potere Operaio e di Linea di Condotta. Ciò a Milano, Firenze e Roma, ma non a Torino. Di fatto, a Roma, per effetto di tale scissione, l'area dei Comitati Comunisti per il Potere Operaio scompare”.

Le UCC sviluppano la loro maggior presenza tra l'estate 1976 e l'estate 1977. Loro obiettivi privilegiati sono gli “strumenti del comando capitalistico sul lavoro” e le organizzazioni industriali della piccola e media impresa, alle quali viene attribuita una grande responsabilità nella formazione e nella gestione del mercato del lavoro nero.
Tra gli “strumenti”, nelle loro azioni come nei loro documenti, occupano un posto di rilievo i calcolatori elettronici, definiti: “la più alta concentrazione della intelligenza del comando economico e politico del capitale sul lavoro”.
Le UCC hanno mostrato una certa attenzione anche alle implicazioni dello sviluppo industriale in relazione al proletariato meridionale.
Tra le principali azioni rivendicate:
- sequestro del commerciante di carni Giuseppe Ambrosio (Roma 14-6-76);
- aggressione all'onorevole Di Giesi del PSDI (errore di persona, essendo, il vero obiettivo, un altro onorevole del PSDI) (Roma 10-11-76);
- sabotaggio del centro di calcolo Datamont, della Montedison (Milano 19-12-76);
- ferimento del direttore generale del Poligrafico dello Stato, Vittorio Morgera (contro il lavoro nero dei carcerati) (Roma 29-3-77);
- irruzione negli uffici della Tecnotessile. Viene incendiato il laboratorio d'analisi (Prato (FI) 29-3-77);
- irruzione alla sede dell'Associazione fiorentina delle piccole e medie industrie (Firenze 29-3-77);
- irruzione al Centro di Calcolo dell'università (Roma 10-6-77);
- perquisizione e danneggiamento della sede dell'Intersind (Palermo 1-7-77).
A partire dal luglio del 1977 le UCC subiscono un processo di frantumazione irreversibile. Per un certo periodo la sigla viene contesa da gruppi diversi che tuttavia si dedicano esclusivamente ad attività di autofinanziamento.
Successivamente alcuni militanti abbandonano l'organizzazione e chiudono la loro esperienza armata, mentre altri confluiscono in Prima Linea.
Formalmente, secondo la testimonianza processuale di un loro militante, le UCC cessano di esistere nel febbraio del 1979. I giudici, tuttavia, contesteranno la banda armata fino al dicembre del 1979. Per attività svolte nelle città di Alessandria e Napoli. A Milano, inoltre, verrà istruito un procedimento nel 1985, connettendolo a questa sigla, in base alle dichiarazioni di un militante “pentito”.
In Toscana – a Firenze e a Sesto Fiorentino – alcune azioni dell’area UCC contro agenzie immobiliari vengono rivendicate con la sigla Reparti Comunisti di Combattimento.

Per l’attività delle Unità Comuniste Combattenti sono state inquisite 102 persone.

MOVIMENTO COMUNISTA RIVOLUZIONARIO
Il Movimento Comunista Rivoluzionario (MCR) fa la sua comparsa nell'inverno del 1979 con la rivendicazione di alcune azioni armate nel contesto delle “lotte per la casa”.
Prima azione del MCR è l'incursione all’Unione Piccoli Proprietari Immobiliari, nel mese di novembre del 1979, a Roma. Seguono:
- l'incursione nella sede immobiliare di Settimio Imperi, che subisce una gogna e viene ferito alle gambe (22-12-79);
- attentati incendiari contro autovetture e beni di speculatori immobiliari;
- l'incursione nella sede dell'Immobiliare di Colombo Masi, il quale evita la distruzione dell'ufficio in cambio della promessa, poi mantenuta, di affittare e non vendere immobili di sua proprietà;

Alla fine del mese di febbraio del 1979, in seguito a contrasti politici, alcuni militanti (tra cui Valerio Morucci e Adriana Faranda) si staccano dalle Brigate Rosse. La loro posizione viene esposta nel documento “Fase: passato, presente e futuro". Gli stessi, tra febbraio e marzo del 1979, assieme ad alcuni ex militanti dei Comitati Comunisti Rivoluzionari, delle Formazioni Comuniste Armate e dell’area dell’Autonomia operaia, danno vita al Movimento Comunista Combattente, formazione,che poco dopo confluisce nell’MCR.

Nell’aprile del 1979, a seguito degli arresti subiti dall'organizzazione, alcuni militanti rimasti privi di strutture di riferimento, formano un proprio raggruppamento. Il quale si renderà responsabile:
- dell’irruzione alla società immobiliare Gabetti (Roma 25-11-79);
- di un tentativo di incendio di auto dei carabinieri in una officina di Via Casilina (Roma, gennaio 1980).

Le posizioni di questo raggruppamento sono esposte nel documento “Comunicato n.1 dei Nuclei per la costituzione del Movimento Comunista Rivoluzionario”.

Nel luglio del 1980, in una conferenza d’organizzazione svoltasi a Roma, l’MCR decide di articolare la sua struttura organizzativa su tre fronti: carcerario, lavoro di massa sul territorio, propaganda. In questa circostanza viene elaborato il documento “Il linguaggio e la prassi”.

Il 13 novembre 1980, dopo una rapina alla Cassa Rurale di Civitella Alfedena, in provincia dell'Aquila, alcuni militanti di questa formazione incappano in un posto di blocco nei pressi di Cassino. Segue uno scontro a fuoco in cui restano uccisi Claudio Pallone e Arnaldo Fausto Genoino. Questo episodio segna di fatto la fine del Movimento Comunista Rivoluzionario.

Per l’attività del Movimento Comunista Rivoluzionario sono state inquisite 67 persone.

SQUADRE PROLETARIE DI COMBATTIMENTO
Le Squadre Proletarie di Combattimento si formano a Milano nell'ambito del Movimento del 77 e in dialettica con l’esperienza armata di Prima Linea, ma con una propria autonomia politico-organizzativa.
Questa formazione si è mossa fondamentalmente su due terreni: il sabotaggio del prodotto industriale finito; la lotta contro gli spacciatori di eroina.
“Noi attacchiamo il prodotto finito perché ciò significa manifestare concretamente un atteggiamento di rifiuto non solo della produzione, ma del prodotto in generale”.

A partire da questa impostazione le squadre, a Milano, rivendicano vari attentati incendiari contro vetture dell’Alfa Romeo, in appoggio alle lotte operaie contro i sabati lavorativi.

Nella lotta contro gli spacciatori di eroina, le Squadre hanno colpito con ordigni incendiari vari locali pubblici, ritenuti centri di spaccio. In questo contesto esse hanno rivendicato anche l’attentato mortale contro Giampiero Grandi (Milano 7-11-78), indicato come spacciatore.

PROLETARI ARMATI PER IL COMUNISMO
Negli ultimi mesi del 1977, sulla scia del forte movimento autonomo di lotta che in quell'anno aveva attraversato il paese, e di fronte alla nuova realtà delle carceri speciali, nel quadro del dibattito sollecitato e promosso dalla rivista Senza Galere, si formano i Proletari Armati per il Comunismo.
Essi esordiscono con alcuni “espropri” di anni e denaro. Seguono azioni:
- ferimento di Diego Fava, medico Inam preposto alle visite fiscali: a “sostegno dell'assenteismo operaio” (Milano 8-5-78);
- sabotaggi di autovetture AlfaRomeo: in appoggio “alle lotte contro i sabati lavorativi” (Milano 30-6-78).

Orientamento portante dei PAC è l'esercizio di contropotere armato contro le strutture e il personale carcerario. In questa prospettiva s'inquadrano:
- il ferimento di Giorgio Rossanigo, medico del carcere di Novara (6-5-78);
- il ferimento di Arturo Nigro, agente di custodia presso il carcere di Verona (24-10-78).

Il 6 giugno 1978 i PAC attuano un attentato mortale contro Antonio Santoro, maresciallo comandante degli Agenti di Custodia del carcere di Udine. Nel documento di rivendicazione si legge: “Per costringerci allo sfruttamento del lavoro nero e diffuso, lo stato agita il carcere a minaccia di ogni forma di dissenso, procacciamento di reddito in altro modo, di offensiva di classe. E per riacquistare il controllo sulle carceri, sconvolte dall’insubordinazione dei proletari prigionieri, isola lo strato più combattivo in una condizione speciale (campi, sezioni, transiti) che significa annientamento. Dobbiamo stroncare il progetto. Rafforzando la nostra pratica comunista, concretandola in organizzazione stabile ed espansiva, in armamento, in contropotere”.

Altro orientamento basilare dei PAC è la rappresaglia contro coloro che nei quartieri, in qualsiasi modo, collaborano con le forze dell’ordine o si ergono a giustizieri. In questo contesto essi portano a compimento, oltre ad alcune azioni minori a Milano e in Veneto, due attentati mortali:
- Lino Sabbadin, (Santa Maria di Sala, VE 16-2.79);
- Luigi Pietro Torregiani (Milano 16-2-79)
Si tratta rispettivamente di un macellaio e di un orefice che nei mesi precedenti “si erano fatti giustizia da sé”, uccidendo due rapinatori.
In seguito a questi due omicidi la polizia di Milano esegue una grande retata nel quartiere della Barona e moti degli arrestati subiscono pressioni, pestaggi e torture. Di ciò vi è traccia nelle denunce penali dei torturati e nelle perizie ordinate dalla procura di Milano. Anche se l'8 maggio1980 l'istruttoria verrà archiviata.
In risposta all'operazione di polizia e alle violenze esercitate sugli arrestati – peraltro scarcerati per assenza d'indizi nelle settimane successive - i PAC, il 19 aprile 1979, a Milano, uccidono Andrea Campagna, agente della Digos.
Di fatto questa e l'ultima loro azione poiché, nei mesi successivi, in seguito all'arresto o all’individuazione della maggior parte dei loro militanti, i Proletari Armati per il Comunismo cessano di esistere.
Nel corso del 1979, alcuni militanti dei PAC confluiscono in Prima Linea, mentre altri danno vita ad un raggruppamento dedito “agli espropri” genericamente chiamato Rapinatori comunisti.

AZIONE RIVOLUZIONARIA
Nel 1977, militanti dell'area anarco-libertaria, prendendo atto dei “caratteri di forza” espressi in particolare del Movimento del '77 e facendo riferimento alle elaborazioni culturali del situazionismo e della Rote Armee Fraktion (RAF), danno vita all’organizzazione armata Azione Rivoluzionaria.
Le tesi politiche generali di questo raggruppamento sono esposte in “Primo documento teorico”, gennaio 1978.
L'impostazione organizzativa fondante di Azione Rivoluzionaria è quella dei “gruppi di affinità”: “dove i legami tradizionali sono rimpiazzati da rapporti profondamente simpatetici, contraddistinti da un massimo di intimità, conoscenza, fiducia reciproca fra i loro membri”.
In tale impostazione s'inquadra anche la costituzione di “gruppi d'affinità femministi”, con una propria produzione teorica ed una propria autonomia operativa.
Uno dei primi interventi di Azione Rivoluzionaria è il ferimento del medico del carcere di Pisa, Alberto Mammoli (Pisa 30-3-77).
Il documento di rivendicazione fa riferimento alla morte dell'anarchico Franco Serantini (Pisa 5-5-72) a seguito delle percosse subite in Questura al momento dell'arresto e non curate dai dirigenti sanitari del carcere.
Tra marzo e settembre del 1977 Azione Rivoluzionaria sviluppa la sua presenza in Lombardia, Piemonte, Toscana e Liguria.
Con un ordigno esplosivo contro la sede torinese del quotidiano La Stampa (17-9-77) ed il ferimento intenzionale di Nino Ferrero, giornalista del quotidiano L'Unità (18 9-77), Azione Rivoluzionaria dà avvio ad una campagna nazionale contro “le tecniche di manipolazione finalizzate al consenso” messe in atto dai grandi media.
In particolare il quotidiano La Stampa viene colpito per la gestione che ha fatto delle notizie relative alla morte, avvenuta a Torino il 4 agosto 1977, di Aldo Marin Pinones ed Attilio Di Napoli, due militanti dell’organizzazione.
Questa campagna prosegue nel 1978 con l'attentato agli uffici amministrativi del Corriere della Sera (Milano 24-2-78) e alla redazione di Aosta della Gazzetta dei Popolo (Aosta 29-7-78).
Il 19 ottobre 1977, a Livorno, un gruppo di Azione Rivoluzionaria tenta di sequestrare l'armatore Tito Neri. Il sequestro fallisce e i militanti vengono arrestati.
Nell'aprile del 1978 AR fa la sua comparsa anche a Roma, collocando tre ordigni esplosivi contro la sede del Banco di Roma, il concessionario della Ferrari e un autosalone di via Togliatti.
Nel giugno del 1978 Azione Rivoluzionaria firma, ad Aosta, un attentato contro la sede della Democrazia Cristiana. Nella rivendicazione essa chiede che venga “revocato il permesso concesso al Movimento Sociale Italiano di continuare a parlare nella piazza di Aosta” (18 e 19-6-78).
Le tesi generali di AR vengono ampiamente esposte nel documento “Appunti per una discussione interna ed esterna”, redatto nell’estate del 1978.
Al processo che si tiene a Livorno fra il giugno del 1979 ed il luglio del 1981 alcuni militanti di Azione Rivoluzionaria presentano un documento in cui viene ufficialmente annunciato l'autodissolvimento della loro organizzazione.
Il 4 ottobre 1979, nel corso di un processo che si svolge a Torino, alcuni militanti dell’organizzazione ricordano in un documento Salvatore Cinieri, ucciso nel carcere di Torino da un detenuto comune il 27 del mese precedente.
L'11 aprile 1981, mentre muore di tumore nel carcere di Vignola, Gianfranco Faina, ritenuto il fondatore di Azione Rivoluzionaria.
Dopo lo scioglimento dell’organizzazione, alcuni militanti confluiscono in Prima Linea.

Per l’attività di Azione Rivoluzionaria sono state inquisite 88 persone.

LOTTA ARMATA PER IL COMUNISMO
“Lotta Armata per il Comunismo” è una parola d'ordine generale lanciata nei primi anni '70 ed utilizzata indifferentemente da moltissimi nuclei autonomi o anche da organizzazioni armate con una propria specifica denominazione quali, ad esempio, le Brigate Rosse o Prima Linea.
Essa infatti, in qualche modo, ha delineato un orizzonte comune. Questa è la ragione per cui molte iniziative rivendicate con la sigla Lotta Armata per il Comunismo negli atti processuali risultano attribuite a raggruppamenti di diversa impostazione politica. A titolo di esempio elenchiamo alcune azioni di diversa ispirazione rivendicate con questa sigla:
- attentati incendiari contro le auto di dirigenti industriali (Milano 30-9-74);
- attentati incendiari contro auto di professori delle scuole superiori (Milano 20-2 75);
- attentato contro una sede del Movimento Sociale Italiano, in cui muore l'attivista di destra Mario Zicchieri (Roma 29-10-75);
- attentato incendiario contro un Commissariato di polizia a Porta Genova (Milano 8-4-76);
- ferimento del direttore della Philco-Bosch, Henrik Henkev (Brembate, Bergamo 26-3-76);
- attentato con esplosivo al ripetitore TV di Radio Montecarlo (Lucca 15-8-77);
- attentato esplosivo contro il palazzo di Giustizia (Lucca 15-10-77);
- attentato mortale contro il notaio Gianfranco Spighi (Prato 7-2-78). La denominazione integrale del gruppo che ha rivendicato quest'ultima azione è Lotta Armata per il Comunismo "Dante di Nanni".