Francesco Carducci, pittore autodidatta (ca. 1860 - ?)

 

A Carducci Francesco Foto

“Francesco Carducci, detto Cecco della Teresina, … nacque a Sassetta attorno al 1860. I soliti saputi sostenevano che era cugino del Carducci Giosuè; ma si trattava di un’affermazione del tutto gratuita, basandosi essa esclusivamente sul fatto che un nipote di Cecco, figliolo d’una sorella maggiore, un professore di lettere che insegnava a Pisa e portava la barba, sembrava il Carducci, spiccicato. Magari dello stesso ceppo, il Carducci e Cecco della Teresina, saranno anche stati. Non si poteva affermarlo e non si poteva negarlo. Però non erano cugini; e per la grande maggioranza Francesco Carducci rimase sempre Cecco della Teresina e basta. Campava la vita facendo l’imbianchino. Ma, pittore nel sangue, le sue ore disponibili le passava tutte a dipingere e a studiar pittura per conto proprio. Vi dirò, anzi, che essendosi messo a far ritratti ad olio a questo e a quello, salì ben presto in buona fama nei dintorni e, alla fine, anche questa sua intima e connaturata attività cominciò a rendergli discretamente. Quanto al Carducci Cecco non se ne curò mai, né punto né poco. E gli sarebbe anche stato facile accostarlo, amando il Poeta ritornare di tanto in tanto a far ribotte coi suoi vecchi amici d’infanzia a Bolgheri e Castagneto, come dire a due passi da Sassetta. Ma Cecco era quello che era e non solo rigettò, sdegnato e offeso, l’idea -suggeritagli da qualcuno- d’andare a dipingere i cipressi di S.Guido e farne poi un grazioso omaggio al suo “grande cugino”; ma si rinchiuse, addirittura, in casa a quattro mandate, quando gli dissero che il Carducci, al quale avevano parlato di lui, s’era mostrato desideroso di conoscerlo.” (da un racconto di Amerigo Venanti)

A quei “ritratti ad olio”, il nostro Circolo Culturale dedicò nel 1987 una retrospettiva, volendo così omaggiare il pittore; “potremmo parlare di un’interessante operazione archeologico-culturale, potremmo entrare nei meriti specifici pittorici del Carducci. Volutamente non lo facciamo. Lasciamo la scoperta, la lettura delle sue opere (tutti ritratti di un lontano passato sassetano) a chi visiterà la mostra, raccolta e resa possibile solo grazie al generoso prestito di chi le opere di Francesco Carducci teneva in casa, appese a una parete. Il valore primo di questa iniziativa sta proprio nell’averla realizzata.Era ora, diciamo. Perché che il pittore esistesse, che i quadri li avesse fatti, tanti sassetani specie i più maturi- lo sapevano. Oggi queste tele –non molte perché la produzione del Carducci non è stata abbondante- finalmente sono riunite e presentate a tutti. Escono dall’antica penombra delle case di Sassetta, finiscono sottole luci di una rivalutazione che non sappiamo se Cecco, visto il suo carattere schivo ma anche impetuoso, avrebbe poi tanto gradito. E’ un rischio che volgiamo correre perché crediamo che Francesco Carducci lo meriti e pensiamo che egli avrebbe, alla fine, compreso il perché doveva essere ricordato. Sul retro di una tela, di suo pugno e certo di getto, con tanta rabbia in petto, forse come dedica o sfogo, Francesco Carducci scrisse (pittore ma anche poeta!) testualmente: dalla tomba di un disgraziato sepolto vivo dalla miseria in mezzo ai boschi di Sassetta. Ebbene: il senso e la speranza di questa mostra rievocativa sono anche tesi a modificare e mitigare,a distanza di tanti anni, questa amara realtà di vita di Francesco Carducci detto Cecco, pittore sassetano.” (dalla presentazione della mostra, di Gianni Gorini)

 

Sassetani illustri

 

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