Emilio Agostini

 

Agostini

Emilio Agostini

Sassetta, 5 maggio 1874

Rio Elba, 11 luglio 1941

Un giovane timido, modesto, di poche parole,  col volto illuminato quando parlava da un sorriso buono ed  intelligente, entusiasta del mare e della campagna. Era proprio Emilio Agostini, nato alla Sassetta, villaggio della Maremma, allora noto soltanto ad un cenacoletto di giovanissimi toscani che s’era formato a Pisa fra studenti …”

Così Diego Garoglio lo presenta nella prefazione a “Lumiere di Sabbio”, l’opera autobiografica nella quale lo scrittore descrive la vita e le armonie più segrete di Sassetta. Celestino Giorgerini dice di lui, il 19 maggio 1967: “poeta purtroppo quasi dimenticato, è stato il delicato cantore di Sassetta … oggi ben pochi conoscono l’opera dell’Agostini, anche se nella biblioteca di qualche vecchia casa è ancora possibile trovare suoi libri … egli occupa di diritto un posto di tutto rilievo nella storia della Sassetta, perché è senz’altro il cittadino più illustre di questa generosa terra, avendo saputo, meglio di ogni altro, interpretare i sentimenti della sua gente e descrivere l’incanto della sua selvaggia natura …”[1]

Dal 1894 al 1898 Emilio Agostini frequentò la facoltà di farmacia dell’università di Pisa, ma buona parte del suo tempo veniva dedicata alla poesia e a lunghe dispute letterarie in un cenacolo dove gli amici presero a chiamarlo “Tigrino” per via del Carducci e della sua poesia “Faida di Comune” in cui compare “Tigrin della Sassetta, faccia ed anima cattiva”: e lui accettava divertito di esser dipinto con quei truci panni che pure erano la sua antitesi.

Non appena laureato, fu farmacista fino al 1903 a Castagneto (oggi Castagneto Carducci); in seguito, si trasferì alla farmacia dell’Ospedale di Orbetello e successivamente a quelle di Albano e Velletri; infine, a Rio Elba, dove gli morì la prima moglie –la cugina Adelaide Sbragia. Allora Emilio sposò la castagnetana Argia Malenotti, di ben ventitre anni più giovane di lui. Dopo il matrimonio ed una breve parentesi fiorentina, sempre diviso fra farmaceutica e poesia, e spesso in contrasto con il regime dal quale fu censurato e perfino processato, rimase sempre a Rio Elba dove morì l’11 luglio 1941.[2]

Il suo primo lavoro fu “Lontani Sorrisi”, una serie di liriche pubblicate dall’editore Ortalli di Livorno nel 1898; due anni dopo, l’editore Belforti di Livorno pubblicò “Inno a Roma” e, sempre a Livorno, l’editore Giusti promosse la prima edizione dl “Lumiere di Sabbio”. Eravamo nel 1902 e, con questo libro, l’Agostini incontrò la fama e la critica favorevole che lo collocarono nel ristretto gruppo degli intellettuali più seguiti e citati d’Italia. “Lumiere di Sabbio”, che rimane il suo capolavoro, fu poi rieditato nel 1911 dalla Marzocco di Firenze, col titolo “Ricordi d’Infanzia”, e raggiunse una tiratura di 15.000 copie che, anche oggi, rappresentano una quotazione ambita dagli scrittori moderni: un autentico best-seller, potremmo dire.

Nel frattempo, aveva pubblicato una serie di liriche raccolte nel volume “Maremma” edite da Ortalli nel 1904 e “Venti Salmastri” edito dalla Riviera Ligure di Oneglia, nel 1909. A questo proposito, Ettore Cozzani scrisse testualmente: “… qui mi tuffo, ormai assetato di conoscere il profondo mistero di questo spirito: e, via via che svolgo le pagine, la prima sensazione si fa più forte, più lucida: ma qui c’è un gigante! E nessuno lo sa? …” Il Cozzani gli scrisse numerose volte con l’evidente scopo di averlo fra i collaboratori della sua rivista, ma l’Agostini rifiutò con un’amara lettera che così si conclude: “ … non manderò più nulla; tacerò, lavorerò in silenzio: fra dieci anni o io avrò raggiunto quel che anelo, e pubblicherò la parte migliore di ciò che avrò fatto; o brucerò tutto, e addio.”

Sempre il Cozzani ci racconta che, dopo un’attesa di dieci anni, il poeta “… ancora scontento di sé, scontroso, serrato … concede che si cominci la pubblicazione delle sue liriche “; usciranno allora i “Canti dell'Ombra” e nel 1939 i “Canti della Luce”; fra queste due “colonne trionfali“ si dovevano inserire una raccolta di novelle dal titolo “Terre Selvatiche”, i versi di “Epistole ad sodales” ed il romanzo “Gervasio” , che non uscirono per la sopravvenuta morte. Per completare il quadro delle sue opere rimane da ricordare “Rami di Quercia” uscito per Marzocco nel 1911 e, sempre per Marzocco, l’ “Ode al Compagno Caduto” del 1906.[3]

L'Agostini più che scrittore fu poeta. Non venne subito apprezzato dal Carducci e ciò gli recò grande dolore ispirandosi proprio a lui, ma, ebbe gli elogi del Pascoli e del D'Annunzio. Egli ha saputo scavare nell'anima dei suoi concittadini, dei ragazzi come lui divenuti uomini dentro il paese. Un poeta finissimo della sua terra, la quale non è stata molto riconoscente verso la sua opera, che può apparire struggente nostalgia di un tempo che fu rifulgendo in decine di pagine splendide che costituiscono la più bella descrizione del borgo. Sassetta, allora, non appare più un "nido di uccelli rapaci", ma abitata da uomini e donne vivi nei loro sentimenti, animati da un fine civile ed estetico. Piccoli quadri della natura, del paesaggio, delle persone che, proiettati nella Sassetta odierna, sono spaesati, quasi fuori scena, tali, nell'apparire così rarefatti, da lasciare il sospetto, a chi li ritrova in queste pagine, così sodi e veri, che siano solo una pura invenzione poetica. Una lunga sequela di vocaboli ormai in disuso colti nel momento che sono pronunciati e per questo degli di essere ripresi come momento filologico ed antropologico. Uno scrittore pieno di vita, ottimista per natura e profondamente umano che appartiene alla famiglia degli artisti toscani, al Fattori, al Fucini per intenderci, fra i pochi ad uscir fuori dai canoni classici del tempo usando abbondantemente il linguaggio popolare, descrivendo l'ambiente sociale e naturale quasi appartenesse alla schiera dei veristi.

 

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[1] Gianfranco Benedettini, “Sassetta, un paese della Maremma”, ed. Comune di Sassetta 1985, pag. 111

[2] Luciano Bezzini, “Antologia Castagnetana”, 1990, pag. 68

[3] Gianfranco Benedettini, “Vita ed Opera di Emilio Agostini”, ed. Circolo Culturale, 1987