Il Frate nel Castello
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a suggestiva immagine di un frate
–sovrastato da quello che pare proprio un diavolo- compare oggi
misteriosamente, non visibile ad occhio nudo ma solo tramite strumenti meccanici
- fotocamere o videocamere - sulle mura dell’antico Castello di Sassetta, al di fuori dell’ingresso principale, circa a
metà della discesa cosiddetta dell’Insedici.
Foto di Vittorio Gazzarri
Non si
trovano collegamenti effettivi, ma è suggestivo ricordare una antichissima
vicenda sassetana
L’ERETICA FRITTELLA
F.Cavalli in L’Unicorno, rivista di cultura medievale
dell’Accademia Jaufrè Rudel, 1993
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ell’anno del Signore 1361 il frate Antonio da San
Miniato, minorita, professore di Teologia ed inquisitore in Toscana contro
l’eretica pravità, compare nella Diocesi di Siena a presiedere un processo
contro il presbitero Paolo del quondam Andrea da Corsica, cappellano della
chiesa di Sassetta nel territorio pisano
(Archivio di Stato di Siena, Uffici
Ecclesiastici, 354. Pubbl. da P. Piccolomini, Documenti senesi
sull'Inquisizione, in Bull. Senese di Storia Patria, vol. XV, 1908, pp.
232-235.)
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e accuse contro il presbitero che
frate Antonio deve giudicare sono le seguenti: “... Item, in eo et super eo quos a xviii annis
circa existens dictu presbite Paulus in pluribus terris dicte provincie Tuscie
et Corsice, et maxime in terre Campiglie, iurisdictionis Senarum, fecit multas
varias et diversas malias ad habendum mulieres cum pipere et sale, videlicet
ponendo dictum piper et salem in ignem et dicendo: così arda il cuore di Monna
cotale come fa questo pepe e questo sale nel mio amore, et faciendo etiam alias
malias et facturias ad habendum pro se et aliis mulieres, videlicet scribendo
multa nomina demonum super foleis pervenche et lauri, et ipsa folea incantando
cum nominibus demonum, videlicet in hac Balzabut, Babul et Baldasar, et faciendo de dictis erbis
frictellas, et dando conmedere fritellas mulieribus quas
octabat habere ...”
(... da diciotto anni circa il detto
presbitero Paolo in più e diverse parti della Toscana e della Corsica e
soprattutto in Campiglia, giurisdizione di Siena, compie molte e diverse malìe
onde possedere le donne col metodo del pepe e del sale, cioè ponendo detto pepe
e sale nel fuoco e dicendo: “così arda il cuore di Monna cotale come fa questo
pepe e questo sale nel mio amore”, e facendo inoltre altre malìe e fatture per
procacciare a sé e ad altri l’amore
delle femmine scrivendo il nome di molti diavoli su foglie di pervinca o di
lauro, ed incantando dette foglie con nomi di demoni, come Belzebù, Babul e
Baldasar, e facendo di dette foglie frittelle, e dando da mangiare esse frittelle alle donne da concupire ... )
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e accuse sono molte altre ancora, ma
sempre da imputare alla diabolica libidine di questo prete. Reo confesso, il
presbitero Paolo viene condannato a pubblica abiura, a portare la veste del
penitente, oltreché ad essere allontanato dai privilegi ecclesiastici e
allontanato dalla celebrazione della Messa. Inoltre viene condannato ad un
periodo di carcere per espiazione delle colpe temporali. Correva il giorno nove
del mese di maggio del 1361, presenti ser Giovanni Donati, Frate Martino e
Frate Pietro di Francesco, testimoni.