Battezzati a brodo di castagne secche
A Sassetta e ai sassetani viene da sempre riconosciuto uno spirito fiero e orgoglioso, indipendente e ribelle.
Tale spirito è ben sintetizzato nella definizione che ne diede Don Enrico Lombardi che definì Sassetta “vero nido di uccelli rapaci, abitato da uomini usi alla lotta e alla guerriglia, resi più audaci dall'asprezza del luogo, dalle folte foreste circostanti e dalla sicurezza del loro rifugio” (Don Enrico Lombardi, “Sassetta e Monteverdi”, in Notiziario delle “Acciaierie di Piombino n. 2 – 3 marzo 1980)
Una
definizione simile risale addirittura a Nicolò Machiavelli, che nel 1503,
durante la ribellione di Pisa, dette disposizione di distruggere “infino a’
fondamenti l’abitazione e fortezza di messer Pietro Paolo e tutte le case che
sono all’intorno”, affinché nessuno vi si potesse più “ridurre, né farne nìdio di tristi, come gli é stato per il passato” (Legazioni, commissarie, scritti di governo di Niccolò
Machiavelli, ed. Salerno 2002).
Tristi, in questo contesto, è da intendersi ovviamente nel significato arcaico
di tristo, cioè
dispettoso, astioso, o cattivo, malvagio ; quasi un sinonimo di rapace, appunto
(cfr. anche in Carducci, “avvoltoi tristi che vide Romolo…”)
Un’altra caratteristica di Sassetta (che evidentemente è sopravvissuta anche alla malevolenza del Machiavelli, pur perdendo in quell’occasione il maniero fortificato che si ergeva al centro del paese) è il castagno, l’albero che ricopre i boschi sassetani e su cui si è basata per secoli l’economia e la vita del paese; e i sassetani, per sottolineare queste loro peculiarità, raccontano che a Sassetta c’era l’uso di battezzare non con l’acqua santa, ma piuttosto con il brodo di castagne secche.
Questa “usanza” è attribuita, nella voce popolare, particolarmente a Don Carlo Bartolozzi, che fu parroco di Sassetta fino al 1958, anno della sua morte: cosicché solo i più anziani potrebbero oggi vantare di aver ricevuto tale inusuale battesimo.