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Vespa 98, un mito ineguagliabile..

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Dalla geniale interpretazione del progettista Corradino D'ascanio e dalla coraggiosa lungimiranza dell'industriale Enrico Piaggio, la nascita della Vespa 98 più di mezzo secolo fa. 

Fu l'inizio dello straordinario fenomeno Vespa, lo scooter che contribuì a rimettere in piedi l'Italia nel dopoguerra, invidiato e copiato in tutto il mondo, costruito in oltre 10 milioni di esemplari, primato assoluto nella storia dei motoveicoli...

 

Agli inizi della sua strepitosa carriera la Vespa ebbe vita durissima per il cattivo stato delle strade, la pessima qualità di olio e benzina, il sovraccarico di cui veniva gravata. l'uso a tre era infatti abituale.
La colorazione grigio verde metallizzato era una caratteristica tonalità di origine aeronautico  mantenuta anche per la prima serie del modello 125, dal  '48 al '50.

L'avviamento era facile anche per le donne e per coloro che non avevano dimestichezza con i motori. Data la sporgenza del cofano motore, disponendosi lateralmente era più facile avviare il mezzo.

 

 

La progenitrice di tutte le Vespe, la 98, fu messa in vendita all'inizio del mese di aprile del 1946 e costruita fino alla fine del 1947. Portava stampigliata sul telaio e sul motore la sigla V98 seguita dal numero progressivo di costruzione, dall'01 al 2464 per l'anno 1946, e dal 2465 al 18079 per il 1947. all'epoca della sua comparsa costava 68 mila lire. Il suo successo fu così travolgente  che le ordinazioni superarono ben presto le capacità produttive . Per poterla avere bisognava pazientare per almeno sei mesi oppure ordinarla alla "borsa nera" pagandola addirittura il doppio.

Come andava la prima Vespa

 

Prima di valutare pregi e difetti, bisogna tener presente che la Vespa 98 è venuta al mondo nell'immediato dopoguerra (1946) e soprattutto che era un mezzo motorizzato di concezione completamente nuova, per non dire addirittura rivoluzionaria. I pregi della Vespa 98, subito apprezzati particolarmente da quanti si avvicinavano ad un motoveicolo per la prima volta, erano quelli di un'estrema facilità d'uso e di  affidabilità, di protettività, eleganza, pulizia, economia d'esercizio, tutte doti  che le moto del tempo non erano in grado di offrire od offrivano in misura notevolmente inferiore. Per esempio, la Vespa 98 consentiva una percorrenza complessiva di almeno 30.000 chilometri prima dl richiedere una grossa revisione. Per contro, lo scooter della Piaggio lamentava alcuni difetti : ad esempio la sospensione posteriore era praticamente inesistente e quella davanti lavorava pochino. Fortunatamente la posizione di guida era molto comoda e la velocità massima assai modesta, quindi anche viaggiando sulle cattive strade dell'immediato dopoguerra , il comfort rimaneva accettabile. Altro inconveniente, il maggior consumo del pneumatico posteriore sul lato sinistro perché il notevole sbalzo a destra del gruppo motore (poi minimizzato nei modelli successivi) obbligava il guidatore a procedere un po' inclinato a sinistra. I  vespisti risparmiatori (dati i tempi erano la maggioranza) provvedevano però a compensare l'irregolarità del consumo girando al contrario il pneumatico sulla ruota, agevolati in questo dalla facilità di smontaggio della ruota stessa e dalla scomponibliltà del cerchio. In questo modo la gomma durava almeno 10.000 chilometri prima di consumarsi completamente. Bisogna anche ricordare che in quei primi anni dell'epopea scooteristica le Vespa erano sottoposte alle più gravose condizioni d'uso. Come se non bastassero le strade accidentate, l'olio e la benzina di pessima qualità gli scooter della Piaggio erano spesso gravati di carichi eccezionali, tant'é vero che nel 1954, quando il famoso periodico USA Readers Digest  dedicò un servizio ad Enrico Piaggio (intitolato "L'uomo che ha messo l'Italia su due ruote"), l 'immagine di apertura raffigurava una Vespa con quattro persone a bordo, una famiglia-tipo italiana dell'epoca, al gran completo! In tali condizioni di superlavoro come in salita, la Vespa rispondeva di buona lena, grazie al raffreddamento forzato, tuttavia la piccola campana della frizione tendeva ad aprirsi: la sostituzione però era molto semplice, bastava togliere il coperchio e svitare un dado a corona avendo l'accortezza di inclinare lo  scooter a destra per evitare la fuoriuscita dei rullini (sciolti) del cuscinetto. L'avviamento era facilissimo, come del resto sulle Vespa più recenti. Il funzionamento del motore è regolare e senza vibrazioni, con una tonalità di scarico non dissimile da quella delle attuali Vespa di maggior cilindrata. La Piaggio dichiarava un consumo di un litro di miscela (al 5%) ogni 50 km: era un dato piuttosto ottimistico, comunque anche nelle peggiori condizioni non si facevano meno di 35 km. La stessa Piaggio consigliava poi di disincrostare lo scarico ogni 4000 km e il motore ogni 6000 km ma in n genere si poteva tirare benissimo rispettivamente sui 5000 e 10000 km. Più aderente alla realtà era invece la dichiarazione relativa alla velocità massima (60 km/h): se proprio non si toccavano i 60 effettivi, si facevano certamente i 55. Il rilascio della leva della frizione nelle partenze da fermo andava fatto molto dolcemente altrimenti l'innesto era brusco per colpa delle guarnizioni di sughero naturale in bagno d'olio. Il sughero era impiegato anche per qualche altro particolare come la guarnizione del rubinetto miscela e anche in questo caso la soluzione lasciava un po' a desiderare perché dopo un po' accusava dei trafilaggi. Comunque il serbatoio teneva benissimo e non aveva tendenza a formare ruggine all'interno. Gli innesti del cambio non erano silenziosi come una tomba, specialmente se il rinvio di comando dal manubrio tramite quattro bacchette metalliche aveva preso gioco; tutto il sistema era però regolabile e quindi con un  minimo dl manutenzione si garantiva un funzionamento regolare e una rumorosità limitata. Dopo migliaia e migliaia  di cambiate poteva invece capitare qualche sfollata per l'usura della crociera scorrevole che inseriva le varie marce: ma più che un difetto in quel caso si trattava di normale logoramento. Proseguendo nella lista dei piccoli inconvenienti cui erano soggette queste prime Vespa, possiamo ancora  ricordare la la perdita della leva di avviamento (le trepidazione del motore non molleggiato causavano l'allentamento del due bulloncini di fissaggio) e la fuoriuscita d'olio dal carter motore attraverso il perno della messa in moto (la piccola guarnizione della boccola si usurava infatti rapidamente). Come si vede, erano tutti  peccati veniali, che non incidevano pesantemente sulle vantaggiose doti complessive del mezzo. Per quanto riguarda la guida, chi era già abituato alla moto avvertiva una maggiore leggerezza dello sterzo, il sollevamento dell'avantreno in frenata (dovuto al particolare tipo di sospensione adottato) e la necessità di servirsi maggiormente del freno posteriore: il maggior peso del complesso uomo-macchina veniva infatti a gravare sul retrotreno, rendendo così più efficace l'azione frenante (al contrario di i quanto si verifica sulla moto classica). Chi invece affrontava la Vespa a digiuno da esperienze motociclistiche, si trovava subito a proprio agio. Leggeri e manovrabili, in particolare cambio e frizione che potevano essere azionati contemporaneamente senza togliere le mani dal manubrio mentre i comandi del freno anteriore e posteriore erano disposti sullo stesso lato del veicolo.

L'autore di queste note Mario Carini alla partenza della sei giorni internazionale del 1951 di Varese con una normale Vespa 98 di serie

Diamo un'occhiata alla Vespa 98.

   
Vista davanti e dietro, la vespa 98 non sembra certamente snella data la larghezza dello scudo anteriore e la sporgenza dei cofani posteriori. Nella vista dall'alto appare invece più equilibrata e lascia apprezzare la sua ottima ospitalità.   

  

Portapacchi, sella per il passeggero e ruota di scorta erano venduti separatamente, ma quasi  nessun vespista rinunciava al loro acquisto.

L'eccezionale maneggevolezza della Vespa era dovuta anche al suo cortissimo raggio di sterzo che, unitamente al peso ridotto del veicolo e alle ruote basse, consentiva di eseguire spostamenti, sia a motore che a spinta, in spazi ridottissimi e negati ad altri mezzi a a due ruote. Particolare interessante il sistema di antifurto a lucchetto.
Il commutatore a tre posizioni per l'impianto di illuminazione recava incorporato il pulsante del claxon. Il trionfo della plastica era al di là da venire: La scatoletta rotonda era infatti di metallo con il coperchio di ottone verniciato di nero.Le tre indicazioni 0/1/2 equivalgono rispettivamente a "spento", "luci di posizione", "luci alte".  

 

Il comando del gas era fatto in modo da esercitare sul cavo una trazione rettilinea, per addolcirne il funzionamento e prolungarne la vita.
Le prime Vespa erano chiamate a bacchetta per via delle aste di comando del cambio, azionate a loro volta dalla manopola girevole a sinistra del manubrio. Il comando a cavi flessibili è del 1951.

Il serbatoio della vespa, allora come oggi, era collocato sotto la sella del pilota ed aveva il tappo di riempimento a chiusura rapida mediante levetta e gancetto. Nell'immediato dopoguerra, la qualità dei carburanti disponibili era veramente pessima;

il bocchettone quindi,  era stato dotato di un filtro a garza metallica che si poteva estrarre per pulirlo dal deposito delle impurità. 
Il vano della scocca sotto la sella del conducente si trova, dall'alto in basso, il bottone di massa per spegnere il motore, l'occhiello metallico per azionare il rubinetto del serbatoio e lo sportello d'accesso al carburatore che andava opportunamente "cicchettato" per tutte le partenze a freddo. Sprovvisto di filtro dell'aria, il carburatore respirava in zona calma attraverso il taglio sottostante la maniglia sagomata dello sportello.

Di evidente ispirazione aeronautica la forcella monobraccio e la ruota a sbalzo. La sospensione era assicurata da due molle a riccio passanti dal perno forcella al perno ruota ed agenti per torsione. Il collegamento tra i due perni era ottenuto per mezzo di una leva oscillante. Per il fondo-corsa c'era un tampone in gomma applicato al tubo della forcella. Il parafango in lamierino di alluminio aveva una fiancata smontabile per facilitare lo smontaggio della ruota.

I cofani erano entrambi in lamierino di alluminio. 

Quello destro veniva fissato con due ganci per poterlo togliere facilmente quando bisognava accedere al gruppo motore-cambio-trasmissione. Il successivo rimontaggio non era però immediato perchè gli innesti dei ganci non sempre coincidevano perfettamente.

 

Il cofano sinistro era invece fisso ed offriva abbondante capienza: era la prima volta che un motoveicolo consentiva di "stivare" tanti oggetti così ben riparati.

La scocca portante in lamiera stampata fu una vera e propria rivoluzione in campo motociclistico, dove per il telaio aveva sempre imperato la struttura in tubi.

La scocca recava un braccio tubolare di supporto per il gruppo motore-ruota, braccio che godeva di un sia pur minimo molleggio grazie all'interposizione di due tamponi in gomma. La vera sospensione posteriore con molla elicoidale biconica e ammortizzatore teleidraulico arriiverà con la Vespa 125 del 1948.
L'inedita struttura del motore    
L'inedito motore Vespa è contraddistinto da principi rivoluzionari. Il disegno mostra tutti gli organi interni del motore, ed in particolare la frizione calettata direttamente sulla sinistra dell'albero motore, la trasmissione primaria ad ingranaggi, sempre sul lato sinistro, e la trasmissione finale diretta dall'albero secondario del cambio al perno ruota. in evidenza anche il sistema di raffreddamento ad aria forzata mediante ventola e gli innesti del cambio a crociera scorrevole. Si evidenzia anche la lunghezza del raccordo cilindro-carburatore, il coperchio della frizione, il perno di supporto del mozzo posteriore e la cuffia del raffreddamento forzato.

Pistone gobbo e volano da trial. Testa e pistone della vespa erano in lega leggera e la sagoma del deflettore sul cielo del pistone seguiva il disegno della camera di scoppio. il volano magnete, costruito dalla stessa Piaggio, si distingueva per un rotore pesantissimo per assicurare al motore regolarità e tiro ai bassi regimi.
Il cilindro in ghisa aveva due sole luci, travaso e scarico, per motivi di semplicità. Il cilindro veniva accoppiato ad un pistone in speciale lega di alluminio che richiedeva una notevole tolleranza di montaggio e ciò era fonte di un fastidioso scampanellìo a motore freddo. in compenso era però possibile alimentare il motore con miscela al 5% di olio, percentuale ridotta per i tempi, senza temere grippaggi.
Caratteristiche tecniche    
  • Motore:  monocilindrico due tempi orizzontale con raffreddamento ad aria forzata mediante ventola sul volano magnete e convogliatore attorno al gruppo testa-cilindro; distribuzione a due luci, una di ammissione e l'altra dl scarico, con pistone a deflettore;  alesaggio e corsa 50x50mm =98 cc; compressione 6.5; potenza dichiarata CV 3,2 a 4500 giri.
  • Alimentazione: miscela al 5% (7% durante i primi 1000 km dl rodaggio); carburatore  Dellorto T2 16/17 con diffusore da 17 mm; capacità serbatolo litri 5
  • Accensione: volano magnete Piaggio calettato a destra dell'albero motore e dotato di bobina AT interna; candela B.B. 715, grado termico 225 scala Bosh.
  • Trasmissioni: primaria ad ingranaggi sulla sinistra; secondaria attraverso gli ingranaggi del cambio direttamente al perno ruota. Rapporti totali dl trasmissione 1:12 in prima, 1:8 ln seconda e 1:5,676 in terza.
  • Cambio: in blocco a tre rapporti comandato da manopola girevole sulla sinistra del manubrio, abbinata alla leva della frizione.
  • Frizione: a dischi multipli in bagno d'olio, calettata a sinistra dell'albero motore.
  • Telaio: monoscocca in lamiera d'acciaio stampata e saldata.
  • Sospensioni:anteriore a levetta oscillante con molla a chiocciola; posteriore a braccio oscillante con tamponi di gomma.
  • Ruote e  pneumatici: ruote a sbalzo intercambiabili con cerchio in lamiera scomponibile e pneumatici 3.50-8.
  • Dimensioni e peso: larghezza manubrio 700 mm, larghezza veicolo 450 mm, interasse 1170 mm, lunghezza 1655 mm,  altezza max. 880 mm, altezza sella da terra 790 mm, altezza minima pedana 150 mm, curva minima di  sterzata 2500 mm, peso totale a vuoto 60 kg.
Curiosità del libretto di uso e manutenzione  
  • "se all'atto dell'avviamento il carburatore è ingolfato, chiudere il rubinetto della miscela e scaricare la miscela dal motore svitando il tappo nella parte inferiore del carter (vedi figura a lato), far girare a mano il  motore affinchè la miscela se ne vada completamente, riavvitare il tappo ed azionare la leva di avviamento con il rubinetto della miscela ancora chiuso, riaprire il rubinetto appena il motore sarà avviato".
  • "Il cambio delle marce può essere eseguito anche senza staccare la frizione; da esaurienti prove eseguite con tale sistema gli organi del cambio non subiscono deterioramenti."
  • "Arresto del motore: azionare il pulsante di massa. Questo sistema è opportuno perchè consente un miglior avviamento successivo in quanto nel cilindro rimane una miscela carburata per far riprendere immediatamente il funzionamento del motore."
  • "La motoleggera Vespa non ha cavalletto di sostegno; essa si appoggia sulle pedane che possono servire per appoggiarla direttamente a terra  o meglio ancora sul marciapiede. Quando la moto è inclinata sulla pedana è necessario che il rubinetto della miscela  sia chiuso per non ingolfare il carburatore. E' consigliabile appoggiare la moto sulla pedana a sinistra (lato sacca attrezzi)."
  • "Ogni 4000 km pulire il silenziatore di scarico introducendo all'interno acqua e soda caustica (25%) poi sciacquare bene con acqua corrente."
  • "E' sconsigliabile smontare la candela  negli elementi che la compongono perché rimontando difficilmente si potrebbe ottenete una buona tenuta. Per pulire la candela usare  benzina pura."

Stampato a Genova sulla grigia carta economica del primissimo dopo guerra, il libretto di manutenzione definisce la  Vespa  una moto leggera e chiama i suoi utenti motociclisti. Evidentemente si voleva evitare ogni riferimento allo scooter che allora non godeva di buona fama a causa di alcuni poco riusciti precedenti nell'anteguerra.  Tra i consigli e le raccomandazioni contenuti nel libretto, ecco una selezione di quelli più interessanti e curiosi:

 

 

 

 

Corradino D'Ascanio: "Così ho inventato la Vespa"  

Corradino D'Ascanio al suo tavolo di lavoro

 

Approfondimenti:

Biografia (Archivio di Stato -Pescara)

Biografia (ConcaPeligna)

Intervista impossibile

 

Enrico Piaggio e suo padre, Rinaldo, fondatore della omonima ditta.

 

Pioniere dell'aeronautica, inventore genialissimo, l'Ingegnere Corradino d'Ascanio, nato a Popoli in Abruzzo nel 1891 e morto a Pisa nel 1981, entrato alla Piaggio nel 1934, così amava ricordare  i motivi ed i ragionamenti che l'avevano portato alla creazione della Vespa:

"nell'ultimo e tormentato periodo di guerra la Piaggio si era posto il problema non facile e alquanto complesso della  trasformazione degli stabilimenti che producevano motori  eliche e aeroplani per l'aeronautica militare, adattandoli ad una produzione di pace. infatti, durante il  periodo dell'occupazione tedesca, gli uffici tecnici di Pontedera, che si erano trasferiti a Biella, esaminarono il problema studiando le costruzioni esistenti nel campo del motociclismo utilitario."

"La enorme carenza di mezzi di trasporto, la totale disorganizzazione delle linee ferroviarie e di tutti gli altri mezzi collettivi di locomozione, il bisogno sempre crescente di riallacciare le comunicazioni e di riprendere più rapidi contatti per la ripresa del lavoro, palesavano la necessità da parte di un gran numero di persone di poter disporre di un veicolo veramente utilitario, dall'impiego pratico, di costo limitato e dal minimo consumo.

"Avvenuta la liberazione del Nord, mi recai dalla Toscana, dove ero rimasto durante l'avanzata alleata, a Biella, e fui subito incaricato dal dottor Enrico Piaggio di iniziare lo studio ed il progetto di una nuova motocicletta veramente utilitaria.

"Conoscevo la motocicletta nella sua esteriorità sportiva e velocistica, ma essendomi sempre occupato di aeronautica, non avevo mai approfondito il problema motociclistico da un punto di vista costruttivo, tuttavia avevo osservato nella motocicletta quei difetti di praticità e d'impiego che l'hanno sempre tenuta un poco lontana da quella massa che pure desiderava un veicolo del genere ma realmente utlitario. 

"Staccato dalla tradizione tecnica motociclistica, ho potuto considerare il problema con mentalità del tutto nuova e concepire un mezzo di locomozione seguendo criteri intuitivi e pensando che la macchina doveva servire per chi,  come me, non non era mai stato motociclista.

"Ricordando che, viaggiavo in auto, avevo visto molte cose ai margini delle strade ... dei motociclisti alle prese con la camera d'aria bucata e smontata dal cerchione, ho pensato come prima cosa che una bucatura non dovesse costituire per il motociclista un problema da meccanico come non lo è per un automobilista.

"Il fatto  poi che la macchina avrebbe dovuto servire per un impiego utilitario e avrebbe dovuto essere di vasta accessibilità,mi ha imposto di risolvere il problema del come inforcare comodamente la macchina cosa già risolta per la bicicletta da donna. E devo aggiungere che nell'ideare la Vespa  ho tenuto presente nella mia mente più l'automobile che la motocicletta e ho considerato più confortevole e razionale la posizione seduta che quella a cavalcioni sul telaio, sebbene quest'ultima potesse avere un carattere più sportivo.

"Un altro problema da risolvere era quello di facilitare al massimo la manovrabilità della macchina specie tenendo conto del suo impiego nel traffico cittadino, e di conseguenza si doveva trovare la soluzione di poter guidare senza togliere le mani dal manubrio. Per evitare inoltre di imbrattarmi i vestiti come inevitabile in tutte le motociclette, ho pensato che il motore dovesse essere distanziato e lontano  dal guidatore e anche coperto, costituendo così un complesso unico con la ruota posteriore. E' nata di conseguenza la trasmissione senza catena, col cambio in linea e compreso nel gruppo ruota-motore.

"Per alcune soluzioni fondamentali della "Vespa" mi sono inspirato alle concezioni aeronautiche, che mi sono familiari, ad esempio il supporto monotubo per la ruota anteriore che sostituisce egregiamente la tradizionale forcella di origine ciclistica che consente la rapida sostituzione della ruota. Per quello che riguarda il telaio mi sono trovato al di là della più moderna concezione automobilistica perché la carrozzeria in lamiera della Vespa é insieme telaio e per la sua particolare lavorazione offre una resistenza anche maggiore del vecchio sistema a tubi.

"Anche in questa soluzione mi ha sorretto l'esperienza nel campo aeronautico dove la leggerezza dell'organo non deve pregiudicare la robustezza.

"Le diffîcoltà costruttive, e non erano poche, anche perché si doveva iniziare una impostazione del tutto nuova e antitradizionalista per eccellenza, venivano superate nel modo più soddisfacente.

"E così, nell'aprile del 1946, i primi esemplari della Vespa98 di serie, uscivano dagli stabilimenti di Pontedera che, già completamente distrutti, ritornavano a nuova vita.

Prototipo Vespa quasi perfetto  
Realizzato a tempo di primato nella seconda metà del 1945, il  prototipo della Vespa entrò in produzione di serie con due sole modifiche (una tecnica e l'altra stilistica) a dimostrazione della geniale validità del progetto. La modifica tecnica riguardava il raffreddamento. Inizialmente si era pensato infatti che per testa e cilîndro sarebbe bastata una ventilazione libera e perciò il cofano del motore era stato intagliato  davanti e dietro per creare una corrente d'aria adatta al raffreddamento. La ventilazione si rivelò però insufficiente e fu quindi necessario adottare il raffreddamento forzato mediante una ventola sul volano magnete e una cuffia di convogliamento dell'aria attorno all'alettatura. Il cambiamento estetico riguardò invece i cofani, cioè quei finimenti laterali che avevano contribuito con la loro forma ad ispirare l'dea del nome Vespa e che servivano quello di destra a ricoprire il motore e quello di sinistra come bauletto. Questi cofani, che nel disegno del progetto erano di dimensioni pari, nella realizzazione del prototipo vennero invece di diverso volume, maggior sul lato destro per ospitare convenientemente il gruppo motore-trasmissione. Per la versione definitiva i cofani tornarono però ad essere di pari dimensioni a vantaggio non soltanto dell'equilibrio estetico ma anche della capacità di trasporto bagagli. Lo storico prototipo (foto a destra), é ora conservato con tutti gli onori in un salone di rappresentanza dello stabilimento di Pontedera. Le prime Vespa 98 scesero dalla catena di montaggio nell'aprile 1946.
Ricordi di collaudatore

Anchise Del Corso, con lo storico prototipo della  V98.

Anchise Del Corso classe 1925, entrato alla Piaggio nel 1940, in forza al reparto sperimentale e sala prove dal 1945 al 1964, per anni  in attività presso il servizio assistenza, ricorda alcune curiosità relative ai collaudi delle prime Vespa. "il raffreddamento della testa e del cilindro non era omogeneo: così l'Ingegner D'Ascanio ebbe l'idea di immettere borotalco nel convogliatore per vedere bene dove andava (o non andava) a battete l'aria inviata dalla ventola. Seppure molto empirica, questa prova (eseguita naturalmente al banco) diede indicazioni utili per migliorare il raffreddamento ma trasformo i presenti in pesci infarinati! Per provare la tenuta delle gomme sul bagnato, non si aspettava certo che piovesse, ci facevamo gettare sulla strada  specialmente in curva, delle gran secchiate d'acqua e poi ci passavamo sopra. Per rodare presto e bene i motori, aprivamo lo sportello del carburatore e ci facevamo precedere lungo una strada polverosa da un mezzo che trascinava fascine sollevando così un gran polverone: un po ci entrava nei polmoni ma un po' entrava anche nel motore determinando un perfetto accoppiamento tra il cilindro e il pistone". 

 Gli esecutori storici della Piaggio

La Vespa 98 fotografata in queste pagine è un esemplare del 1946 (motore n. 02905 telaio n. 03865,) perfettamente restaurata dal reparto sperimentale della Piaggio grazie alle amorose cure di Valerio Mancini, Francesco Deri e Carlo Bonistalli (da sinistra nella foto), tre abili tecnici con un lungo stato di servizio nello stabilimento di Pontedera. Il restauro della 98 richiede anche la collaborazione di un abile carrozziere e si presenta molto delicato specialmente per il parafango anteriore e i cofani che sono in lamierino di alluminio sagomato a mano . I ricambi del motore ancora disponibili in sede, sono stati rovinati dall'alluvione dell'Arno del '67.

La prima pubblicità della Vespa  
L'esordio della Piaggio sul mercato italiano delle due ruote motorizzate avvenne nell'aprile del 1946 attraverso la rete di 16 concessionari segnalati nella prima pagina pubblicitaria della Vespa sulla nota rivista "Motociclismo".

   

(alcune locandine pubblicitarie della Vespa) 

Anche in questo documento la Vespa viene definita motoleggera per evitare il termine scooter che non godeva di buona fama nell'ambiente delle due ruote motorizzate. Ed infatti bisogna dire che la Vespa 98 non ebbe entusiastiche accoglienze al suo primissimo apprire ma poi non tardò ad affermarsi anche grazie all'efficiente servizio di assistenza (già nel 1945 la Piaggio cominciò ad organizzare corsi per meccanici vespisti presso il suo stabilimento di Pontedera).   

Un registro storico per le Vespe d'epoca  
Il Vespa Club d''Italia, fondato nel  1949, coordina e dirige l'attività turistico-sportiva dei molti  Vespa Club sparsi in tutta la nazione. Inoltre è collegato con centinaia di Vespa Clubs in tutto il mondo, Giappone compreso. Il Vespa Club Italia ha istituito da anni un registro storico, allo scopo di tutelare il patrimonio di tecnica e costume legato alla Vespa, di organizzare mostre e corsi ed infine di far conoscere i metodi di conservazione e restauro delle Vespe considerate storiche, cioè quelle costruite nel periodo '46 - '66. La sede del Registro Storico Vespa è a Milano, in corso Venezia 12, la presidenza del Vespa Club Italia è invece a Vicenza in via Corbetta 76. Nel disegno, la targa che viene assegnata alle vespe storiche dopo l'omologazione da parte degli esperti del VCI.

Progetti ante-Vespa

MP5 Paperino. I  primi studi e realizzazioni di questo progetto furono portati avanti a Biella, sede decentrata di  alcuni reparti e uffici tecnici, nella prima,  già citata fase di conversione post-bellica della Piaggio. E' evidentemente ispirato a varie realizzazioni dell'anteguerra, specialmente americane, di veicoli a due ruote piccole e con parvenza di carrozzeria, i quali tuttavia non tenevano fede al nome con cui venivano definiti, cioè "scooters", che in inglese significa "sgattaiolante". Ruote piccole a parte, la struttura del Paperino ricorda quella di già viste motociclette ricoperte da una carrozzeria, con conseguente necessità di scavalcare il mezzo per salire in sella, cosa non gradita dalle signore in gonna e da tanti signori poco agili:questa caratteristica fu certo determinante della bocciatura   

Il progetto MP5 detto Paperino (OldScooter)

di questo progetto in favore della ricerca di una maggiore accessibilità. Finisce così il Paperino che, progettato dagli ingegneri Vittorio Casini e Renzo Spoldi, aveva come denominazione interna "progetto MP5". Il compito di concretizzare i propositi di Enrico Piaggio passa all'ingegner Corradino d'Ascanio che si impegna nel "progetto MP6", la Vespa 98. Il Paperino qui fotografato è l'esemplare tra i molti realizzati in fase sperimentale, attualmente conservato presso gli stabilimenti di Pontedera ed il cui restauro é in corso di completamento. La parte ciclistica, ben definita, è costituita da una scocca monolitica in lamiera stampata con applicato un ampio paragambe e lunghe pedane ricoperte da tappetini in gomma. Nella parte posteriore del dorso, a partire dalla sella, vi é una sorta di pinna che scende fino all'estremità di coda e che contribuisce a snellire la linea dell'insieme. Non vi è sospensione elastica posteriore. L'avantreno è costituito dal cannotto di sterzo che, collegato superiormente al manubrio, scende attraverso un alloggiamento facente parte della scocca e sotto al parafango si divide a forcella per sostenere la ruota resa elastica con un sistema a biellette oscillanti. Per la parte motrice erano stati presi in considerazione alcuni motori, tutti da circa 100 cc offerti dal mercato, ma in particolare il tedesco Sachs. Per la trasmissione alla ruota era stata presa in considerazione sia la catena, che l'albero a coppie coniche e la cinghia. Non era previsto il cambio di velocità

 

MP6 - Nel 1945 il "progetto MP6" trova la sua definizione sia funzionale che estetica: le soluzioni adottate per i vari componenti e per l'insieme del veicolo, poco hanno di motociclistico in senso classico, ma alla prova dei fatti risultano perfettamente rispondenti alla loro funzione e dimostrano che una motocicletta può essere tale anche senza apparire ed essere costruita come una motocicletta. L'aspetto più insolito é la posizione laterale del gruppo motore cambio (soluzione per altro non nuova anche se rara: ricordiamo ad esempio la Georgia Knapp dei primi anni del secolo) con la ruota montata a sbalzo direttamente all'uscita dell'albero secondario del cambio. Questo gruppo motore/cambio è un bell'esempio di razionalità e compattezza, con numero di parti ridotto al minimo e dimensionato senza economia, tanto che la sua robustezza e longevità è rimasta proverbiale, come, d'altra parte quella di tutte le Vespa. 

 

Il progetto MP6, il prototipo della Vespa 98 (OldScooter)

Il motore vero e proprio è un due tempi orizzontale con alettatura di cilindro e testa disposta radialmente; le misure di corsa ed alesaggio sono 50 x 50 mm pari ad una cilindrata di 98 cc che alimentato con miscela al 6% dà circa 3,2 CV al regime di 4.500 giri/min. La distribuzione è con pistone a deflettore ed un unico travaso. L'accensione è con volano magnete - realizzato dalla stessa Piaggio - che incorpora anche una bobina a bassa tensione per fornire corrente all'impianto di illuminazione ed alla tromba (posta sotto la sella). Il carburatore da 17 mm. trova posto all'interno della scocca, collegato al cilindro da un condotto piuttosto lungo ed accessibile attraverso apposito sportello. Il raffreddamento doveva essere assicurato dalla corrente d'aria che investiva testa e cilindro entrando ed uscendo dalla capottatura del motore attraverso apposite feritoie; ma in effetti detta corrente d'aria era deviata dallo scudo anteriore per cui a bassa velocità, particolarmente in salita, la temperatura saliva. Il complesso della scocca é tutto in parti di lamiera stampata saldate tra loro a costituire un monoblocco dallo scudo anteriore alle pedane, al trave centrale che nella parte anteriore si alza a sopportare il gruppo di sterzo, alla parte posteriore, che trattandosi di un... insetto, potremmo chiamare addome. Ai lati dell'addome sono applicati, a destra la capottatura mobile del motore ed a sinistra il cofano porta oggetti munito di sportello. L'avantreno comporta un lungo cannotto di sterzo che nella parte anteriore si piega a sinistra per sostenere la corta bielletta della sospensione a ruota spinta. L'elemento elastico è realizzato con molla a nastro piegata a ricciolo. Al retrotreno non si ha una vera sospensione elastica anche se il gruppo motore/ruota è collegato alla scocca da un grosso braccio in ferro che nella parte posteriore abbraccia il mozzo ruota ed in quella anteriore è infulcrato tramite una traversa, alla scocca per interposti blocchi di gomma ad evitare un collegamento totalmente rigido. La frenatura e assicurata da due freni a tamburo, l'anteriore comandato dal manubrio e quello posteriore da pedale destro. L'anteriore fa corpo con la sospensione e quello posteriore è solidale al carter motore in modo che lo smontaggio delle ruote si possa effettuare semplicemente togliendo quattro bulloni come in una automobile. I cerchi sono smontabili in due semicanali per facilitare gli interventi sul pneumatico.
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La protagonista di questo sito web la 98 del 1946 (a destra) accanto due altri scooter famosi, la ET3 125 del 1976 e la PX 125 del 1977

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Tutte le informazioni e le immagini contenute senza riferimento diretto alla fonte, sono da attribuirsi all'articolo apparso sulla rivista mensile italiana "Motociclismo" edito nel periodo di riferimento della Edisport S.P.A., anno 69, n.3- Marzo 1983, pagina 132, servizio -I veicoli che hanno fatto epoca nel dopoguerra - La vespa 98 segna l'inizio del "miracolo italiano"- di Carlo Perelli. Ulteriori informazioni QUI