Metodologia Chirurgica


Lezione del 21 Dicembre 2000
prof. ?

 

 

 

Lo shock è una sindrome che insorge in presenza di un’inadeguata perfusione dei tessuti, cioè arriva poco sangue ai tessuti oppure i tessuti hanno uno stato metabolico talmente elevato che l’ossigeno che vi arriva è scarso; l’ossigeno è l’elemento che permette alle cellule di funzionare in maniera ottimale, quindi se non se ne forma le cellule cambiano il loro metabolismo da aerobio ad anaerobio. Questa variazione nel metabolismo cellulare provoca la produzione di mediatori dell’infiammazione (fattori dell’accrescimento, dell’azione piastrinica …); il risultato finale è un danno cellulare, la morte delle cellule se non si arriva in tempo. Attualmente lo shock è visto come una sindrome che da deficit clinici della perfusione ematica arriva attraverso stadi precisi ad un quadro di sindrome da disfunzione multi-organo (MODS) che è la principale causa di morte in tutte le terapie intensive.

Lo scarso ossigeno che arriva ai tessuti può essere per un diminuito apporto (shock emorragici ed ipovolemici) oppure per un metabolismo cellulare talmente elevato che l’ossigeno che arriva, pur essendo in quantità normali, è insufficiente per mantenere il metabolismo di base dei tessuti (sepsi).

La classificazione degli shock individua principalmente quattro grandi categorie:

In un paziente sotto shock bisogna assicurarsi della pervietà delle vie aeree (possono essere chiuse da sangue, materiale gastrico rigurgitato, terra, corpi estranei tipo denti), della capacità di respirare (si vede con l’ossimetria) e dell’efficacia della circolazione (una perdita del 30% del volume di sangue mette in atto dei meccanismi di compenso per cui il paziente può avere parametri nella norma). I parametri principali sono la frequenza cardiaca, la frequenza respiratoria e lo stato della cute: un paziente pallido e tachicardico è considerato in shock; si parla di tachicardia quando la frequenza supera i 100 battiti al minuto nell’adulto (un anziano può essere in shock anche con una frequenza di 70 perché se prende dei beta-bloccanti la sua frequenza è più bassa), i 160 nel neonato ed i 120-140 nel bambino. Un polso filiforme è comunque un indice di tachicardia, d’emorragia.

La causa principale di shock nel paziente traumatizzato è l’emoperitoneo nel caso di traumi epatici e splenici e l’emotorace nel caso di fratture costali (fino a 2 litri di sangue contenuti nel torace). Un paziente di 60 kg ha circa 5 litri di sangue (7% del peso ideale), nei bambini si parla di 80-90 ml (8-9%).

La classificazione d’emorragia va dalla classe 1 che è di media entità alla classe 4 che è quasi incompatibile con la vita:

Il sondino naso-gastrico è importante perché la gastrodilatazione può creare ipotensione e per evitare l’aspirazione di materiale dal tubo gastroenterico. Il catetere vescicale serve per monitorare la diuresi oraria; se c’è sangue nel meato uretrale esterno bisogna far fare la manovra dall’urologo.

Bisogna procurarsi degli accessi vascolari grossi che permettono di infondere grandi quantità di liquido in breve tempo; in emergenza sono sufficienti due vie periferiche, il braccio destro ed il braccio sinistro. Bisogna inserire cannule di 18 e 16 (per la legge di Poiseuille più la sezione è larga più liquido entra). Bisogna riservare i cateteri venosi centrali al momento in cui il paziente è stabilizzato per evitare dei danni (pneumotorace, incanulare la carotide anziché la giugulare …). Bisogna inviare subito gli esami di laboratorio per sapere i valori dell’emoglobina e dell’ematocrito e mandare una provetta per sapere il gruppo e la compatibilità. Bisogna cominciare ad infondere liquidi, soprattutto soluzioni isotoniche (sodio e potassio) e cristalloidi; in stadio 4 si infondono emazie concentrate. Nell’adulto bisogna infondere circa 2 litri di liquidi in 15 minuti, nel bambino 20 ml per chilo. Bisogna valutare i parametri vitali per vedere se la terapia è efficace. Una volta stabilizzato il paziente va controllato ogni 30 minuti. Per la trasfusione bisogna richiedere la compatibilità completa (di gruppo e d’anticorpi) e tenere a disposizione delle sacche. Se il paziente è da operare bisogna richiedere la TAC, l’ecografia.

Per SEARS si intende un quadro caratterizzato da una temperatura superiore a 38° o inferiore a 36° (nel caso di pazienti anergici che non rispondono con la febbre), una frequenza cardiaca superiore a 90, una frequenza respiratoria superiore a 20, una PCO2 inferiore a 32, una conta di globuli bianchi superiore a 12000 per ml.

Si parla di sepsi quando si è fatta diagnosi di SEARS ed in più ci sono degli esami colturali positivi (emocolture, urinocolture, contaminazioni batteriche per interventi chirurgici) sia per gram positivi che per gram negativi; i batteri più comuni sono Stafilococco Aureus, Pseudomonas. Lo shock septico si ha quando è confermata la SEARS e la sepsi ed il paziente è in uno stato d’ipotensione, in acidosi metabolica (perché l’emissione di sostanze batteriche endogene aumenta il metabolismo, la quantità d’ossigeno non è sufficiente, c’è anaerobiosi e produzione d’acido lattico), oliguria (perché c’è un’ipovolemia relativa), alterata funzionalità epatica e renale.


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