The 69 Eyes: Paris kills (CD - Roadrunner, 2002).
© Grendel

Tornano i The 69 Eyes e torna il “bel tenebroso” Jyrki, leader e cantante della band finnica, uno che con il suo bel faccino e la sua aria da rocker maledetto ha fatto volare alle stelle le quotazioni del proprio gruppo, grazie al supporto incondizionato delle gothic girls di mezza Europa. A dispetto di una discografia non propriamente eccelsa, che ha spesso raggiunto buoni livelli ma che è anche caratterizzata da alcune cadute di tono, i The 69 Eyes hanno ottenuto ottimi riscontri per ciò che riguarda le vendite e sono ormai abbastanza popolari anche qua da noi. Probabilmente con Paris kills acquisteranno molte nuove fans e bisseranno i successi del passato, ma a dire la verità la qualità di quest’ultima uscita lascia un po’ perplessi. Insomma ci si aspettava qualcosa di più dagli autori di un brano ormai classico come “Wasting the dawn”, magari una piccola evoluzione nello stile o per lo meno brani più coinvolgenti, invece l’ascolto del nuovo lavoro fa pensare quasi a una mancanza di ispirazione. Se brani come l’iniziale “Crashing high”, “Still waters run deep” e “Dance d’amour” fanno ben sperare, altri purtroppo non entusiasmano più di tanto, vedi la conclusiva “Dawn’s highway”. In questo secondo caso non si tratta di canzoni brutte, ma piuttosto un po’ scialbe: gothic rock songs senza infamia e senza lode. C’è inoltre da sottolineare che l’insistenza con la quale il vocalist Jyrki tenta di emulare Peter Steele appare talvolta un po’ troppo eccessiva, contribuendo così a far aumentare i dubbi su questo Paris kills, album che presenta sì qualche spunto interessante, ma non lascia il segno che dovrebbe.

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