PORDENONE Bartholomeo Liviano DAlviano
è un nome quasi sconosciuto a Pordenone (anche se gli è
dedicata una strada); eppure, è importante per la città
e la provincia per essere stato «unego sior», ovvero
feudatario-principe agli inizi del 1500 e padrone di quel castello
oggi adibito a carcere. Un personaggio illustre, quindi (umbro di
origine, nato nel 1455), ma messo in secondo piano dalla storigrafia
più comune. La figura del condottiero viene ora rivalutata da
un testo di Sandro Bassetti
- umbro anchegli ma molto legato alla città del Noncello
- che sarà presentato venerdì alle 18 nellantico
ospedale dei Battuti, a San Vito. Un libro voluto dalle edizioni
Ellerani per rendere omaggio a un passato da rivalutare e a un
personaggio che alla fine amò Pordenone sviluppando
unaccademia di artisti e letterati e favorendo lavvio
delle prime produzioni tessili, quelle che - qualche secolo più
tardi - fecero soprannominare la città la Manchester del Friuli.
Una storia, comunque, controversa, quella di
Bartholomeo dAlviano, come leffigie che Bassetti
ritiene essere del figlio Livio, dipinta
da Giovanni Antonio Regillo nella pala dellaltar maggiore della
chiesa di San Marco e da altri identificata in quella di
SantAlessandro a cavallo. Resta anche un sapore in cucina,
quello degli stringoli al radicchio rosso trevisano, che
riassumerebbe lorigine umbra (la pasta fresca) con i condimenti
locali con i colori bianco e rosso, quelli del blasone di famiglia.
Larrivo a Pordenone, come feudatario, è
datata 15 luglio 1508 (il 20 aprile vi era stata la resa alla
Serenissima) e a quel tempo risale anche lAccademia Liviana,
che ospitò i letterati di maggior fama del tempo. Un mecenate,
insomma, anche se di quellaccademia non è rimasto quasi
nulla, tanto da pensare a una corte di letterati più che a unistituzione.
Ma è sul fronte militare che brilla la stella
di Liviano DAlviano, presente in ben 125 battaglie in 42 anni
di carriera militare e con solo sei sconfitte e due armistizi. Non
operò mai come capitano di ventura, ma come condottiero, o
meglio - come lo definisce Bassetti
nel libro - un manager della guerra. Non solo stratega in
battaglia, ma anche architetto delle fortificazioni (avrebbe pure
scritto un libro sulle fortificazioni di Roveredo). A Pordenone viene
ricordato per tre episodi controversi (la violazione dei privilegi
della città, la taglia imposta nel 1513 e il sacco del 1514),
ma Bassetti offre
delle interpretazioni storiche diverse, che riabiliterebbero il
DAlviano a favore anche della città. |
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PORDENONE Non governò a lungo
Bartholomeo Liviano DAlviano a Pordenone - dal 1508 al 1515 -
ma bastò per imprimere alla città il suo suggello e
quello del figlio Livio Liviano (che gli successe nel 1515 a tredici
mesi di età e morì nel 1537 facendo ritornare il feudo
pordenonese sotto il dominio diretto della Serenissima). E non
mancarono i Sanvitesi coinvolti nelle controverse vicende della
dinastia in riva la Noncello, che occupò il castello oggi
adibito a carcere. Anzi fu proprio un Sanvitese, Nicolò
Montico a ricoprire per primo la carica di capitano nel 1508.
Della figura di Bartholomeo e del casato dei
DAlviano (dal nome della cittadina umbra) con particolare
riferimento al periodo friulano (furono i soli a potersi fregiare del
titolo di principe di Pordenone) parlerà stasera
alle 18 nel complesso dellex ospedale dei Battutti, Sandro
Bassetti autore del libro Bartholomeo
Liviano DAlviano edito da Ellerani. Interverrà
anche Giovanni Pietro Tasca, studioso di Storia locale e consulente
del museo civico De Rocco.
Importanti le opere avviate nella città del
Noncello, a partire dal rinforzo delle fortificazioni e delle mura
fino al miglioramento della rete fluviale che collegava i monti con
Venezia assicurando mercanzie e sale con un viaggio di due giorni
contro i quattro necessari via terra. Ma lo scalo di Valle, in
località Dogana, diventa importante anche per i passeggeri e
lo sarà fino al 1672, quando la via dacqua cadrà
in disuso.
Bassetti non si sofferma
solo sul sior de Pordenon sotto laspetto feudale e
militare, ma anche come mecenate, ispiratore di quella Accademia
Liviana della quale sono scomparse le tracce al punto da metterne in
discussione la stessa costituzione. Eppure, secondo lautore una
corte di letterati venne ospitata nel castello di
Pordenone sicuramente nellestate del 1508 e negli anni
successivi. Sotto la protezione dei DAlviano finirono anche
Giovanni Antonio de Sacchis (dal 1539 Regillo) detto il Pordenone e
alcuni suoi allievi, Giovanni Antonio Pilacorte lombardo ma famoso in
provincia per nuemrose testimonianze delle sue opere in particolare
nelle chiese, Girolamo Rorario letterato amato da imperatori e
Pontefici (compresi Carlo V e Leone X), Pietro Edo Capretto musicista
e poeta al quele è dedicata la scuola di musica pordenonese,
Pietro Bembo letterato veneziano con la carica di commendatario della
chiesa San Giovanni del Tempio di Sacile, e ancora Andrea Navagero,
Vegenzio Emiliani detto Cimbriaco (sua la poesia sulla lapide nel
portico di Palazzo Mantica).
La storia di Bartholomeo è quindi quella di un
personaggio illustre, (umbro di origine, nato nel 1455), ma messo in
secondo piano dalla storigrafia più comune. La figura del
condottiero viene ora rivalutata da un libro voluto per rendere
omaggio a un passato da rivalutare e a un personaggio che alla fine
amò Pordenone. |
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PORDENONE Mentre a Pordenone ancora si studia
una presentazione del libro di Sandro Bassetti edito
dalleditore Ellerani, dedicato a Bartolomeo Liviano
DAlviano, feudatario-principe di Pordenone agli inizi del
Cinquecento, in Umbria terra dorigine del condottiero e
del ricercatore il volume sembra piacere, al punto che tv e
radio locali vi hanno dedicato lunghe trasmissioni e le
amministrazioni comunali stanno pensando a una serie di iniziative
con il libro, o meglio quanto narrato in esso, come protagonista.
Anche lUniversità di Urbino avrebbe messo gli occhi sul
testo dimostrando un certo interesse. Lassociazione Amici del
Bravio e dei condottieri medievali, infine, sembra averlo adottato
consigliandolo tra le letture per capire la storia e i personaggi
della zona. Eravamo convinti fin dallinizio della
bontà del libro commenta leditore Giovanni
Ellerani e del contributo che può offrire alla storia
non solo locale. La prima conferma è avvenuta dal folto
pubblico intervenuto alla presentazione nel complesso a San Vito al Tagliamento.
Daltra parte aggiunge Giovanni
Pietro Tasca, che ha curato la prefazione il libro è
organizzato con ordine e chiarezza e si avvale di una scrittura agile
e piacevole alternata a citazioni e documenti. DAlviano non fu
solo un importante e famoso manager della guerra al servizio dei
potentati dellepoca (a Pordenone governò per conto della
Serenissima), ma si occupò anche del potenziamento e
dellammodernamento delle fortificazioni di molte città
venete e della stessa Pordenone, della produzione di artiglierie
davanguardia per lepoca; ebbe vasti interessi culturali
di stampo umanistico-rinascimentale e manifestò un generoso
mecenatismo che lo portò ad accogliere sulle rive del
Noncello, tra il 1508 e il 1509, un cenacolo di intellettuali colti e raffinati.
Sandro Bassetti, ternano ma pordenonese di
adozione (abita ad Azzano Decimo) è rimasto ammaliato dalla
figura del suo concittadino padrone del castello oggi adibito a
carcere che, lontano dal Noncello, chiedeva al suo cancelliere di
fargli avere due botti de vin bon del suo de Pordenon, perché
è fama a Venezia non esservi boni vini. Un aneddoto riportato
spesso in terra umbra anche da Enio Navonni ideatore di un museo e un
centro di documentazione dedicato al DAlviano e ai capitani di ventura. |
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