giovedì 9 agosto 2001

Amori e intrighi di corte.
Storiche Stanze/1

Enio Navonni

TERNI — Tralasciando volutamente il periodo etrusco, il castello fu caposaldo di avvistamento e contrasto e sede di guarnigione: romana (dal 209 a.C. al 476); ostrogota (dal 476 al 537); bizantina (dal 537 al 571); longobarda (dal 571 al 774); pontificia (dal 774 all’809). Castello feudale dall’809 al 1695). Palazzo baronale (dal 1695 al 1978). Residenza condominiale (dal 1985). Insomma, stiamo parlando del maniero di Monte Rubiaglio in quel di Castel Viscardo. E i dati sopra riportati provengono dal libro, "Un fiume, un ponte, un castello", dell’ingegnere Sandro Bassetti, inquilino del piano nobile. Dunque, date da lui, sono notizie da prendere a scatola chiusa. E ora, grazie al meraviglioso minitascabile scritto dal giornalista Jader Jacobelli, anche lui monterubiagliese d’adozione, possiamo parlare degli illustri personaggi che nei secoli hanno soggiornato nel castello. Sono imperatori, papi, re, regine, due ospiti tristemente famosi, ma soprattutto Cristina di Svezia e il fantasma che ancora si aggira, in un certo periodo, per quelle storiche stanze. Il volumetto, sponsorizzato dalla Cassa di Risparmio di Orvieto, costa 10.000 lire, e può essere richiesto al Centro studi e comunicazioni sociali di Monte Rubiaglio.

Per primo arrivò Ottone III

Il primo grande ospite del castello, scrive Jacobelli, fu l’Imperatore del Sacro Romano Impero di Germania, Ottone III (908-1002). Un impero che, bene o male, si resse fino al 1806 quando Napoleone Bonaparte lo cancellò dalla storia futura. Ottone - prosegue Sandro Bassetti - fu Imperatore a 14 anni e lo istruì il cugino Brunone che ne aveva 22 e che era anche il suo confessore. Per gratitudine - allora si poteva - lo fece Papa, il primo Papa tedesco, Gregorio V. Ottone era cagionevole di salute ed aveva il temperamento del sognatore. Avrebbe voluto che Roma tornasse agli antichi splendori di centro universale della cristianità. Ma di ciò non gli furono grati né i tedeschi, né i romani. L’aria romana lo ritemprava, ma non poté respirarla molto perché due volte andò a Roma e due volte lo cacciarono. Deposero anche il suo Papa, ma lui ne nominò un altro che gli era stato maestro, Silvestro II. Ottone visitò il castello di Monte Rubiaglio nel 1002 quando, cacciato da Roma la seconda volta, si rifugiò fra Viterbo e Orvieto. In quello stesso anno morì vicino a Viterbo. Aveva soltanto 22 anni. La salma fu tumulata ad Acquisgrana vicino alla tomba di Carlo Magno. Con lui - conclude Sandro Bassetti - si estinse la Dinastia dei Sassonia, quella che aveva come insegna un’aquila appollaiata su un drago.

Da parte nostra, prima di passare ad un altro grande personaggio storico che soggiornò a Monte Rubiaglio, Carlo I D’Angiò (1226-1285), ci piace ricordare che Ottone III, recatosi a Roma nel 996 per farsi incoronare Imperatore dal Papa, lasciò ad Alviano il suo fido conte Offredo, dal quale nacque la Dinastia degli Alviano.

Carlo I D’Angiò - torna Sandro Bassetti - fu il secondo grande ospite del castello di Monte Rubiaglio nel 1286. Aveva 42 anni ed era Re di Sicilia, come figlio del Re di Francia, Luigi VIII. Fu Papa Clemente IV che lo volle su quel trono contestato per impedire che da Palermo la Dinastia sveva potesse mettergli contro l’Italia. Anche per questo trasferì la capitale del Regno a Napoli. Per quasi vent’anni gli andò bene. Nella Crociate conquistò Corfù, Valona, Durazzo, il reame d’Albania

e quello di Gerusalemme. Ma nel 1282 - era il lunedì di Pasqua - i siciliani si rivoltarono e lo spodestarono a vantaggio degli Aragonesi. Fu quella l’insurrezione popolare - prosegue Bassetti - cosiddetta del Vespro il cui bilancio fu di quattromila morti. Ad accendere la miccia fu l’inasprimento delle imposte per pagare i debiti di guerra e la politica di prestigio che gli angioini conducevano. La visita al castello di Monte Rubiaglio - conclude il giornalista - avvenne durante un incontro con i Monaldeschi, la potente famiglia che per secoli ha dominato la zona come grande feudataria dello Stato Pontificio.

Ed eccoci a Niccolò IV (1230-1292). Fu il primo Papa francescano, più preoccupato delle cose spirituali che di quelle materiali. Egli delegò praticamente ai principi Colonna il governo dello Stato pontificio suscitando la reazione di altre famiglie nobili romane, in testa gli Orsini. Non trovandosi a suo agio nella solennità del Palazzo Vaticano, Niccolò IV mise la sua residenza prima a Rieti, poi a Viterbo; tornando a Roma soltanto quando c’era da comporre qualche conflitto. Ospite dei monaldeschi di Monte Rubiaaglio il 9 giugno 1290 provenendo da Viterbo, morì a Roma nel 1292 ed è sepolto nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Non era niente - rileva Bassetti -, ma è interessante sapere che gli succedette quel Celestino V che era stato eremita e che, come lui, non si adottò al genere di vita pontificia, tanto che "fece il gran rifiuto", cioè si dimise e presto morì, ucciso dai protestanti i quali gli conficcarono un chiodo in fronte, come è stato accertato recentemente aprendo la sua tomba. Ventun anni dopo fu fatto Santo, forse per quel rifiuto, o forse per quel chiodo.

Ecco anche Caterina De’ Medici

Facciamo la conoscenza con un altro grande personaggio storico a suo tempo ospite del castello di Monte Rubiaglio: Caterina De’ Medici, (1519-1589). Il Castello aprì le porte a Caterina nel 1532 quando aveva soltanto 13 anni e non era ancora, ovviamente, Regina di Francia. Lo diventò a 40 anni. Orfana di padre e di madre fin dalla culla, ebbe come alto tutore Clemente VII, che era suo cugino e che la rinchiuse, per proteggerla, nel convento della Santissima Annunziata, a Firenze. Ma non vi rimase molto perché a 14 anni, l’anno dopo essere stata al Castello e aver visto Orvieto guidata dai Monaldeschi, andò sposa al duca d’Orleans, il secondogenito del Re di Francia, Francesco I, che poi diventerà Enrico II. Questo Enrico - prosegue Sandro Bassetti - aveva però fra le sue donne di corte il vero amore, Diana di Poitiers, che Caterina, umiliata e offesa, dovette sopportare al suo seguito "per ragioni di Stato", al punto che chi faceva qualche dono a lei, lo doveva fare riservatamente anche a Diana, per rendersi gradito al Re. Per dieci anni Caterina non ebbe figli, e la causa fu attribuita al fatto che aveva cavalcato troppo sul mulo come un cavaliere. Questo animale - si diceva allora - aveva il potere di comunicare la sua sterilità. Così Caterina prese a cavalcare da amazzone, cioè sedendosi sulla sella di fianco. Vedi caso, nei dieci anni seguenti Caterina mise al mondo dieci figli, bella rivincita di una donna sterile. Nel 1559 - Caterina aveva 40 anni - morì il Re marito, Enrico II. In un festoso torneo la scheggia di una lancia gli trafisse un occhio e lo uccise. Salì allora al trono un principe di 15 anni, Francesco II, che morì però l’anno dopo. Fu

allora la volta di uno dei figli di Caterina De’ Medici, che divenne Carlo IV, ma che aveva soltanto 10 anni, per cui la madre fu nominata Reggente. Caterina si trovò così a dover governare e ad affrontare la lotta fra cattolici e protestanti che scosse lo Stato francese alle radici. In questa difficile funzione mostrò tutta la sua intelligenza ed il suo equilibrio facendo una politica di pacificazione. Il 2 agosto 1572, nella ormai storica "notte di San Bartolomeo" avvenne il massacro dei protestanti (gli Ugonotti) inseguiti casa per casa dai cattolici: una tristissima pagina della guerra fra i fanatici delle diverse religioni - sottolinea Sandro Bassetti -, che così conclude: nel 1574, a soli 14 anni, morì Carlo IX di Francia e lo sostituì suo fratello Enrico III. Caterina De’ Medici si tirò allora da parte, ma il suo ascendente di donna colta e volitiva non si interruppe fino alla morte che avvenne nel 1589, quando aveva 70 anni.

Enrico IV di Borbone

Il quinto personaggio storico che Sandro Bassetti elenca fra i visitatori del castello di Monte Rubiaglio è Enrico IV di Borbone, (1533-1610), re di Francia. La sua storia è collegata a quella della Regina Caterina perché divenne Re proprio quando fu ucciso suo figlio, Enrico III, per mano di un monaco folle il quale intese vendicarsi delle concessioni fatte ai protestanti. Per salire al trono, Enrico IV, che era calvinista, cioè protestante, si convertì al cattolicesimo. Anche lui aveva sposato un’italiana: Maria de’ Medici, figlia del Granduca di Toscana, Ferdinando I. Nonostante l’opportunistica conversione, prosegue Bassetti, Enrico IV si alleò con i protestanti tedeschi per impedire un accordo tra gli Asburgo d’Austria e quelli spagnoli. Ma questa alleanza suscitò la reazione dei cattolici, e anche lui fu pugnalato da uno di loro, di nome Ravaillac. Fu un’ironia della sorte essere uccisi da un fanatico in nome della religione che aveva abbracciato, e non di quella che aveva abbandonato. Enrico IV, che è considerato il fondatore della Francia moderna, trascorse qualche giorno nel Castello di Monte Rubiaglio a 12 anni, nel 1545. Fu durante un viaggio in Italia con soste a Firenze, Orvieto e Roma. Chi andava a Orvieto era sempre ospite dei Monaldeschi e questi non mancavano di far visitare quello che era il loro Castello più vicino e più amato.

Ora Sandro Bassetti passa a presentarci con un lungo scritto rispetto agli altri, un’altra illustre e famosa ospite della fortezza di Monte Rubiaglio: Cristina di Svezia, (1626-1689). Questa è l’ospite del Castello che suscita la maggiore curiosità. Per questo la sua biografia è più ampia delle altre. Del resto - nota Bassetti - sono poche le Regine a cui è stato dedicato un grande film americano, come quello interpretato dalla Garbo. Il fatto è che nella sua vita c’è del rosa e del giallo. Cristina era nata nel dicembre 1626 da Gustavo Adolfo Re di Svezia. Il padre morì in guerra contro la Germania e Cristina diventò Regina a 6 anni. Fino a 18 fu un fiore di ragazza: educatissima e molto intelligente. Imparò ben otto lingue, fra cui il greco e il latino.

Cristina di Svezia, affamata di uomini

Studiò filosofia e anche scienza. Il libro a cui era più affezionata era il "Principe" di Machiavelli, tradotto in francese. Era anche una ragazza piena di vita, energica, simpatica. Non bellissima, d’aspetto un po’ mascolino e un poco pelosetta, vestiva sempre

da cavallerizzo, velluto verde, cappello piumato e spada al fianco, ma aveva - evidenzia ancora Sandro Bassetti -quello che oggi si chiama "sex appeal", una forte attrazione sessuale. Il suo vizio era però d’essere volubile, impaziente, autoritaria, affamata di uomini. A proposito della sua mascolinità si racconta che una volta, visitando un collegio di ragazze, tutte volevano baciarla. La cosa la preoccupò e disse al suo maggiordomo: "Si vede che mi hanno preso per un uomo". E maliziosamente aggiunse: "Ma voi sapete bene che sono una donna". Per suo impulso, la Svezia raggiunse la pace con la Danimarca. La pace di Westfalia pose infatti termine alla "guerra dei trent’anni" fra i due paesi. Tutto bene, dunque, fino a 18 anni, ma poi Cristina si scatenò. In tutti i sensi e con tutti i sensi. Si stancò di essere Regina e non ne volle più sapere di amministrare con saggezza i beni dello Stato e di rendere conto ai suoi Ministri delle spese che faceva. Si stancò di essere casta e passò da un amante all’altro. Aveva una preferenza per gli italiani e, in particolare, per i napoletani. Si stancò anche di stare in Svezia. Prima andò in Belgio e si mise sotto la protezione del cattolicissimo Re di Spagna Filippo IV, perché aveva paura che i protestanti si vendicassero per la sua conversione. Poi - prosegue Bassetti - a 29 anni, dopo avere adbicato a favore del cugino Carlo Gustavo, venne in Italia. Avrebbero voluto farle sposare quel cugino, ma lei si oppose dicendo che un uomo per sempre non le sarebbe bastato. Aveva tanti vizi, fra cui una sincerità spregiudicata, provocatoria ed esibizionistica. Il viaggio in italia fu un trionfo perché Papa Alessandro VII intuì che una regina convertita faceva gioco, e fece organizzare per lei a Roma feste straordinarie con spettacoli teatrali, concerti, balli, gare sportive. Ma Cristina si stancò presto anche di questo carnevale romano e le famiglie nobili la presero in antipatia per il carattere instabile e per i suoi comportamenti imprevedibili. Le mogli dei nobili romani temevano poi per i loro mariti. Intanto, ormai allenata a tradire tutto e tutti, tradì la Spagna, passando dalla protezione del Re Filippo IV a quella della Francia soltanto perché gli era saltata in testa la voglia - è proprio il caso di definirla così, rileva Sandro Bassetti - di diventare Regina di Napoli. Ma non le riuscì perché la Francia non glielo concesse, sebbene lei si fosse trasferita vicino a quella Corte, a Fontainebleau, con il seguito di mille cavalleggeri. Cristina di Svezia aveva allora 31 anni. Ma qui entriamo nel vivo della sua storia e di quella del Castello di Monte Rubiaglio. Ne parleremo nella prossima puntata.

Home page

Top page