Organizzazione Militare

L'esercito dal periodo regio all'Impero

A considerare l'efficienza che dimostrò nelle numerose guerre di conquista, l'esercito romano può esser definito come la più poderosa macchina militare dell'antichità.

 

Al tempo dei re, ogni cittadino dai 17 ai 46 anni di età era soldato, ma l'esercito si formava solo in caso di guerra ed era costituito da una sola legione (legio = leva). I contingenti con cui si formava la legione erano basati sulle tribù ( tre nel periodo reggio), ognuna delle quali forniva, 1000 fanti e 100 cavalieri, così che la legione era composta da 300 cavalieri e 3000 fanti. la legione, comandata dal re, era congedata alla fine del conflitto, ai suoi ordini erano i tribuni militum, uno per ciascun contingente di fanteria fornito, ed i tribuni celerum per gli squadroni di cavalleria. L'armamento doveva essere quello tipico dell'epoca: corazza, elmo e schinieri di cuoio, scudo di legno, rinforzato da elementi di metallo, una picca (lancia), e la spada. Lo schieramento, in battaglia, avveniva con un fronte compatto, fanti al centro e cavalleria sulle ali, con i combattenti più capaci e meglio armati nelle prime file, davanti a tutti i velites (soldati armati di lance, che scagliavano contro il nemico in avvicinamento per poi ritirarsi dietro lo schieramento).

 

Una prima riorganizzazione dell'esercito si ebbe con Servio Tullio (578-534 a.C.) contemporanea a quella sociale, la popolazione venne divisa in cinque classi a seconda del reddito (censo) ogni classe in centurie (maggiore il reddito maggiore il numero di centurie), per un totale di 193, ognuna delle quali doveva fornire 100 uomini validi all'esercito. Nella prima classe erano inclusi i cittadini con maggior censo, aveva quindi un numero maggiore di centurie e forniva anche i contingenti di cavalleria. Il resto della milizia era fornito dalle restanti classi. L'ordinamento della legione aveva per base la decuria e la centuria, mentre la cavalleria era divisa in turme (tre decurie). La formazione era analoga alla precedente, 3000 uomini su sei righe di profondità e 500 file di fronte, che si muoveva all'unisono contro il nemico, con davanti sempre i velites. Questo tipo di formazione aveva indubbi vantaggi, era un complesso monolitico difficilmente arrestabile una volta in movimento che schiacciava il nemico, ma aveva in se anche evidenti difetti, mancava di flessibilità e di manovrabilità e in seguito come formazione tattica fu abbandonata. Infatti la legione "manipolare" nacque con la necessita di avere reparti più manovrabili e capaci di agire con più elasticità.  Il manipolo aveva una forza di 120 uomini per gli hastati e i principes e 60 per i triarii, mentre la cavalleria rimaneva divisa in decurie e turme.

 

In età repubblicana, le legioni diventarono due: ciascuna, agli ordini di un console, era formata da 4200 fanti più la cavalleria. Il console era coadiuvato da 6 ufficiali superiori i tribuni militari, che sceglievano fra la truppa i centurioni e i graduati. In battaglia, i legionari si disponevano su tre linee: nella prima gli astati, armati di una lunga lancia (hasta); nella seconda i principi (che in origine formavano la prima linea: princeps = il primo); nella terza i triari, veterani destinati a sostenere l'urto finale. Tutti erano armati di una corta spada (Gladius) e di un grande scudo rettangolare. Il combattimento era aperto dai veliti, un corpo di giovani armati alla leggera con un fascio di giavellotti. Con la legione combattevano i fanti e i cavalieri degli alleati italici (socii). La cavalleria occupava le ali dello schieramento (per cui era chiamata alae).

Di età repubblicana è la descrizione che è riportata da Polibio per quanto concerne l'arruolamento e il tipo di armi

 

Nel I secolo a.C., il console Gaio Mario creò un esercito permanente di volontari e suddivise la legione in coorti (composte di 600 uomini), unità tattiche più forti dei manipoli. Spariva il velite (sostituito da truppe ausiliarie), che diventava fante come gli altri, e soprattutto non vi erano più differenze di armamento fra hastati, principes e triarii, ma tutti diventavano fanti legionari. La riforma di Mario ridusse anche le salmerie (impedimento); ogni soldato portava tutto con sé, persino il materiale per accamparsi: il suo fardello pesava 30-40 chili. La cavalleria, inoltre, non era più formata con elementi italici, ma era tratta da truppe ausiliarie. Gli italici potevano arruolarsi nell'esercito regolare, perciò le truppe ausiliarie (auxilia) erano reclutate nelle province: le coorti romane erano così affiancate da frombolieri iberici e cavalieri galli. La legione coortale di Mario si schierava su due linee di coorti, a scacchiera. Gli ausiliari reclutati nelle province militavano in corpi di 500-1000 uomini destinati a sostenere il primo urto nemico. Grazie alle loro competenze, l'esercito guadagnò in flessibilità: i Siriaci, ad esempio, erano abilissimi arcieri, i Traci magnifici cavalieri. Al congedo, gli ausiliari ottenevano la cittadinanza romana. Giulio Cesare modificò in parte lo schieramento portando le coorti su tre linee, quattro in prima linea, e tre in seconda e terza linea, queste ultime utilizzate anche come riserve.  La coorte era una formazione che sia numericamente che per armamento la rendeva utilizzabile anche isolatamente.

 

Alla fine della repubblica, l'esercito era costituito da 45 legioni. Augusto le ridusse a 25, ma vi affiancò i corpi alleati, che fornivano un contingente di fanteria pari a quello romano e uno, assai maggiore, di cavalleria.

L'espansione dell'impero fu tale che intorno al 100 d.C. l'esercito era composto in maggioranza da non italici.

 

Dallo storico latino Tacito (Annali):

Passò, allora, Tiberio rapidamente in rassegna il numero delle legioni e le provincie che avrebbero dovuto difendere; cosa che ritengo anch'io di dover fare qui, parlando dei corpi armati... Due flotte, l'una presso il capo Miseno, l'altra vicino a Ravenna, presidiavano l'Italia nell'uno e nell'altro mare; accanto poi alle spiagge della Gallia, stavano le navi rostrate che, catturate nella battaglia d'Azio, Augusto con un forte equipaggio aveva mandato al Foro Giulio. Il nerbo più forte dell'esercito era, per altro, presso il Reno: Otto legioni che erano di presidio contro i Germani e contro i Galli; la Spagna, invece, da poco soggiogata, era occupata da tre legioni. Il re Giuba aveva accettato come dono dal popolo romano il dominio sui Mauri; mentre le altre regioni dell'Africa e d'Egitto avevano il presidio di due legioni, e da quattro legioni era sorvegliato per tutta la sua vastità il territorio dai confini della Siria fino al fiume Eufrate, col quale confinano gli Iberi, gli Albani ed altri regni, che la nostra potenza protegge contro signorie straniere... Due legioni in Pannonia e due in Mesia tenevano le sponde del Danubio, mentre altrettante ve n'erano in Dalmazia, che, per la natura del luogo collocate a tergo di quelle, sarebbero state rapidamente richiamate da luoghi non lontani, qualora in Italia fosse stato necessario un intervento improvviso, per quanto accanto a Roma vi fossero di stanza milizie speciali, tre coorti urbane, nove pretorie, quasi tutte arruolate nell'Etruria e nell'Umbria, o nell'antico Lazio o nelle colonie fondate anticamente dai Romani. Inoltre, nei luoghi più opportuni delle provincie vi erano le triremi alleate, la cavalleria e le coorti ausiliarie, forze di importanza non minore delle altre.

Questo testo mostra come all'epoca di Augusto, esistesse una marina, un esercito delle frontiere composto da legioni e unità ausiliarie, e infine da truppe di stanza a Roma.

 

All'inizio del II secolo Adriano tentò di controllare il vasto impero , con innovazioni politico militari, abitato da 80-100 milioni di persone con un esercito relativamente modesto di 300-400 mila soldati. Egli incrementò il sistema difensivo fisso - limites - Queste linee fortificate non erano presidiate di norma da reparti legionari ma da ausiliari, mentre le legioni erano stanziate più all'interno e rappresentavano l'elemento necessario, in caso di invasioni, per un intervenire duro, massiccio e risolutivo.

L'esercito era ormai composto quasi esclusivamente da provinciali e in battaglia si era accentuata la tendenza a serrare le fila tra reparto e reparto rendendo l'insieme dello schieramento meno mobile, Adriano ratificò questa pratica schierando le dieci coorti in un quadrato quasi senza intervallo tra un reparto e l'altro, in pratica riproponendo una formazione a falange. Davanti a tutto era la cohors miliaria, formata dai migliori soldati che copriva l'intero fronte della legione.

 

Il livello di vita decisamente agiato e ricco in cui prosperava l'impero, contrastava con il tenore di vita delle popolazioni confinanti. Questo portò a veder aumentare, nei più sperduti angoli dell'Impero, le continue infiltrazioni di barbari, che col tempo, tendevano a trasformarsi da invasioni di saccheggio in vere e proprie migrazioni di popoli. Così abbandonata la tattica offensiva, che fino a quel periodo aveva consentito di prevenire situazioni analoghe, per una strategia di pura difesa, attuata con i limites, si trasformò di conseguenza anche la struttura interna delle legioni, che stanziate in località strategiche dovevano però poter intervenire velocemente anche in locaità distanti, e spesso portare soccorso nei punti maggiormente colpiti, senza però abbandonare la difesa locale. A questo scopo fu necessario disporre in tempi brevi di reparti qualitativamente molto efficienti, del tutto autonomi dal corpo principale della legione, e quindi utilizzabili per essere inviati velocemente, le vexillationes (distaccamenti). In linea teorica quando ne sorgeva la necessità, la Legione distaccava una parte delle sue truppe e le inviava là ove occorrevano; in pratica invece questi reparti erano formati dai migliori legionari mentre i rimanenti, in genere i meno giovani o i meno combattivi, continuavano a permanere nella sede stanziale della Legione. Il sistema, anche se molto usato, non poteva dare risultati positivi sia perché si affrontava il nemico con eserciti formati da reparti provenienti da unità diverse, anche se professionalmente efficienti, sia perché venivano indeboliti i confini ove le Legioni avevano dovuto cedere vessillazioni. Veniva inoltre costituito anche un altro tipo di reparto, il numerus, formazione di circa 1.000 uomini reclutati fra i barbari stanziati entro i confini: era questo un altro tassello alla barbarizzazione dell'esercito.

 

Dal periodo di Adriano in poi l'Impero tendeva ormai solo a difendersi sia dalle forze esterne, costituite dalle popolazioni barbare che premevano ai confini, che da quelle interne: il senato e le antiche magistrature ormai non erano che vuota parola, da tempo senza potere, ed era per pura continuazione della tradizione che alcuni imperatori recavano loro ossequio formale, il cristianesimo, il depauperamento delle campagne, le crisi finanziarie, le epidemie ed infine l'esercito, erano gli elementi più evidenti che contribuirono alla destabilizzazione del potere centrale. L'apparato militare era ad un tempo elemento di crisi con le continue sollevazioni e gli ammutinamenti, ma era anche l'unico mezzo con cui si salvava l'unità territoriale dell'Impero.

 

Design by  Flavio Nitoglia ©