Rubrica Periodica "Medicina e Sport" "Efficienza fisica: principi per una corretta preparazione atletica" A cura del Dott. Roberto Gattobigio Cardiologo e Medico dello Sport (Maggio 2009)
Indice
Con la bella stagione alle porte prima di indossare tuta e scarpe per iniziare a correre è bene conoscere qualche consiglio per allenarsi al meglio. Il sistema cardiocircolatorio rappresenta il motore di un sistema molto complesso, che comprende altri elementi forse meno conosciuti, ma altrettanto importanti per il funzionamento dell’organismo rappresentati da arterie, vene, polmoni, ma anche gli stessi tessuti periferici in cui avvengono gli scambi gassosi. Il cuore, naturalmente, è il motore: un motore così potente e sofisticato da adattarsi in ogni momento alle differenti condizioni di esercizio fisico. La frequenza cardiaca ci offre la possibilità di verficare, seppur con qualche limite, se il sistema è in grado di rispondere efficacemente alle nostre richieste. Va premesso che prima di impegnarsi in qualunque attività sportiva sia per coloro i quali non abbiano mai fatto sport, sia nei soggetti fermi da molto tempo, la prima corsa da fare è in direzione dello studio di un medico dello sport. Sarà la sua visita, con tanto di elettrocardiogramma e prova da sforzo, a dare il via libera per cominciare qualunque attività sportiva che è, comunque, fatta di sforzi e quindi fonte di stress per tutto l’organismo. A questo punto, il modo più semplice per regolare l’intensità degli allenamenti, è quello di controllare la frequenza cardiaca. Obiettivo dell’allenamento è essenzialmente quello di innalzare i parametri di efficienza cardiocircolatoria e respiratoria, ovvero la resistenza organica (capacità dell'organismo di durare molto a lungo in un lavoro continuo. Il meccanismo energetico prevalentemente utilizzato è quello aerobico). Ovviamente i benefici si estendono anche all'apparato locomotore. Un’attività fisica ben programmata in funzione dell’età e della condizione fisica, può migliorare in maniera anche vistosa l'efficienza fisica generale e contenere “l’aggressione” del tempo sull'organismo ottenendo anche dal punto di vista psicologico ottimi risultati. Per ottenere i benefici dall’allenamento modulato dai valori di frequenza cardiaca, si possono utilizzare DIVERSI MEZZI come correre su terreno o su tapis roulant, nuotare, pedalare sulla bici in strada o sulla cyclette, sciare, remare in acqua o su vogatore, salire e scendere le scale o da uno step, ecc. I mezzi utilizzati sono solo gli "strumenti" utili a raggiungere un unico obiettivo che è quello di elevare i parametri di risposta organica (tra questi l'innalzamento della frequenza cardiaca e respiratoria). L'unico aspetto che li differenzia è il miglioramento della RESISTENZA LOCALE che è la capacità di un ristretto settore muscolare di eseguire un lavoro per un determinato tempo. In sostanza si specializzano alla resistenza quei muscoli che vengono impegnati in maniera prioritaria. Se la cyclette agisce maggiormente sui muscoli delle cosce, il vogatore impegna anche quelli delle braccia e del dorso. Lo step, la corsa e lo sci impegnano soprattutto i muscoli delle cosce, gambe e piedi. Il nuoto, grazie alle varie specialità, può coinvolgere praticamente tutti i maggiori muscoli del corpo.
La metodologia (in questo caso il parametro di riferimento è l'intensità di lavoro) deve essere basata essenzialmente sull'utilizzo energetico del SISTEMA AEROBICO dove le tensioni muscolari sviluppate sono molto basse (sotto il 30% circa del massimale). Durante il lavoro muscolare il consumo e il reintegro energetico rimane in equilibrio, permettendo una durata che oltrepassa i 3 minuti per arrivare anche ad alcune ore. I substrati energetici sono forniti inizialmente dall'ossidazione dei glicidi poi, dopo 30-40 minuti circa, anche dai grassi. Questi ultimi assumeranno sempre più un ruolo prioritario man mano che si allungano i tempi di lavoro. Il prodotto finale di questa reazione energetica è l'acqua, l'anidride carbonica e l'energia che risintetizza l'ATP (fonte energetica del muscolo). L'acqua e l'anidride carbonica vengono eliminate con la respirazione, i reni (urina) e la sudorazione. Per rimanere all'interno del meccanismo aerobico è necessario non superare la cosiddetta SOGLIA ANAEROBICA (intensità di lavoro limite dove si mantiene ancora un equilibrio tra acido lattico prodotto e acido lattico smaltito, ovvero non subentra ancora in maniera prevalente il meccanismo energetico anaerobico lattacido, meccanismo che limiterà progressivamente la possibilità di proseguire il lavoro). Infatti, se si intensifica il ritmo, ovvero si utilizzano tensioni muscolari mediamente elevate, al meccanismo aerobico subentra il SISTEMA ANAEROBICO LATTACIDO, dove la stanchezza e l'incapacità a proseguire a ritmi elevati sopraggiunge dopo una decina di secondi per evidenziarsi sempre di più tra i 45-120 secondi circa (esempio tipico sono le distanze nella corsa piana che vanno dai 400 ai 1000 metri circa dove i ritmi di corsa tendono progressivamente e vistosamente ad abbassarsi). Dopo lo sforzo la capacità contrattile iniziale viene ripristinata in circa tre ore, tempo di smaltimento dell'acido lattico (la metà ogni 15 minuti circa. Negli atleti specialisti può scendere anche sotto gli 8 minuti). La reazione energetica del muscolo, che avviene in assenza di ossigeno (anaerobica) porta alla formazione finale di acido piruvico e acido lattico. Quest'ultimo limita fortemente la capacità di proseguire nel lavoro. Quando invece l' intensità delle tensioni muscolari è massimale o submassimale, viene utilizzato il SISTEMA ANAEROBICO ALATTACIDO. In questo caso il lavoro muscolare intenso può essere protratto solo per circa 8-10 secondi e l'energia spesa viene ripristinata dopo circa 3 minuti di riposo. Questo sistema dipende dagli accumulatori di energia e non necessita di ossigeno.
I principali metodi per migliorare l'efficienza aerobica
Quando si allena la resistenza aerobica vanno presi in considerazione due aspetti:
1. CAPACITÀ AEROBICA.
Rappresenta la possibilità di protrarre a lungo il lavoro grazie alla presenza ottimale delle sostanze energetiche (glicogeno muscolare ed epatico). È l'aspetto "quantitativo" della resistenza. Il miglioramento della capacità aerobica si effettua con lavoro prolungato e, quindi, tale da comportare il giusto utilizzo della miscela energetica glicogeno-grassi. Nel fitness è la metodologia più utilizzata, soprattutto da chi ricerca in questa attività un prevalente miglioramento dell'efficienza cardiocircolatoria e respiratoria.
2. POTENZA AEROBICA.
Risulta fondamentale per innalzare l'intensità di lavoro pur rimanendo nel sistema aerobico ed è strettamente legata alla quantità di composti energetici muscolari (ATP) che il metabolismo aerobico del soggetto è in grado di sintetizzare nell'unità di tempo. Un ruolo importante è assunto anche dal massimo consumo di ossigeno, detto VO2max, che è la più grande quantità di ossigeno che si riesce a consumare nell'unità di tempo riferendosi ad 1 Kg. di peso corporeo e che rappresenta la massima intensità di lavoro realizzabile al di sotto della soglia anaerobica evitando di ricorrere alla glicolisi anaerobica e di accumulare acido lattico nei muscoli. Il VO2max è predeterminato geneticamente ed è scarsamente allenabile (può aumentare non oltre il 10-20%). È l'aspetto "qualitativo" della resistenza ed è tipica di chi pratica sport agonistico di durata. Atleti specialisti di gare di resistenza utilizzano il 70-85% del VO2max.
I parametri per valutare corretta applicazione dei metodi aerobici
Il parametro di riferimento più semplice da valutare per stabilire l'intensità di allenamento è la frequenza cardiaca (FC, ovvero numero di pulsazioni cardiache al minuto) che si deve mantenere per un certo periodo di tempo. Per stabilire questa frequenza vengono utilizzati normalmente quattro metodi. Il PRIMO METODO utilizza una percentuale della frequenza cardiaca riferita a quella massima del soggetto (MFC). Si limita a mettere in relazione la massima frequenza cardiaca con l'età in quanto dopo i 30 anni circa i parametri di efficienza fisica in genere tendono ad abbassarsi di circa l' 1% annuo. Ovviamente non considera la condizione di allenamento del soggetto e la frequenza cardiaca a riposo che varia anche di molto da soggetto a soggetto. E’ il metodo più usato in quanto di semplice applicazione pratica e praticamente non rischioso per l’ integrità fisica dei non allenati.
Il SECONDO METODO prende in considerazione la frequenza cardiaca di riserva (FCR), ovvero la differenza tra la massima frequenza cardiaca (MFC) e la frequenza cardiaca a riposo (FC): FCR = MFC - FC. La MFC viene stabilita con lo stesso procedimento esposto nel primo metodo (220 - età in anni). Ai fini allenanti viene proposta una percentuale riferita alla frequenza cardiaca di riserva sommata alla frequenza cardiaca a riposo (% di FCR + FC). Solitamente l’intensità di allenamento, condizionata dal valore della frequenza cardiaca, rientrerà in un intervallo di frequenza cardiaca compreso tra un valore minimo (pari al 60% della somma FCR + FC) ed un valore massimo (pari al 80% della somma FCR + FC). Il TERZO METODO fa invece riferimento al massimo consumo di ossigeno (VO2max), ovvero alla frequenza cardiaca che accompagna ogni percentuale riferita al VO2max. Questo metodo richiede la conoscenza della massima potenza aerobica che si ricava con opportuni test come ad esempio il test di Cooper la cui complessa elaborazione viene riservata alla preparazione degli atleti agonisti. Pertanto sottoporre persone non allenate, di diversa età e sesso, a test massimali può comportare anche dei rischi seri per la salute. Il QUARTO METODO prende in esame la riserva di ossigeno (VO2R), ovvero la differenza tra il VO2max e il VO2 a riposo. Il consumo di ossigeno a riposo mediamente è considerato 3,5 ml/kg/minuto. Ad ogni percentuale della massima frequenza cardiaca e del VO2max corrisponde un tipo di stimolo specifico sulle capacità organiche e muscolari. In soggetti allenati ma non dediti ad attività agonistica professionistica, vengono utilizzate essenzialmente le due zone di lavoro del 60-70% e 70-80%. Potrebbe risultare interessante, a maggior chiarimento di quanto esposto, una tabella:
Sintesi degli obiettivi raggiungibili con l'attività fisica
*HRMax = Massima Frequenza Cardiaca. L'intensità compresa tra l'85-90% della HRmax va riferita ad atleti allenati (n.d.r.). F.C.R. = Riserva di Frequenza Cardiaca = F.C. max - FC a riposo. VO2max = Massimo Consumo di Ossigeno. VO2R = Riserva di Ossigeno (VO2 Reserve), ovvero VO2max - VO2 a riposo
Nell’intraprendere gli allenamenti sarà consigliabile regolare l'intensità, almeno nella fase iniziale del programma di allenamento, intorno al 60% della propria massima frequenza cardiaca (all'occorrenza anche meno); tenere presente che una frequenza cardiaca intorno al all'80% di quella massima comporta già un notevole impegno che si evidenzia con il “fiatone”. Se non si dispone di un cardiofrequenzimetro si può rilevare la frequenza cardiaca poggiando leggermente i polpastrelli del dito medio e indice sull'arteria radiale, nella regione antero-laterale del polso, sulla linea del pollice. Un altro punto di rilevamento è l'arteria carotide passante nel collo a lato della laringe misurando la frequenza cardiaca unendo i polpastrelli del dito indice e medio ed apponendoli su un solo lato della regione laterale del collo. Nel rilevamento manuale va considerato che la frequenza cardiaca raggiunta rimane costante per i primi 10-15 secondi circa dalla sospensione dell'attività per poi abbassarsi progressivamente. Pertanto è bene effettuare il rilevamento subito, in un tempo non superiore ai 10-15 secondi. L’intensità di lavoro che non va comunque oltrepassata è quella che permette di dialogare con un partner senza affanno. E’ raccomandable iniziare il programma secondo i principi di progressività (quantità) per poi andare nel tempo verso una maggiore gradualità (qualità) [vedasi Schema* allegato]. Pertanto, nella prima settimana*: alternare, per un totale di 45-60 minuti, 5 minuti di attività blanda (es.: di passo più o meno veloce) con 30-60 secondi di attività ad intensità costante tra il 60-70% della frequenza cardiaca massima (es.: corsa leggera). Nelle settimane* che seguono: ogni settimana, in relazione alla condizione fisica che si ritiene di aver raggiunto, si possono aggiungere progressivamente 30-60 secondi all’impegno tra il 60-70% della frequenza cardiaca massima, fino a raggiungere i 5 minuti, mantenendo sempre l’alternanza con i 5 minuti di attività blanda. Proseguendo nel tempo, ogni settimana si può diminuire di 30-60 secondi l’attività blanda e di altrettanti 30-60 secondi si può aumentare l’attività con impegno tra il 60-70% della frequenza cardiaca massima. È necessario, comunque, mantenersi sempre nei limiti delle proprie capacità del momento. Solo a seguito di un rigoroso allenamento si cercherà di arrivare a 45-60 minuti di attività continuativa a intensità costante.
* Lo schema è valido per tutti i mezzi che si utilizzano quali correre su terreno o su tapis roulant, nuotare, pedalare sulla bici in strada o sulla cyclette, sciare, remare in acqua o su vogatore, salire e scendere uno step, ecc. Si ricordi di evitare il rapido passaggio dal passo lento alla corsa e viceversa, ovvero da una intensità di quasi riposo ad una nettamente più elevata, dal momento che l’apparato cardiocircolatorio potrebbe venire sottoposto ad uno shock vero e proprio, shock che si ripete tante volte per quante volte si riprende o si interrompe la corsa. Va quindi evitato, in fase di attività blanda un eccessivo abbassamento della frequenza cardiaca rispetto a quella utilizzata durante le fasi di attività.
Con il sopraggiungere della bella stagione il desiderio di indossare tuta e scarpe da running è forte e salutare. Proprio per questo motivo, nelle fasi iniziali, sarà importante non solo consigliarsi con il medico ma anche saper riconoscere i propri limiti. Solo quando si sarà in grado di effettuare in maniera continuativa circa un’ora di attività con impegno tra il 60-70% della frequenza cardiaca massima, giungerà il momento delle scelte, ovvero del perché e come continuare nel tempo col nostro impegno. Normalmente le risposte sono due e riguardano in primo luogo la salute e la qualità della vita. Pertanto non occorre ricercare una tabella o una metodologia sofisticate. Continuando sempre a correre con la stessa intensità (tra il 70-80% della massima frequenza cardiaca) l’obiettivo è praticamente raggiunto. È solo necessario mantenere il risultato acquisito: l’unico intervento utile è l’aumento del tempo da dedicare settimanalmente all’attività fisica, per ottenere benefici su l’ intero organismo. Ovviamente, non meno importante, l’impegno sportivo finalizzato allo scopo agonistico. La proposta di un serio ed efficace programma di allenamento può essere attuata solo se seguiti sistematicamente sul "campo" da un allenatore esperto.
|
|||||||||||||||||||||||||||||||