Intervista a Sergio Palmieri: "Un torneo a cui non manca nulla"
Sergio Palmieri, direttore esecutivo del Tennis Masters Series Roma 2002, in
pratica l'uomo a più stretto contatto con i giocatori. Se in un suo torneo
ideale potesse attribuire delle teste di serie ai giocatori che hanno fatto la
storia del tennis, chi sceglierebbe, e in che ordine?
"Le mie preferenze vanno ai giocatori che nella loro carriera hanno mostrato
maggior carisma, perché è quello a fare la differenza. In campo e non solo. Sono
i giocatori carismatici a portare il pubblico al tennis, a creare le rivalità
storiche del nostro sport, a far sì che quello stesso pubblico si immedesimi con
i campioni. Dunque, darei la prima testa di serie a Laver, poi a Rosewall,
quindi a Nastase e a Borg. Di seguito direi McEnroe, Connors, Becker, e
naturalmente Sampras e Agassi. E siamo a nove, mi pare. Tutto il meglio del
tennis. Ma voglio arrivare a undici, e inserire anche Yannih Noah e Adriano
Panatta, che non hanno vinto quanto gli altri, ma in quanto a carisma ...
altroché se ne possedevano. Due che richiamavano il pubblico quasi avessero una
calamita."
Già, ma chi vincerebbe un torneo del genere?
"Bè, Laver, credo. Lui sapeva giocare in un modo incredibile, sapeva fare cose
che per altri sarebbero impensabili. Magari lo vedrei in finale con Agassi,
perché Andre, fra tutti, è quello che ha mostrato maggiore eclettismo ed ha
vinto su tutte le superfici possibili."
Il sogno finisce qui. La realtà, come sempre, appare diversa. Com'è cambiato il
rapporto fra un direttore esecutivo e i giocatori? E' diventato più complesso,
meno agevole di un tempo?
"Sicuramente è più difficile. Il problema sono gli intermediari, che prima non
esistevano e oggi invece sono diventati figure centrali. Non esiste più un
rapporto veramente diretto con il giocatore, neanche in quei casi dove
l'amicizia personale non è in discussione."
In altre parole, oggi il tennista è un team. Cioè non è più solo, non ha più le
responsabilità di una volta ...
"Vero, ma il valore tecnico del tennis attuale non c'entra, su quello agiscono
altre considerazioni. Il tennis vive di cicli, e puntualmente un ciclo sembra
cominciare proprio dal precedente, o meglio, dalle sue debolezze. Fu McEnroe,
con il suo genio e il suo modo di attaccare a battere Borg e tutta la stirpe di
arrotini, ed è stato l'avvento degli spagnoli a creare gravi difficoltà a
Sampras. Oggi abbiamo giocatori di potenza impressionante, come Roddick, ma il
numero uno è Hewitt, uno che sembra costruito nel caucciù, che tutto prende e
tutto rimanda dall'altra parte della rete. Una sola cosa mi sento di affermare:
il fatto che oggi comandi Hewitt non è casuale. Altri ne verranno come lui ...
Semmai, il piano tecnico sembra più variegato tra le ragazze. Lì le differenze
esistono, i margini sono evidenti, le differenze in certi casi balzano agli
occhi. E questo piace al pubblico, perché ognuna di loro, con il suo modo di
essere e di giocare, finisce per interpretare una parte del gusto del pubblico."
Provi a convincere qualcuno ad acquistare un biglietto per gli Internazionali
femminili ... Che argomenti userebbe?
"Proprio questo: la rivalità accentuata che esiste nel tennis delle ragazze, le
loro diversità"
E per portare pubblico al torneo degli uomini?
"Bè, da quel punto di vista al nostro torneo non manca davvero nulla. La lista è
completa, tutti i migliori, salvo infortuni, saranno presenti. E badate,
smettiamola con i luoghi comuni: a Roma i tennisti ci tengono, per loro non è un
torneo come gli altri, tanto più oggi che è il calendario l'ha distanziato da
Parigi."
Il tennista che osserverà con maggiore curiosità, nei giorni del torneo di Roma?
"Direi Roddick, un personaggio che tra il pubblico romano potrebbe avere un
larghissimo seguito."
E tra le ragazze?
"Il torneo in sé, perché sarà pieno di grandi protagoniste. Anzi, sarà il torneo
più importante, in quanto a presenze, che Roma abbia mai avuto. Dico solo
questo: tra le più forti mancherà solo la Davenport."