USA E TERRORISMO
I
prigionieri desaparecidos della Cia
di REED
BRODY *
Il prigioniero fu preso nel mezzo della notte, 19 mesi
fa. Fu incappucciato e portato in una località sconosciuta. Da allora non
se n'è saputo più niente. Coloro che lo interrogavano sembra abbiano
usato più volte livelli grduati di forza sul prigioniero, compresa la
tecnica dell'immersione nell'acqua - conosciuta in America latina come «il
sottomarino», in cui il detenuto viene legato e spinto a forza sott'acqua
fin quasi a farlo annegare. Furono presi anche i suoi due figli, di 7 e 9
anni,presumibilmente per indurlo a parlare. L'esercito guatemalteco? I
paramilitari colombiani? No, la Cia. Il prigioniero è Khalid Sheikh
Mohammed, il principale architetto degli attacchi dell'11/9. «KSM» è
uno della dozzina o giù di lì di esponenti di punta di al-Qaeda che sono
semplicemente spariti nelle mani degli Stati uniti.
Subito dopo gli attacchi dell'11/9, nel trattamento dei detenuti di
sicurezza l'amministrazione Bush ha violato le più elementari norme
legali. Molti sono stati tenuti in prigioni off-shore, di cui la più
nota è a Guantanamo. Come adesso noi sappiamo, i prigionieri sospetti di
terrorismo - e molti contro cui non esistono prove - sono stati
maltrattati, umiliati e torturati. Ma forse nessuna pratica sfida così a
fondo le basi del diritto Usa e internazionale quanto la detenzione a
lungo e in isolamento in «località segrete» dei sospetti membri di
al-Qaeda.
Queste «sparizioni» possono non essere del tutto uguali a quelle delle
«guerre sporche» nelle dittature latino-americane, quando il termine era
un eufemismo della morte. Ma tenere prigionieri in segretezza totale
sembra sia diventata la tattica centrale degli Usa nella guerra contro il
terrorismo.
Fra i prigionieri «desaparecidos» della Cia ci sono anche Abu
Zubaydah, un uomo vicino a Osama bin Laden, Ramzi bin al-Shibh, che
avrebbe potuto essere uno degli attentatori dell'11/9, e Abd al-Rahim
al-Nashiri, ritenuto la mente dell'attentato alla Cole.
Secondo la recente commissione Schlesinger sulle operazioni di detenzione,
alla Cia è stato consentito «di operare sotto diverse regole». Queste
regole scaturiscono in parte da un memorandum del Dipartimento alla
giustizia, datato agosto 2002, che diceva che torturare i detenuti di
al-Qaeda «può essere giustificato» e che le leggi internazionali contro
la tortura «potrebbero essere incostituzionali se applicate agli
interrogatori» condotti nella guerra al terrorismo.
Alcuni dei detenuti, come «KSM» sono stati a quanto si sa effettivamente
torturati nella prigionia. Si dice che molti abbiano fornito notizie
preziose, notizie che sono servite a sventare complotti e salvare vite.
(...) Gli Usa hanno riconosciuto la detenzione di molti ma non di tutti
(e) hanno rifiutato di rivelare i luoghi di detenzione e di consentire
loro l'accesso di familiari, avvocati o della Croce rossa.
Questi non sono brave persone, per usare un eufemismo. Perché mai
dovremmo preoccuparci di quello che sta loro capitando? Primo perché il
trattamento riservato dagli Usa ai loro prigionieri è stato un favore
piuttosto che un colpo per al-Qaeda ed ha quindi reso il mondo meno sicuro
rispetto al terrorismo. Secondo, la tortura e la «sparizioni» di
prigionieri da parte degli Usa sono un invito per i peggiori governi del
mondo a fare lo stesso. (...)
Ma la nostra preoccupazione principale viene, prima e soprattutto,
dall'accettazione di metodi che sono antitetici a una democrazia e che
tradiscono l'identità degli Usa come un paese del diritto. Se gli Stati
uniti riconoscono la tortura e le «sparizioni» dei loro avversari,
abbandonano i loro ideali e divengono un paese minore.
*Consigliere
legale di Human Rights Watch,
autore del
rapporto «Scomparsi: i detenuti fantasma degli Stati uniti»
testo integrale tratto
da"Il Manifesto" - 13 ottobre 2004