STRAGI
DIMENTICATE
Non c’è solo l’Iraq. In Costa d’Avorio, Congo,
Sudan, Nigeria, Algeria e in tanti altri stati le armi di
eserciti regolari o gruppi di ribelli fanno vittime
infrangendo accordi e decimando le popolazioni
Africa,
le guerre silenziose
Di
Anna Pozzi
Africa: il continente con
il maggior numero di guerre e il minimo di interesse.
Nemmeno l'etichetta di "conflitti dimenticati"
sembra più bastare per descrivere il nulla a cui si è
ridotta l'informazione sui combattimenti che lo devastano.
Semplicemente non se ne parla. Praticamente non esistono.
Eppure nel continente sono oggi in corso scontri
devastanti e gravissime crisi, che interessano una
quindicina di Paesi: si tratta in alcuni casi di guerre
aperte, più spesso di conflitti striscianti, o a
"bassa intensità" come li definirebbero gli
esperti, quasi sempre catastrofici per la popolazione
civile. Al massimo si parla un po' della Costa d'Avorio,
dove è in corso una delle crisi più destabilizzanti, non
solo per quel Paese, ma per tutta l'Africa occidentale. E
non a caso nei giorni scorsi, anche nella vicina Liberia,
i miliziani del Lurd (Liberiani uniti per la
riconciliazione e la democrazia) hanno ripreso le armi
contro l'esercito governativo.
Oggi le so rti della Costa d'Avorio sono appese al
filo di un accordo firmato da tutti e che non piace a
nessuno, imposto da un'ex-colonia, la Francia, che ha
troppi interessi per essere un mediatore credibile. Del
resto, la Costa d'Avorio non è un Paese qualsiasi: è il
primo produttore di cacao al mondo e il terzo di caffè.
Quanto alla Repubblica democratica del Congo, la
lista delle materie prime di cui è ricca - dal legname al
cobalto, dai diamanti all'uranio - sarebbe lunghissima,
tanto quanto quella delle ragioni per cui si trascina
questa guerra, che dall'agosto '98 avrebbe provocato più
di due milioni di morti e un numero enorme di sfollati.
Per non parlare delle atrocità compiute dalle milizie
ribelli contro la popolazione civile nelle regioni
orientali, dove Ruanda e Uganda rinforzano
le loro posizioni, facendosi beffa di tutti gli accordi
siglati.
E che dire della Repubblica centrafricana dove il
presidente Ange-Félix Patassé h a chiama to in aiuto
l'esercito libico e i ribelli congolesi per contrapporsi
all'ex capo di Stato maggiore François Bozizé? Prima di
mandare i propri uomini, Muammar Gheddafi ha firmato un
accordo che consente alla Libia di sfruttare il petrolio e
le risorse minerarie del Paese (oro, diamanti, uranio...)
per i prossimi 99 anni.
E sempre il petrolio è uno dei nodi strategici di un
altro conflitto endemico, quello del Sudan: vent'anni
di guerra in cui si mescolano interessi economici e odi
atavici, con il Nord arabo-musulmano che cerca di piegare
il Sud animista e cristiano. Uno scenario per certi versi
analogo è quello della Nigeria, dove
l'introduzione della legge coranica negli Stati del Nord
si accompagna alla pressione di interessi economici,
politici e di potere. Risultato: un'escalation di
violenza, che negli ultimi tre anni ha provocato oltre
diecimila vittime. La Nigeria ha aperto una contesa anche
con il Camerun per la penisola di Bakassi, anch'ess
a ricchissima di petrolio. Quanto ai contenziosi infiniti,
però, il record spetta al Sahara occidentale che
dal '73 cerca di ottenere l'indipendenza dal Marocco.
Mentre nella vicina Algeria gli estremisti islamici
continuano a seminare morte e terrore tra la popolazione.
Dall'Oceano Atlantico a quello Indiano lo scenario non
cambia. La Somalia continua a dibattersi in un
marasma di anarchia e traffici loschi, in balia dei
"signori della guerra" e di presunte frange
terroristiche, con l'Etiopia che non disdegna di
compiere incursioni in nome della lotta al terrorismo
internazionale. Infine, Uganda, Burundi, Ciad e Senegal
continuano a fronteggiare movimenti ribelli restii ad
assoggettarsi a qualsiasi accordo di pace.
testo integrale tratto da
"Avvenire" - 19 febbraio 2003