"Tempo Perso - Alla ricerca di senso nel quotidiano

 



DEDICATO   A     ADRIANA      ZARRI


E'  buio  pesto,
sono  uscita
dalla  vostra  vita
alla  chetichella,
sotto  una  tintinnante  pioggerella.

 
Col  mio  solito   passo  lesto,
ho  camminato  lungo  un  viale,
intorno  a  me  un   mesto   silenzio  glaciale.
 

Sotto  un  cupo  cielo  notturno,
su  cui  si  è  aperto  uno  squarcio  di  sereno,
saltello  su  un  tappeto  di  foglie  bagnate,
anch'esse  coricate  sotto  gli  alberi,
su  cui  sono  nate,
le  cui  chiome  sono  rimaste  tristi  e  spoglie,
ed  ecco  che  in  un  baleno
per  me  è  già  tutta  una  festa,
perché,  mischiati  tra  le  foglie,
vi  rivedo  con  le  vostre  riviste
e  i   vostri  giornali.

 Mi  illuminavate  sul  mistero  nascosto  nell'uomo,
nel   reale,
troppo  corrotto,  per  esser  sgorgato
da  uno  sprazzo  di  luce  soprannaturale
e  sulle  sue  molteplici  vie.

Scrutando,   sulle  vostre  luminose  scie,
l'imperscrutabile  inquietudine  del   vostro  tempo,
con  un  chiarore  in  costante  fermento,
luccicavate    nella   mia  solitudine,
quanto  le  stelle   del  firmamento.

 Ora  vedo  la  stella  cometa,
che  mi  conduce  verso
l'agognata  meta,
il  mio  pargolo  tanto  atteso,
che,  disteso   in  una  culla  di  foglie  sparse,
mi  sorride,  stille  di  rugiada  sulle  mie  labbra  arse
dal  recitare  ininterrotto
una  preghiera  accorata,
quasi  un  pianto  a  dirotto,
speranza  di  una  resurrezione  desiderata.

Vi  terrò  stretti  fra  le  mie  braccia,
vi   sfoglierò   fra   le  mie  dita,
al  palpito  del   suo  e  del  vostro  cuore
nulla  più   mi   addiaccia
nella  mia  nuova  vita.
 

Alla   vostra   memoria
ho  consegnato   la   storia
della  mia  sia  lieta,   che  sofferta   esistenza,
vissuta   alla    sua  e  alla  vostra  costante
e  confortante   presenza,
alla  ricerca  dell'intrinseca  essenza
delle  inesauribili  parabole,
segno  mirabile  del  Signore.


E  ora  lasciate  che  finalmente  mi  affidi
alle  sue  amorevoli  cure.

 

Riccardo  Sante  Maria  Fontana

 

 VERSO  IL   TRIGESIMO  DI  ADRIANA  ZARRI

Amici  vicini  ed   amici  lontani,
mici   piccini   e   mici  soriani.
E'  quasi  giunto  il  trigesimo
della  mia   dolce  dipartita   terrena
e  del  mio  battesimo
in  questa   nuova  vita  serena.
Ora  che  sono  finalmente  giunta  a  destinazione
e  per  di  più,  in  una  bella  stagione,
mi  sono  sistemata  sotto  un  tiglio,
ed  ora  mostro  di  nuovo  il  mio  antico  piglio.
L'accoglienza  che  qui  mi  è  stata  dimostrata
oltrepassa   quella  che  mi  ero  immaginata,
senza  ombra  di  dubbio.
Con  la  mia  mente    sono   ancora,
come  immersa    in  un  connubio
fra  immanente  e  trascendente.
I  confini  che  formano  la  loro  linea  di  demarcazione,
spesso  si  confondono,  dando  luogo 
ad   una   sorta  di  intercomunicazione
fra   due  mondi,  che  m'appaiono  fra   loro  sempre  più  vicini
ma  non  altrettanto  affini, 
per  molte  differenze,   di  cui  ve  ne  espongo  alcune, 
senza  pietose  reticenze.
Qui   ho  trovato  un'armoniosa   partecipazione
di    composti,  mirabili   saperi,
che  sulla  terra  sono,  di  frequente,  motivo
di   una  vera  e  propria  guerra  fra  vari  ed  opposti  poteri.
In  ordine  ad  una  unanime  volontà,
qui  la  parola  d'ordine  è  “rigetto  della   guerra”
che,  sulla  terra,   è  in  subordine
alle   terrene  glorie  ed  alle  voluttà.
In  questo  luogo    regna   l'unanime  comunione  fra  le  anime,
ma   niuno   mai  si  sdegna,  se  qualche  novellino  come  me,
talvolta   vi  si  esime  ed  esprime  il   desiderio  di  cercar  del  refrigerio
dal  coinvolgente  calore  divino,  all'ombra  di  un  gelsomino. 
Ho  chiesto,   oltracciò,   la  cortesia,
dettata  da  una  struggente  nostalgia,
di  ritirarmi,  di  tanto  in  tanto, 
nel  mio  antico  ed  amato  eremo,
ove    mi  sovvengono  i  nostri   bei  convivi
alla  mia  buona  tavola,
a  suggere  il  nettare  della  gioia  e  della  concordia
ed   a  bandire  la  noia   e  la   discordia
ed  ogni  ipocrisia,
in  dolce  compagnia  di  persone  fini
e  dei  miei  tanto  amati  amici  felini,
un   fugace  assaggio 
del   mio   antico  ed  ameno  paesaggio,   da  favola.
Se,  di   quando  in  quando, 
vi   sentiste   ombrosi  od   affaticati,
correte  anche  voi  a  cercare,   fiduciosi,
l'uscio  del  mio  eremo,
che  non  è   un  guscio  di  lumaca
e   rinfrancatevi,  meditando,
sulla  mia  dolce  amaca.
Allorché   vi  sarete  ristorati,
potrete  riprendere,   pian  pianino,
il  vostro  cammino   verso  una  sempre  nuova  dimensione
ed  al  termine  d'ogni  gradino    vi  attenderò
e  vi  spronerò  con  infinita  commozione.
Nel  frattempo,  vi  prometto  che  nei  miei  ritagli  di  tempo,
e  non  siate  maravigliati,
perché  qui  siamo  davvero  tutti  molto  indaffarati,
continuerò  ad  inviarvi    qualche   altra  letterina;
la  prossima  cercherò  di  farvela   un  po'   più  carina,
E'  che  non  ho  mai   abbandonato   l'estro,
d'altra   parte  qui   nessuno  m'ha   posto  mai   il  capestro.
Di  contestatori  in  questo  luogo    ce  ne  sono  tanti,
malgrado  non  siano   stati    fatti   ancora  santi.
Le  contestazioni  non  sono  qui  vissute  con  timore,
perché  vengono  considerate  sincere   manifestazioni  d'amore.
Tutti  mi  hanno  infatti  incoraggiato
a  continuare  a  scrivere  le  mie  parabole,
suggellate  con  tanto  di   divin   imprimatur,
che   hanno,  invero,  il  sapore   di  tristi  favole  per   i  qui  presenti,
che   però   trovano,  al  contempo,   molto  divertenti   i    moderati    dissidenti.
Ed  io,  con  le  mie  nuove  bozze,
ci  vado  veramente  proprio  a  nozze.
Quando  sarà  pronto  il  primo  testo,
l'Angelo  Gabriele, 
dopo  aver  dato  il  lieto  annuncio  a  Maria,
s'è  già  offerto  di  recapitarlo,  prima  di  venire  via,
al  suo  omonimo,  presso   “Il Manifesto”,
in  tempo  utile  per  un  fine  settimana,
magari  per  la  prossima  Befana,   per  l'Epifania.
Ma  il  Signor  Polo  non   mi  chieda  un  giorno
di  aggiornargli  anche   il  “Paradiso”  di  Dante,
ché  questa   sarebbe   una  pretesa   tracotante 
e  poi  su  questo  altare  non  mi  immolo.
A  meno  che  non  me  lo  chieda    Papa  Benedetto,
che    rimarrebbe,   comunque,   molto   interdetto.
Ma,  arrivando  al  dunque,  una   postilla   vorrei   ancora
aggiungerla    da  qui,
riguardo  all'ultima   mia  parabola,
uscita  quando  già  ero  contumace,
con  la  speranza   di  far  scattare   una   scintilla
ed  anche  per  fare  un'opera  di  pace:
cercate  di  non  fare   d'ogni   vostra  bega
solo  e  sempre  una  cattiva  strega,
ma  anche  delle  buone  fate.

Riccardo  Sante  Maria  Fontana






 

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