IDEE
Quel
mondo «estremo» in tv
Chi
va in tv (anche le comparse) è «bello» e «in ordine»,
in
un modo artificiale diverso dalla quotidianità.
Così
per le case e gli ambienti
di
Vittorino Andreoli
Stiamo compiendo un
viaggio dentro il televisore "sub specie pathologica", intenti a
farne una lettura che permetta di tenere conto non soltanto dei suoi
limiti ma anche dei difetti. Una conoscenza
indispensabile per qualcosa – come la tv
– che ha raggiunto un ruolo enorme nella vita di ciascuno di noi e delle
nostre famiglie e, allargandone l’estensione, per l’intero meccanismo
sociale.
La sensazione è che ci siamo trovati in casa questa presenza, l’abbiamo
accettata senza alcuna cautela e solo sulla base delle svariate
gradevolezze che certamente possiede. Doti di cui però qui non parleremo
visto che noi ci occupiamo di cose rotte e di difetti. Un cardiologo parla
degli infarti, delle aritmie e degli altri malanni che il cuore può
rivelare, e non si sente affatto in colpa nel non sottolinearne il ruolo
centrale, senza del quale peraltro la vita si arresta.
Siamo preoccupati del fatto che il dominio del
televisore in casa aumenta, al punto da porre continui problemi
per una esposizione eccessiva. Come se assaporando la bontà di un vino
dovessimo per forza finire ubriachi. L’ubriachezza è una grave
patologia e può diventare una dipendenza, per curarla bisogna lasciare da
parte ogni elogio del vino, a cominciare dai versi di Omar Kayam.
Ma torniamo alla tv. Desideriamo sottolineare alcune sue caratteristiche
strutturali "anatomiche", a cui certo si legano le possibilità
di induzione di comportamenti "malati".
1) L’accelerazione delle immagini. Il televisore veicola cronaca o
fiction con una velocità di gran lunga superiore a quella che è la
percezione abituale del mondo. Le immagini colpiscono la nostra retina in
maniera ultra-veloce rispetto all’andatura abituale del nostro sguardo
che, giunto su un oggetto vi si sofferma, lo analizza, e passa da un
particolare ad un altro. Insomma, l’analisi percettiva del mondo è
molto diversa e ha ritmi variabili e pause talora lunghe. Ciò dipende
soprattutto dal modo con cui si è in relazione in quel momento, dallo
stato d ’animo (paura o tranquillità), ma anche dall’età del
soggetto. In un bambino di qualche anno l’esplorazione del mondo è
molto lenta ed egli guarda il volto della madre soffermandosi e ritornando
continuamente sopra gli stessi particolari, quasi a rinforzarli o a
renderli più familiari, come se così gli dessero la certezza di
un’identità magari in via di costruzione. Il televisore invece presenta
situazioni in pronunciato movimento, anche per rispondere al principio che
l’accelerazione stimola l’attenzione. Occorre aggiungere che la
velocità del passaggio davanti agli occhi delle immagini, ma anche la
loro quantità, rendono spesso difficile la comprensione o meglio la
"sistemazione" dei precetti nelle categorie mentali, che
finiscono per accumularsi senza venire immagazzinati e capìti. Rimane in
tal modo un debito di incompreso proporzionato all’ansia che può
indurre.
2) L’adeguatezza del linguaggio. Non succede quasi mai che uno dei
protagonisti dello schermo televisivo, anche nel caso di interpellati
anonimi, sbagli la forma o usi i relativi in maniera inopportuna, o parole
caricate di significati errati. Anche il tono e la dizione sono sempre
buoni e anzi preziosamente giocati per attirare l’attenzione. Quando si
inserisce uno spot in un programma, per esempio, il tono aumenta per
"risvegliare" e rendere il messaggio più efficace. Insomma, il
linguaggio televisivo e il suo stile sono diversi da quelli che ciascuno
di noi adotta nell’ordinario e che caratterizza gli ambienti in cui
viviamo, dalla famiglia all’ufficio. Ovvio che, al confronto, questi
luoghi appaiano più poveri, meno attraenti.
3) La bellezza dei personaggi. Non sono solo belli coloro che coprono i
ruoli principali, ma persino le comparse sono curate e l’insieme sa di
perfezione, di un tutto sapientemente adeguato. Nessuno che abbia
l’addome svasato o sia in sovrappeso, o assomigli alle persone con cui
condividiamo l’esistenza, le quali nel migliore dei casi saranno ben
orientate ma non ordinate nell’abbigliamento proprio in quel momento.
4) La compostezza degli ambienti. Le case sono eleganti, i giardini sempre
fioriti e in ordine, le stanze di casa organizzate senza alcunché fuori
posto, le tavole preparate a puntino. E il tutto si svolge nella
perfezione delle sequenze per cui ogni cosa fila, secondo una logica
duratura e costante, tanto da caratterizzare uno stile che non è quello
quotidiano, di sempre.
A tali rilievi si nota chiaramente come il mondo descritto dalla
televisione, anche quando lo definiamo "familiare", in realtà
presenta uno scarto notevole rispetto a quello in cui ci troviamo a
vivere. E ne deriva che abbiamo visione contemporaneamente di due mondi
distanti che si pongono a confronto. Ciò ha certamente degli effetti. Il
primo è che preferiamo il mondo dello schermo e si tende a cancellare
quello del quotidiano, a provarne disinteresse e non fare nulla per
migliorarlo, potendo scegliere quello più gradevole della televisione in
cui è possibile sempre e facilmente inserirsi.
Un’altra dote del mondo delle immagini accelerate è il poter esser
rifiutato o cambiato. Il gusto del telecomando è parte integrante del
sistema televisivo e occupa un ruolo enorme. Forse è l’anima stessa
della gratificazione e l’elemento che ci fa sentire ancora padroni, pur
se di fatto succubi.
La possibilità di premere un bottone e di cancellare una storia, e
persino i suoi personaggi, evoca possibilità di tipo magico, di togliere
ciò che ci infastidisce o semplicemente non ci piace. E premendo ancora
possiamo far nascere un altro mondo, quasi una creazione nuova. Roba da
divinità.
Mentre il mondo di casa è sempre quello, le persone che lo abitano
persistono alla pressione di qualsiasi bottone e persino delle parolacce e
degli anatemi, se non delle maledizioni. Inevitabilmente si perde la
voglia di occuparci dell’ambiente ordinario e di stare sempre di più in
quello artificiale. E sempre di più si scappa dentro lo schermo
televisivo.
5) Ma c’è un’altra caratteristica su cui merita indagare: la tv è il
luogo dei comportamenti estremi. Il mondo del quotidiano si presenta di
solito monotono, privo di stimoli eccitanti o comunque tali da variare la
routine, mentre il piccolo schermo permette l’eccezionale o perlomeno
l’interessante. È dominato da situazioni-limite. A partire dal sesso
che è sempre nuovo, passionale, coinvolgente, consumato su corpi
smaglianti e sulla bellezza. E ciò finisce per contrapporsi alle
relazioni d’amore familiari o di coppie attempate. C’è poi la
violenza sul corpo, i corpi che si spaccano e buttano sangue: storie di
omicidi che hanno una grande presa poiché sono fuori dell’ordinario,
del proprio mondo, anche se non necessariamente fuori dal nostro
desiderio. La voglia di ammazzare - lo riteneva anche Freud - è
universale, mentre il numero degli omicidi commessi è per fortuna ben al
di sotto del desiderio, e dunque si riesce a contenerlo. L’altro tema
dominante è quello del successo, e dunque di storie in cui le persone
fanno salti di carriera straordinari o operano in settori di grandi
interesse e di notevole soddisfazione anche economica. Tutto questo dentro
una vita concreta in cui magari si aspetta per anni una promozione o si
teme di perdere il proprio posto di lavoro, e quindi anche lo status del
ruolo, e persino cadere nella precarietà se non nell’indigenza.
6) Tv come il luogo d’evasione. È un classico considerare lo schermo
televisivo strumento per distaccarsi dai problemi della giornata, per
rilassare un’esistenza fatta di stress. Ed ecco un’altra
contrapposizione dal momento che il quotidiano è invece per lo più
noioso, pieno di frustrazioni e di sopportazioni. Tanto più il quotidiano
è pesante, intessuto di insicurezze, difficoltà economiche, smacchi,
abbattimenti mentali e preoccupazioni per la propria salute, tanto più
fortemente si sentirà l’attrazione per il televisore e si oscureranno
per suo tramite i problemi che invece dovrebbero essere affrontati per
risolverli. Questi così si accumulano, fino a giungere a situazioni di
rottura o di insopportabilità, quasi che le persone di casa siano loro a
ostacolare i nostri sogni e il televisore invece il luogo delle più
azzardate realizzazioni.
Insomma l’«ospite» che abbiamo in casa è fortemente attraente,
propone - almeno all’apparenza - la soluzione ai fastidi
dell’immediato e ci allontana rendendoci assenti verso le difficoltà
quotidiane, che non sono quasi più affrontate, anzi si finge che non
esistano nemmeno, fino appunto allo scoppio, alla deflagrazione che talora
rompe la famiglia o la tiene a pezzi incollata alla televisione, incollata
di televisione.
Quanto fin qui detto è parte dell’anatomia del personaggio-tv, prima
ancora che azioni specifiche o contenuti possibili del televisore.
Insomma, questa è la sua "personalità" e certo con questa
personalità può combinare dei guai peculiari. In rapporto alla sua
costituzione, potremmo dire al suo Dna, il Dna televisivo.