POVERTÀ E FRONTIERE
documento Dal Pontificio consiglio un nuovo testo su un fenomeno che oggi
coinvolge 200 milioni di persone
«Migranti,
accoglienza a prova di identità»
«Questi
spostamenti di massa sollevano la questione etica
di un nuovo ordine economico mondiale»
Da Roma Mimmo Muolo
L’esempio da seguire è quello del Buon
Samaritano. Gli atteggiamenti da tenere si chiamano «attenzione,
accoglienza, condivisione, solidarietà e tutela dei diritti dei migranti».
Non disgiunti, però, da quell’«impegno evangelizzatore», che
costituisce in definitiva la missione della Chiesa. Lo ribadisce
l’Istruzione Erga migrantes caritas Christi (La carità di Cristo verso
i migranti), pubblicata dal Pontificio Consiglio che si occupa di questo
settore della pastorale e presentata ieri ai giornalisti dal cardinale
presidente Stephen Fumio Hamao e dal vescovo segretario, monsignor
Agostino Marchetto.
In quasi 80 pagine il documento ricorda che «nessun Paese da solo può
pensare di risolvere oggi i problemi migratori» (i quali riguardano 200
milioni di persone) e «costituiscono il più vasto movimento umano di
tutti i tempi». Perciò l’Istruzione punta l’indice contro le «politiche
puramente restrittive» sull’immigrazione, definendole «inefficaci» e
auspica «una sempre più stretta collaborazione tra Paesi generatori e
ricettori», per elaborare «adeguate normative».
Il testo, però, non si ferma alla descrizione della situazione. «Il
fenomeno migratorio – fa notare – solleva una vera e propria questione
etica, quella della ricerca di un nuovo ordine economico internazionale»
che corregga gli «squilibri», scongiuri «i rischi di una
globalizzazione senza regole» e risolva il «grave problema
dell’immigrazione irregolare», in cui «il migrante diventa oggetto di
traffico e di sfruttamento da parte di bande criminali». Inoltre,
affronta tutti temi pastorali, a cominciare dall’accoglienza, fino al
rapporto con l’islam e le altre religioni e al problema dei matrimoni
misti.
E a tal proposito, dopo aver denunciato tutti i rischi legati al fenomeno
migratorio (xenofobia, razzismo, sfruttamento sul lavoro, traffici umani,
«abusi fisici, verbali e finanche sessuali», «formazione di periferie
urbane dove le condizioni di vita, socialmente e moralmente, sono precarie»),
invita gli o peratori pastorali ad adoperarsi per favore l’integrazione,
coniugando «l’esigenza legittima di ordine, legalità e sicurezza
sociale con la vocazione cristiana all’accoglienza e alla carità in
concreto». Per i cattolici, ha ricordato ieri monsignor Marchetto, «l’integrazione
delle strutture pastorali e l’inserimento ecclesiale dei migranti nella
pastorale ordinaria – con pieno rispetto della loro legittima diversità
e del loro patrimonio spirituale e culturale, in vista anche della
formazione di una Chiesa sempre più cattolica – è un’altra
importante caratteristica che il documento intende sottolineare e proporre
alle Chiese particolari». Tale integrazione, ha aggiunto il vescovo, «è
condizione essenziale perché la pastorale per e con i migranti possa
diventare incontro fraterno e pacifico, casa di tutti, scuola di comunione».
Nei confronti di chi, invece, appartiene ad altre Chiese, l’Istruzione
raccomanda di cogliere l’opportunità per «vivere la fraternità
ecumenica nella concretezza della vita quotidiana e di realizzare, lontani
da facili irenismi e dal proselitismo, una maggiore comprensione reciproca».
Per i rapporti con i seguaci di altre religioni, infine, la
raccomandazione di non mettere a loro disposizione chiese e cappelle. «Per
rispetto ai propri luoghi sacri e anche alla religione degli altri».
testo integrale tratto da "Avvenire" - 15 maggio
2004