Poveri
da statistica
Per l'Istat sono
diminuiti da 12 a 11 su 100.
Nel
mezzogiorno sono il doppio
G. RA.
L'Istat ha diffuso lo studio
sulla povertà in Italia. Risulta all'Istat che la povertà relativa in
Italia sia diminuita dal 12% del 2001 all'11% del 2002. Niente è più
relativo della povertà relativa, secondo i calcoli dell'Istat in Italia e
di istituti consimili negli altri paesi. Si calcola una spesa media per
tutti i cittadini e si considera il valore così ottenuto come «la soglia
di povertà relativa (o linea di povertà standard) per una famiglia di
due componenti. Questa viene considerata povera se spende mensilmente per
consumi un importo inferiore o uguale a tale cifra». La spesa media di una
persona (e linea standard di povertà per due) è calcolata per
l'anno 2002 in 823,45 euro. Siccome le famiglie sono di ampiezza diversa -
un componente, quattro componenti, sette componenti - esiste una scala di
equivalenze. In Italia un single ha un coefficiente 0,60, una
famiglia di due persone un coefficiente 1; e poi una famiglia di tre un
coefficiente 1,33 che diventa 1,63 per una famiglia di quattro, 1,90 per
cinque persone, 2,16 per sei, 2,40 per una famiglia di sette o più. Insomma,
si ritiene che i membri aggiuntivi della famiglia di povertà standard
consumino sempre di meno, finché quelli oltre il settimo componente non
consumino niente del tutto. Tutto è relativo, nella povertà relativa. A
ben vedere, la povertà relativa (il cui andamento tra il 1997 e il 2002
ha oscillato tra l'11 e il 12,3%) diminuisce in due casi: quando aumenta
la spesa per consumi dei meno favoriti, per esempio in seguito a un
aumento delle pensioni o degli assegni di disoccupazione, oppure quando
diminuisce la capacità di spesa dell'insieme delle persone. In un paese
in cui i ricchi diminuiscono per qualche loro motivo le spese sontuose, a
parità di altre condizioni, per questo solo fatto, diminuisce il numero
dei poveri relativi. Per dirla con i ricercatori dell'Usi Rdb-Ricerca,
siamo di fronte a un'«illusione statistica». La linea della
povertà si è spostata di poco in alto per effetto dell'inflazione, ma i
consumi sono diminuiti. «L'esatta interpretazione dei risultati è che
siamo tutti un po' più poveri (in particolare gli anziani e le famiglie
numerose) e non che ci sia l'1% di poveri in meno rispetto all'anno
precedente».
Esiste anche una linea della povertà assoluta. Una persona è povera in
assoluto se spende ogni mese 382,66 euro o meno; poco più di dieci
euro al giorno. Anche in questo caso, il secondo, il terzo, gli altri
membri della famiglia contano ancora meno. Una famiglia di quattro è povera
povera se dispone di 1.031,77 euro; e questo significa che ogni
componente è in povertà assoluta se sta sotto i 250 euro al mese, mentre
non lo è - ed è solo povero relativo, quasi ricco, insomma - se consuma
per 270 o 280 euro.
Assoluta o relativa che sia, la povertà è doppia al sud rispetto
all'Italia intera; 22% di povertà relativa, contro l'11% nazionale. Per
quanto riguarda la povertà assoluta, vive nel Mezzogiorno il 72,6% delle
persone che ne soffrono.
testo integrale tratto da "Il
Manifesto " - 23 luglio 2003