FONTE: IL MANIFESTO
«L'Unesco
ci aiuterà»
Contro il Ponte
sullo Stretto, si punta a far riconoscere la zona patrimonio dell'umanità
di ANGELO MASTRANDREA
INVIATO A MESSINA
Chissà cosa ne penserà Colapesce, mezzo uomo e mezzo
pesce che secondo una leggenda si sarebbe inabissato per reggere l'Isola
del Faro e impedire che colasse a picco. Secondo alcuni abitanti si
irriterebbe e non poco a dover sostenere, oltre a qualche palazzo che
sembra costruito con mattoncini Lego di ogni colore pescati a caso, anche
quei piloni da 370 metri, più o meno il doppio della Torre Eiffel, che
secondo il progetto preliminare dovrebbero sostenere il Ponte che
collegherà la Sicilia alla terraferma, scavallando il punto esatto in cui
l'incontro dei mari Ionio e Tirreno provoca quella che qui chiamano 'rrema,
il cambio di corrente che provoca pericolosi gorghi. «Ci è capitato
spesso di dover soccorrere turisti, soprattutto stranieri, che non
riescono più a tornare a riva», racconta Tania Poguisch, che passa le
estati sulla spiaggia di Capo Peloro, detta anche di Colapesce, proprio
sotto un enorme traliccio bianco e rosso che un tempo portava la corrente
da Scilla, tre chilometri e mezzo di mare più in là sulla costa calabra,
e oggi per gli abitanti del luogo è semplicemente un elemento del
paesaggio. «Un monumento alla postmodernità». Brutto, ma nessuno ne
chiede la rimozione. Così come, molto più che sul vicino continente,
parlare del ponte che distruggerà un intero quartiere sul mare, sventrerà
un cimitero, disseccherà i laghi di Ganzirri e rovinerà definitivamente
lo splendido paesaggio che si può ammirare se solo si sale in collina, è
quasi un tabù. Eppure, la valutazione che il comune ha affidato a un pool
di tecnici, salvo evitare poi di approvarla, parla chiaro: i guasti
saranno irreparabili. «Abbiamo lavorato in salita, non è come a Scanzano
dove la gente ha associato il sito unico per le scorie alla morte e si è
mobilitata. Qui si propaganda l'idea che il Ponte porterà lavoro e soldi»,
spiega Renato Accorinti, curatore del calendario «No al ponte» e storico
pacifista gandhiano. «La pace deve essere un valore universale, io già
nel `79 ho marciato da Bruxelles a Varsavia contro i due blocchi, la Nato
e il Patto di Varsavia. Allora c'era anche Rutelli», perciò oggi ha
portato in piazza i suoi alunni per l'arrivo della carovana della pace e
anni fa ha denominato la sua società di atletica leggera «Movimento non
violento», simbolo i cinque cerchi olimpici con il logo della non
violenza. A differenza di chi più pragmaticamente è ricorso alla
magistratura per impedire la costruzione del Ponte, la sua battaglia è un
«atto d'amore» nei confronti di un «luogo speciale, carico di storia,
mito, bellezza e unicità». E nel Cd rom che sta producendo con l'aiuto
di docenti universitari e ricercatori del Cnr ci sarà spazio per tutto,
Scilla e Cariddi, Colapesce e il fenomeno della Fata Morgana «che quando
accade ti sembra di poter toccare le montagne della costa di fronte».
L'obiettivo è quello di chiedere all'Unesco che l'intera area sia
dichiarata patrimonio mondiale dell'umanità, in modo che a distruggerla
Berlusconi e Lunardi passerebbero come i vandali dei Buddha di Bamiyan.
Dei talebani.
Così come per la battaglia contro il Ponte, la «guerra all'ambiente»
sponsorizzata dai comitati d'affari locali, anche quella per il ritiro
delle truppe dall'Iraq trova nei messinesi la stessa reazione di apparente
indifferenza. Pochi cittadini all'infuori dei militanti organizzati,
nemmeno la curiosità incontrata in questa prima settimana siciliana, da
Partinico a Cammarata a Caltanisetta. Al circolo Arci intitolato, unico in
Italia, a Tomas Sankara, raccontano però come questi muri si stiano
incrinando, nonostante anche il centrosinistra locale sul Ponte come sulla
guerra abbia la stessa posizione non compattamente negativa. «Purtroppo
c'è un blocco totale dell'informazione, hanno messo una cappa sulla città.
Ma se fino a un anno fa eravamo una minoranza striminzita, oggi ad esempio
il consenso alla battaglia contro il Ponte è molto più vasto», dice
Santino Bonfiglio del Messina social forum, che da un paio d'anni
organizza un campeggio ambientalista proprio sotto il traliccio. Tanto che
può accadere ciò che non ti aspetti: 107 famiglie, singoli cittadini e
non associazioni ambientaliste o partiti politici, che presentano un
ricorso al Tar, il quale a sua volta sospende il giudizio per la presunta
incostituzionalità della legge-obiettivo. Tania è una delle firmatarie
del ricorso, e oggi grida vittoria anche se l'ultima parola non è ancora
detta. La posa della prima pietra è prevista per il maggio del 2005 e i
giudici amministrativi per ora non l'hanno vietata. Ma il «presidente
operaio» potrebbe essere costretto dalla Consulta ad accontentarsi
dell'unica opera finora andata in porto in Sicilia: l'allaccio
dell'energia elettrica a quindici abitazioni dell'isoletta di Ginostra,
che finora non aveva mai visto la luce. Per interessamento del governatore
Totò Cuffaro, che l'ha spiegata così: dovevano avere la possibilità di
vedere il festival di Sanremo.
testo integrale tratto da
"Il Manifesto" - 5 marzo 2004