IDEE


La frammentazione del racconto tv, la necessità di procedere per pillole non è solo degli intermezzi pubblicitari ma anche del resto della parogrammazione, a cui va aggiunto il gran numero di canali.

Anche il pensiero è diventato uno spot

La logica ha perduto di importanza nell'attuale momento storico e nella nostra cultura. È stata spodestata da un empirismo che va a spese della ragione. La ragione è in agonia, sostituita dal pensiero magico, eppure è sostituibile. Principale agente di questa trasformazione, ma non unico, è la tv, che nega la dinamica del pensare

di Vittorino Andreoli

La logica ha perduto di importanza nell'attuale momento storico e nella nostra cultura. È stata spodestata da un empirismo basato sulla soluzione del qui e ora di fronte a problemi che si susseguono con una enorme accelerazione e che hanno bisogno di risposte immediate. Risposte che non possono fondarsi né su regole fissate, né su procedimenti mentali che richiedono meditazione e rispetto di principi come quello di non contraddizione, né sulla coerenza che guida la mente secondo le direttive della razionalità piuttosto che dell'improvvisazione che può ridursi al binomio stimolo-risposta e alla sola esperienza pratica.
Viviamo un periodo in cui viene enfatizzata la creatività, l'intuito, la "prontezza dei riflessi" e valorizzata persino la furbizia a sostituzione dell'intelligenza, intesa come processo sistematico e logico. Anche la coerenza ha perduto di rilievo e semmai è diventata virtù la flessibilità, che vuol dire saper cambiare riferimenti, e affermare talora il contrario di quanto si è sostenuto prima, per avvantaggiarsi nell'affrontare un problema diverso da quello appena risolto.
È tornato di grande attualità Pirandello, con maschere non tanto attaccate ad un viso sbiadito, ma dentro la testa, capaci di cambiare registro continuamente e imporre un funzionamento della mente di cui semmai la logica e i suoi principi sono una possibilità minore.
Si potrebbe dire, portando i toni sul dramma, che la ragione è morta e che sulle sue ceneri si è alzato il fumo del pensiero magico che certo non segue il principio di non contraddizione, bensì quello di immedesimazione che è al di fuori del tempo e dello spazio e manca di una precisa consequenzialità.
Insomma, oggi appare non necessario esser razionali per vivere. E ciò potrebbe portare a non avvertire nemmeno il lutto per la morte della ragione e a vedere la vita alla maniera di un élan vital che si esprime come vuole e secondo direzioni di cui è bene non preoccuparsi, a cominciare dal non fa re piani e progetti che inevitabilmente rispettano e lo spazio e il tempo, e dunque i principi che risalgono a Aristotele.
Non mancano certo segnali a questo proposito: persino gli operatori economici agiscono nel "breve" e non sono attenti allo svolgersi degli anni, ma dell'attimo, della giornata e quindi dell'hic et nunc. Io sono preoccupato dell'agonia della ragione, e pur non essendo favorevole ad una vita che si svolga solo sotto l'egida della ragione illuminata, penso che comunque la ragione abbia un ruolo insostituibile e che debba entrare nella guida di quei comportamenti che non possono darsi altre regolamentazioni.
Per questo mi interrogo su come sia avvenuto questo declino, giunto vicino ad un decesso che, se non è ancora accaduto, è annunciato a "breve". E qui incontro la televisione, che mi appare come il killer principale.
Occorre notare che la generazione che ha vissuto almeno parte della propria esistenza anche senza televisione o con un televisore non così imperativo e invadente, lascia intravedere una struttura logica o residui ampi e funzionanti di essa. Si può giungere alle due velocità: a menti capaci di funzionare razionalmente e a momenti allontanarsene completamente. Le giovani generazioni, invece, nate con il televisore in camera, non riescono a produrre un pensiero logico, sono fuori del tutto dalla logica.
A darne una forte dimostrazione è la scuola. Gli insegnanti sottolineano la difficoltà di far ragionare gli adolescenti, persino di far seguire la storia come racconto ordinato nel tempo e legato da un rapporto di causa ed effetto. Come se la scuola, che pure affonda le proprie radici nella razionalità e dai tempi della riforma Gentile (1922) nella scienza, non riuscisse ad arginare una corrente di non-razionalità che i ragazzi si portano addosso e che deriva in gran parte dalla televisione. Bisogna tenere presente la differenza tra "non razionale" e "irrazionalità", attribuendo a quest'ultimo termine il senso di una razi onalità applicata male, e considerando la non razionalità invece come qualche cosa d'altro che non vi si rapporta in alcun modo.

Il problema - si noti - non viene posto nei termini del rapporto tra televisione e contenuti, ma in quelli di un mezzo che nega un metodo, una dinamica del pensare, un modello di procedere della mente. Il sistema televisivo incide sul come si pensa, sul come procede la mente, insomma sui paradigmi formali dell'attività mentale. Un'affermazione forte che le imputa un capo d'accusa molto grave: attentato alla razionalità e perversione del funzionamento mentale, sempre per chi attribuisce al procedere logico-razionale un senso e un senso necessario per certe funzioni e attività umane.
Il primo danno è frutto della frammentazione del racconto televisivo, da quella necessità strutturale (a partire dalla imposizione della televisione commerciale che ha commercializzato anche quella pubblica) di procedere per pillole, per frammenti appunto, risultato degli spot che sono l'anima della televisione del commercio: un sistema per vendere telespettatori agli inserzionisti. Frammenti provocati anche dalla grande offerta di canali che porta a cambiare facilmente grazie al telecomando.
Ognuno di noi assiste a spezzoni, sempre più brevi, di sequenze e il modello eccellente è lo spot che in venti-trenta secondi dà un messaggio imperativo, suggestivo, emozionale ma certo privo di ogni logica razionale. Efficacissimo e tale da modificare il comportamento, almeno nel senso di far desiderare quell'oggetto, di indurne un bisogno immediato, pena provare una frustrazione da mancanza.
La pillola si è imposta anche per l'esigenza di fare una televisione per telespettatori in movimento. Per la massaia che deve sbrigare le faccende domestiche, per il lavoratore che il mattino si prepara per uscire e dunque passa da bagno al tavolo della colazione. Un movimento tuttavia compatibile con il consumo di spot, non certo di un racconto, continuo nel tempo e nel suo svolgimento coerente.
Quando, tanti anni fa, fui chiamato dalla Rai per studiare come organizzare la televisione del mattino ("Uno mattina") si vide, analizzando i comportamenti dal risveglio fino alle 10, che si doveva contenere in non più di qualche minuto il messaggio da veicolare, così da poter essere colto mentre si è impegnati in altro. Già allora era risultato chiaro che lo spot non era solo un modello di comunicazione commerciale, ma il linguaggio proprio di ogni comunicazione, almeno del mattino.
È chiaro che ciò significa far funzionare l'apparecchio televisivo in maniera non razionale: dunque niente ragionamento, niente sequenze discorsive, niente relativi (i che) che riassumono quanto si è fino ad allora detto per poi proseguire nella struttura del periodo. Bisogna rinunciare al periodare come contenitore di un concetto. Ogni pillola è una unità a sé stante. Nelle interviste televisive gli esperti devono dire tutto in trenta secondi, le opinioni da telegiornale durano cinquanta, un minuto al massimo: tempi per una profezia non certo per una spiegazione.
È chiaro, in aggiunta, che la comunicazione avviene senza una sequenza logica, ma semmai con legami emotivi fondati sugli accadimenti visivi, non sul pensiero che è sempre una simbolizzazione, una astrazione. E non si può dimenticare che la logica aristotelica tendeva all'astrazione massima a cui corrispondeva la generalizzazione e persino l'universalità di una data conclusione che deriva necessariamente dallo svolgimento di premesse e di coerenti deduzioni.
Pensare alla maniera dello spot, non richiede nulla di tutto ciò, ma solo un rapido coinvolgimento emotivo che agisce sul desiderio e sulla colpa della omissione. Lo so che non si può attribuire il capo di imputazione solo al televisore e per questo ho parlato di imputato principale. C'è subito da aggiungere il telefono mobile e i messaggini (gli Sms) che per motivi di costi riducono le comunicazioni a spot. Analizzandoli nella loro strut tura si vede appunto che sono brevi e con sostantivi, mancano i relativi, si perde persino l'ordine del sostantivo-verbo-aggettivo e si arriva alla agglutinazione delle parole per abbreviarle e risparmiare.

Benedetto Croce sosteneva che il linguaggio rappresenta il pensiero e che occorre una certa struttura linguistica per esprimere un pensiero che ne è dunque condizionato. Il linguaggio dei giovani del tempo presente è adatto a tutto fuorché alla ragione, alla razionalità. Proprio perché la ragione è morta. Ogni ora di televisione, sul piano formale, corrisponde ad un bombardamento alle categorie della logica razionale.

testo integrale tratto da "Avvenire" - 21 maggio 2003

 

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