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Non diteci chi muore (e perché)
di GIULIETTO CHIESA


A volte succede che le coincidenze aiutino a capire, d'un tratto, cose che prima non si vedevano con chiarezza. Cose che magari già sapevi, o credevi di sapere, ma che non ti erano mai apparse così brutalmente evidenti. Stavo leggendo l'ultimo libro uscito in Italia di Noam Chomsky, «Dopo l'11 Settembre, Potere e Terrore» (Tropea Editore), e mi ero soffermato su questo passaggio: «El Salvador diventò effettivamente il principale destinatario di aiuti militari statunitensi dell'epoca (con le eccezioni di Israele e Egitto, che costituiscono una categoria a sé) e commise alcune delle atrocità più efferate. La guerra contro il terrorismo ebbe successo. Se volete sapere di che genere di successo si tratti, vi basta dare un'occhiata ai documenti prodotti dalla famigerata School of the Americas. Uno dei suoi slogan, o "argomenti di discussione" è (sto citando) che l'esercito statunitense "ha contribuito a sconfiggere la teologia della liberazione"». Molto vero. Uno degli obiettivi principali della guerra contro il terrorismo era la Chiesa cattolica, che aveva commesso il grave errore di indirizzarsi verso quella che chiamava "opzione preferenziale per i poveri e quindi meritava di essere punita". El Salvador ne è un esempio drammatico. Gli anni `80 si aprirono con l'assassinio di un arcivescovo e terminarono con l'uccisione di sei importanti intellettuali gesuiti. Così l'esercito americano sconfisse la teologia della liberazione». Avevo appena chiuso il libro che, guardando la posta elettronica, ho visto la notizia giunta da Bogotà, dalla Commissione Interecclesiale Giustizia e Pace, il 13 agosto. Diceva che, nelle città di Villavicencio e di El Castillo, erano stati assassinati Rinaldo Perdomo e Padro Torres, difensori dei diritti umani in una regione dove agisce la Forza di Spiegamento Rapido (Fudra) e il Battaglione 21, «Vargas». Sono le forze scelte colombiane, armate e addestrate dall'esercito degli Stati uniti. Chi uccide non sono loro. Non direttamente. Entrambi sono stati assassinati da persone in abiti civili, gruppi degli squadroni della morte, che agiscono impuniti. Il comunicato di Giustizia e Pace non accusava nessuno: faceva solo un elenco dei morti più recenti: Delio Vargas, Josue Goraldo, Osvaldo Gonzales, Gonzalo Zarate, Eder Castano, Pedro Malagon. E poi tanti puntini di sospensione, perché l'elenco è lungo migliaia di nomi. Di uccisi «perché, semplicemente si erano messi dalla parte della democrazia, del pane e della libertà, perché pensavano che quei diritti fossero la condizione per la pace».E' la Chiesa cattolica laggiù, in Colombia, come a El Salvador, come altrove, che difende quei valori. Chomsky ha commesso un solo errore, nella sua tremenda e cruda analisi. Ha dato per sconfitta la «teologia della liberazione». Invece non lo è ancora. Poi, la sera, mi è giunta un'altra notizia triste, via mail naturalmente. Mi sono messo davanti al telegionale italiano (non importa quale, perché sono tutti uguali), a sentire parlare per mezz'ora di insulsaggini a proposito del caldo estivo. A lungo ho aspettato che quella notizia venisse riportata dal telegionale. Erano stati uccisi in un paese africano, Uganda, due padri comboniani. Alla fine l'hanno data, la notizia, dopo parecchia robaccia di cronaca nera e rosa, di spiagge affollate, di esodi automobilistici. Nessuna spiegazione, nessun approfondimento. Ammazzati e basta. Neanche i loro nomi hanno detto. Eppure non era difficile, volendo, procurarseli.

Sono andato su Misna e li ho trascritti: padre Godfrey Kiryowa, 29 anni, ugandese, e padre Mario Mantovani, 84 anni, di Orzinuovi, provincia di Brescia. Allora mi sono ricordato che qualche giorno prima, per due giovani sposi italiani annegati in Messico in vacanza, il telegiornale (non importa quale) aveva addirittura fatto un servizio, con interviste, fotografie, e molto sentimento. E, naturalmente, con nomi e cognomi. Suprema dimostrazione dell'indecoroso livello professionale, intellettuale e morale dei giornalisti italiani che hanno firmato quei servizi e dei direttori che li hanno fatti passare colpendo il pubblico con i bastoni della loro scorrettezza deontologica.

Allora, prima di addormentarmi, sono andato a leggere il seguito di Noam Chomsky. Ve lo ripropongo, magari sperando che lo leggano quelli che hanno fatto quel telegiornale, e tanti altri giornalisti, e cattolici, che erano in ferie a godersi il gran caldo di questa estate: «Un aspetto interessante della nostra comunità intellettuale è che nessuno ne sa niente. Se forze appoggiate dai russi, armate dai russi, addestrate dai russi avessero assassinato in Cecoslovacchia sei intellettuali di spicco e un arcivescovo, lo avremmo saputo. Avremmo conosciuto i loro nomi e letto i loro libri. Potete fare, però, un piccolo esperimento: scoprite, tra le persone istruite che conoscete, quanti conoscono almeno i nomi di quegli intellettuali gesuiti, importanti intellettuali latinoamericani uccisi da forze speciali armate e addestrate da noi, o dell'arcivescovo, o delle altre settantamila vittime, che per la maggior parte, come al solito, erano contadini».

testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 19 agosto 2003