IDEE

Noi e la tv, la grande illusione

Esistono persone «televisive» che vivono e si relazionano solo con il video: se è questa l'unica relazione, allora si è nel patologico Per loro il palinsesto diventa un unico mega programma
Anche questo caso di dipendenza procede per tappe: quando tutto diventa meno interessante della televisione e ci si sente frustrati se si guarda al reale, si è già da disintossicazione rapida

di Vittorino Andreoli

Il televisore è parte ormai dell'arredo domestico, un suo oggetto obbligato. Come avere il letto in camera oppure i fornelli per cuocere i cibi in cucina.
Se il telefono portatile è ormai una parte costitutiva del nostro corpo, il televisore è un'appendice della nostra casa. Se ne può parlare con simpatia oppure con antipatia, ma ciò senza che venga a mutarne la presenza e il senso. Si può dire qualsiasi cosa, giungere all'esaltazione o all'ingiuria, ma nulla cambia. Una realtà appunto immutabile nella sua esistenza e nel suo ruolo. È «qualcosa» entrato ormai nella nostra vita personale e di gruppo, almeno del gruppo familiare che certamente è quello più importante nella vicenda sociale dell'uomo. Un «interlocutore» con cui relazioniamo in genere per quattro ore ogni giorno: questa infatti è l'esposizione televisiva dell'italiano medio. Un «soggetto» che incide sulla nostra vita personale, sulla gestione di quella familiare e, in termini più ampi, che ha cambiato la nostra facciata nazionale, a partire dalla lingua che non è più l'italiano (almeno quello del Manzoni) bensì il
televisiano. Ben più in profondità arriva a condizionare la scelta dei temi e delle discussioni da fare. Una sorta di guida delle idee e delle modalità di pensare.
Un «intruso», dunque, che incide sul nostro stile di vita.
Se questo è il ruolo del televisore, allora appare necessario, alla percezione di uno psichiatra, analizzare la relazione tra singolo e televisore e tra gruppo familiare e televisore, almeno per elaborare la consapevolezza di un rapporto che potrebbe finire per inserirsi con un automatismo che limita la nostra libertà e magari induce idee e comportamenti che si attuano senza né scelta, né critica.
Insomma qual è il modo con cui ci relazioniamo con questo strumento domestico e come conseguenza quali sono gli effetti che provoca in noi? Un tema di vastità enorme.

Noi lo vogliamo analizzare sotto l'angolatura del patologico, e che questo sia u n esito possibile lo si deduce dalla constatazione che per alcuni il televisore è l'unica relazione o comunque quella più importante. Esistono tante donne e uomini "televisivi": persone cioè che vivono e si relazionano solo con il video. Vivono di televisione, come se questo fosse il mondo e il loro mondo. E proprio su questo possiamo fondare la prima distinzione.
C'è chi usa il televisore in maniera strumentale per ottenere qualcosa: informazione, oppure evasione, o ricerca di emozioni forti. Entro tali limiti il soggetto sceglie e quindi inserisce il televisore nel proprio mondo con la percezione netta di ottenere qualche cosa, ma anche con la certezza di riuscire a controllarlo e a posizionarlo correttamente rispetto alla realtà. Insomma è la posizione di chi si serve del televisore. C'è chi invece vive dentro il televisore. Il mondo è quello della televisione e in questa prospettiva perde di significato il singolo programma specifico e si percepisce l'intero palinsesto come un unico megaprogramma in cui succede di tutto, forse più di quanto non capiti nel mondo della realtà concreta. In questa evenienza il televisore è sempre acceso e si entra in ogni suo aspetto, anzi non esiste un dato programma in quanto si consuma l'insieme di pezzi, frammenti di singoli format per costruire un unico format.
I frammenti sono promossi dalla pubblicità e dall'uso del telecomando. In parte dunque sono del televisore, in parte dal modo in cui lo si usa. Una "insalata" che si fa un insieme indistinguibile e diventa, appunto, il vero contenuto del mondo televisivo.
Ecco le due modalità: il televisore come uno strumento che offre temporaneamente dei servizi, oppure il televisore come mondo che si sostituisce in tutto e per tutto al mondo reale.

Il bambino televisivo, per esempio, è un bambino che davanti al televisore sta tranquillo, quando però lo si invita a staccarsi fa resistenza enorme poiché, spento quello schermo, si spegne il mondo e quello che resta diventa strano e comunque qualcosa di fronte a cui si sente inadeguato. Non sa giocare, fatica persino a usare la capacità motoria del proprio corpo, non comunica, non sceglie. Un pesce fuor d'acqua che semmai si agita, si contrae e tenta in tutti i modi di riaprire il televisore e finalmente di riprendere a vivere. Certo è un caso di patologia limite, pur se sempre più frequente, il che sta ad indicare il senso che può acquistare il televisore nella vita di un bambino.
Simili dipendenze si osservano anche nell'adulto e sovente negli anziani che, emarginati dal mondo, vivono dentro il televisore e ciò che accade è quanto e soltanto quello che si presenta sul video.
Molti, lo abbiamo detto, usano il televisore per cercare qualche cosa di specifico: un film, oppure una partita di pallone, oppure le notizie politiche o di cronaca. Va osservato tuttavia che, proprio perché si tratta di un oggetto di casa, si finisce per sostarvi davanti senza una vera scelta e senza una ricerca che, anche se intenzionale, si ferma al primo incontro casuale e piacevole promosso dal telecomando.
Per questo il video televisivo è diverso dal cinematografo e da una rappresentazione teatrale, non tanto e non solo per il contenuto, ma proprio per il fatto di svolgersi fuori casa. E in questo senso la televisione di oggi è molto diversa da quella del primo periodo, è nata nel 1954, e allora si trovava solo nei bar o nelle sale parrocchiali e si doveva uscire per raggiungerla.
Il televisore acquista significati e promuove relazioni completamente diversi nel caso che sia uno strumento che offre servizi da scegliere, rispetto al diventare un mondo che finisce per imporsi e per farci entrare - come se anche noi fossimo parte della televisione - un elemento di quel mondo.
In questo senso va rivista l'affermazione secondo cui il televisore non è un oggetto interattivo, qualche cosa a cui ci si mette davanti in maniera passiva, a differenza di Internet. Poiché se diventa tutto il mondo, la relazione finisce per essere totale, esattamente come uno vive il mondo esterno, quello della realtà: ne viene informato, addirittura plasmato.
Anche per il nucleo familiare il televisore può diventare un mondo che impedisce le relazioni tra i singoli membri del gruppo. Capita quando il televisore impedisce addirittura di parlare, poiché è sempre acceso e mostra di essere la parte più interessante della famiglia. A tavola domina la sua voce, lo si ascolta anche se ci si muove e magari si prepara la tavola o si legge il libro di scuola avendolo acceso. Un oggetto che tiene riuniti, ma solo attenti a lui. Uno si può ad un certo punto alzare se non domina il telecomando e va davanti ad un altro apparecchio di cui diventa il "bottoniere".
Considerazioni che aiutano a capire perché oggi nel capitolo delle dipendenze singole e di gruppo, assieme alle sostanze chimiche, alle droghe, si siano messi, e in maniera paritaria, il televisore, i video giochi, l'azzardo.
Insomma un consumo errato del televisore viene a fare parte di tutte quelle condizioni in cui il singolo o i gruppi perdono la capacità di discernere e di scegliere, e dunque diventano succubi di un meccanismo che li condiziona fino a farne degli schiavi, non diversamente da una droga. E questo è un primo aspetto di patologia televisiva che non si può dimenticare: un rischio per tutti, ma soprattutto per i bambini e gli adolescenti.
Anche in questo caso di dipendenza tutto avviene per tappe .
La prima si lega al tempo di esposizione, all'uso della "sostanza" e alla sua quantità.
La seconda dipende dal ritmo del consumo: se diventa quotidiano, continuativo o rimane periodico, per esempio nelle vacanze o nel fine settimana (uso da weekend).
La terza tappa si correla alla perdita della scelta del programma e alla constatazione che si può vedere qualsiasi cosa, di tutto. L'importante non è cosa vedere, ma stare a vedere qualcosa, qualsiasi cosa. È il segno che domina l'apparecchio prima ancora di ciò che offre. Non si è mai sufficientemente valutato, in tema di audience, che una grande parte dei consumatori sono "drogati" di televisione e quindi consumano tutto e tutto è sullo stesso piano.
La quarta tappa si caratterizza per aver voglia di televisione, quando si sta facendo altro.

La quinta si manifesta per l'uso compulsivo del televisore, l'accenderlo come necessità, anzi come automatismo meccanico.
La sesta, l'ultima, è quando tutto diventa noioso e pesante e si desidera solo televisione, si ha l'impressione di essere liberi davanti al teleschermo e di essere invece frustrati quando si guarda al mondo concreto. Qui siamo già da disintossicazione rapida.

 testo integrale tratto da "Avvenire" - 13 maggio 2003