DIVINO


Chiesa cattolica, movimenti e gerarchia
di FILIPPO GENTILONI


Che i movimenti rappresentino la grande novità dei recenti decenni di storia cattolica è ben noto. Vantaggi e rischi. Per saperne di più si veda l'ottimo numero della prestigiosa rivista internazionale di teologia (stampata dalla Editrice Queriniana di Brescia) «Concilium» (3/2003): «I movimenti nella Chiesa», a cura di Alberto Melloni. (I movimenti, d'altronde, sono ormai in prima fila non soltanto nella vita della chiesa cattolica, ma anche della politica). Comunità di Sant'Egidio, Legionari di Cristo, Cammino Neocatecumenale (Kiko e Carmen), Focolarini, Rinnovamento dello Spirito, Opus Dei. E molti altri minori e meno conosciuti. Ciascuno con il suo fondatore e capo, più o meno carismatico (tema del contributo firmato da Ganoczy Alexandre, «Sull'ecclesiologia delle comunità carismatiche e delle sette»). Il numero di «Concilium» ricorda, d'altronde, anche alcuni illustri antenati, come i movimenti religiosi laicali del Medioevo (ne scrive Vauchez André) e la «grande avventura» del movimento cattolico dei secoli scorsi in Francia (tema affrontato da Poulat Émile in «La grande avventura del movimento cattolico in Francia. XIX e XX secolo»).

Ma il boom di oggi è nuovo e pone alla chiesa problemi nuovi («Crescete e moltiplicatevi. Dall'organicismo alla pluralità dei modelli nel cattolicesimo contemporaneo» si intitola lo scritto di Enzo Pace), che illustra egregiamente Luca Diotallevi: «Cattolicesimo in via di settorizzazione? Una ipotesi vecchia per problemi nuovi».

Un intervento nella sezione «Sfide» del numero di «Concilium» che offre anche il contributo di Lehmann David dal titolo «Dissenso e conformismo nei mocimenti religiosi. Quale differenza separa il Rinnovamento carismatico cattolico dalle chiese pentacostali?».

Innegabili i vantaggi nel campo della modernità di impegno e di diversificazione dell'offerta. Scrive Diotallevi: «E' proprio della fase più recente di questa strategia di diversificazione interna della offerta religiosa, praticata dalla chiesa cattolica non certo "in terra di missione" ma nei cosiddetti "monopoli cattolici",... che i movimenti sono diventati una componente importante».

I rischi sono evidenti: non si passa impunemente da una struttura organizzata da secoli per diocesi e parrocchie ad una verticalizzata, composta di settori paralleli che fanno capo direttamente a Roma. Ancora Luca Diotallevi: «Il rischio sarebbe costituito dalla lacerazione del tessuto ecclesiale». Se ne sono già visti parecchi esempi nel recente passato e presente: non pochi vescovi hanno espresso preoccupazioni.

Difficile negare, d'altronde, i vantaggi dei movimenti. Da circa un secolo, i vertici cattolici hanno cercato di salvarne i vantaggi senza subirne gli inconvenienti. Ed è stata l'Azione Cattolica ad essere protagonista di questo tentativo: movimento ma legato alla classica gerarchia della chiesa (diocesi, parrocchia).

Esperimento riuscito? Si e no. Se ne può, per lo meno, dubitare: nei decenni più recenti l'Azione Cattolica sembra infatti avere perso quello slancio che aveva mostrato qualche decennio fa. Forse proprio a motivo e causa del prevalere dei movimenti più moderni.

In realtà, è proprio l'attuale pontificato che sembra aver dato il via liberi ai movimenti che, tutto sommato, comportano una esaltazione del potere diretto di Roma. Anche a scapito di quelle istanze intermedie che da secoli costituiscono la forza - robusta ma elastica - della struttura cattolica. Un cambiamento strutturale al quale i mass media hanno dato un contributo decisivo. Sarà difficile, anche se lo si volesse, tornare indietro.

testo integrale tratto da "Il Manifesto" - 6 luglio 2003