COINVOLTI NEL MISTERO PASQUALE DEL SIGNORE Lc 22-24 - Anno Liturgico C 1. La passione, morte e risurrezione del Signore costituiscono un unico evento: il mistero pasquale. La comunità cristiana sembra che li celebri come se fossero due eventi distinti e separati: da una parte la passione-morte del Signore (venerdì santo e sabato santo), dall’altra la risurrezione del Signore (domenica di Pasqua). Se questa, di fatto, sembra essere la mentalità (e la prassi) corrente, in realtà una considerazione più attenta della liturgia della settimana santa e una lettura più meditata del vangelo della passione, morte e risurrezione del Signore, ci ricondurrebbero senza dubbio all’unicità del mistero pasquale. 2. La liturgia si presenta come prisma: ogni “faccia” è parte dell’intero e da ogni aspetto si guarda all’insieme. Il Giovedì Santo, infatti, celebrando la Cena pasquale del Signore, contempla l’intero mistero pasquale: «O Dio, che ci hai riuniti per celebrare la santa Cena nella quale il tuo unico Figlio, prima di consegnarsi alla morte, affidò alla Chiesa il nuovo ed eterno sacrificio, convito nuziale del suo amore, fa’ che dalla partecipazione a così grande mistero attingiamo pienezza di carità e di vita» (Preghiera della Colletta). Il Venerdì Santo, celebrando la passione e la morte del Signore, a partire da qui contempla la risurrezione: «O Dio, che nella passione del Cristo nostro Signore ci hai liberati dalla morte, eredità dell’antico peccato trasmessa a tutto il genere umano, rinnovaci a somiglianza del tuo Figlio; e come abbiamo portato in noi, per la nostra nascita, l’immagine dell’uomo terreno, così per l’azione del tuo Spirito, fa’ che portiamo l’immagine dell’uomo celeste» (Preghiera della Colletta). Il Sabato Santo, celebrando il silenzio del mistero della sepoltura del Signore, la contemplazione si apre sia alla passione e morte sia alla risurrezione:«O Dio eterno e onnipotente, che ci concedi di celebrare il mistero del Figlio tuo Unigenito, disceso nelle viscere della terra, fa’ che, sepolti con lui nel battesimo, risorgiamo con lui nella gloria della risurrezione» (Orazione della Liturgia delle Ore). La Domenica di Pasqua e le domeniche successive celebrano la presenza del Crocifisso-Risorto in mezzo a noi; dico “Crocifisso-Risorto” perché si manifesta ai discepoli con i segni della crocifissione (mani, piedi, costato), segni del suo consegnarsi a noi. 3. La lettura del vangelo della passione, morte e risurrezione del Signore, quest’anno secondo Luca (22-24), ci pone di fronte a pagine fondamentali per la vita cristiana, le quali sono state scritte non per ragioni semplicemente storiche o per redigere un “copione” teatrale o per dovere/diritto di cronaca, bensì per annunciare l’amore folle e appassionato di Dio per l’umanità manifestato in Cristo Gesù (Lc 22-23), e per testimoniare come ogni comunità cristiana può fare esperienza della presenza reale del Crocifisso-Risorto (Lc 24). Queste pagine probabilmente nascono all’interno del contesto liturgico della prima comunità cristiana (vedi l’eucaristia, l’ora sesta e nona, il canto dei Salmi, il sepolcro come Luogo del Memoriale della Parola e della “frazione del pane”…), dove alla luce delle S. Scritture (La Legge, i Profeti, i Salmi) e della esperienza di fede degli apostoli si rileggono gli eventi della passione, morte e risurrezione di Gesù. Come scrive Paolo, del quale Luca è stato fedele collaboratore: «Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture, fu sepolto ed è risuscitato secondo le Scritture, e apparve a Cefa e quindi ai Dodici…» (1Cor 15,3-4). E l’evangelista Luca, a proposito della parabola del ricco epulone, il quale intercedeva Abramo per la conversione dei suoi cinque, fratelli, fa dire ad Abramo: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti [cioè l’insieme delle S. Scritture], neanche se uno risuscitasse dai morti [ovvero una grande miracolo o avvenimento spettacolare] crederanno» (Lc 16,31). Dunque, la finalità primaria della narrazione della passione, morte e risurrezione del Signore è essenzialmente teologica. Ed è alla luce di queste pagine fondamentali che è stato scritto il resto del vangelo. Se non ci fossero, probabilmente non avremmo avuto il vangelo: «Se Cristo non è risuscitato, allora è vana la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede» (1Cor 15,14). 4. Qualche pista di lettura-meditazione per Lc 22-24. a) L’amore appassionato di Dio per l’umanità (Lc 22-23) La narrazione si avvia con la Cena pasquale (Lc 22,1-46), vissuta nel contesto della Pasqua ebraica che nell’immolazione dell’agnello fa memoria degli eventi dell’esodo: passaggio (= pasqua) dalla morte alla vita, dalla schiavitù dei signori di questo mondo al servizio nella libertà di Yhwh unico Signore (Es 3,7-12; 13,1-15,21). Qui la Cena pasquale diventa profezia e memoriale di quanto avverrà sulla Croce (Lc 23,33-46): un’esistenza (= pane-sangue) che si dona (Lc 22,14-20). Qui avviene per noi il passaggio (= pasqua) dalla schiavitù alla libertà, dalla morte dell’uomo vecchio alla rinascita dell’uomo nuovo. Questa Cena però va preparata. Come? Conoscendone il “luogo” (Lc 22,9), che è la stessa stanza (Lc 22,11) dove è nato Gesù (Lc 2,7); vale a dire: il “luogo” è lo stesso Gesù, è la sua esistenza concreta consegnata e donata, è Lui l’offerta e l’offerente. A questo “luogo” siamo condotti da «un uomo che porta una brocca d’acqua» (Lc 22,10), cioè da uno che è servo, come Gesù, perché nella Cena pasquale è il Signore che si mette a mensa con noi e ci serve (Lc 12,37); Lui è il Dio Pastore che ci ospita alla sua mensa (Sal 23,5). Questo “luogo” è anche la Chiesa (Lc 22,12; At 1,13), suo Corpo (1Cor 12,12-13.27), dove ci nutriamo della sua Parola e del suo corpo; ed è anche ogni battezzato, in quanto membro del suo Corpo e tempio dello Spirito Santo (1Cor 12,27; 1Cor 6,15.19). Ma non sempre la Chiesa è all’altezza di questa sua vocazione. Alcune volte la Chiesa, più che seguire il Maestro nel servizio gratuito e disinteressato, è attratta dalle logiche di dominio e dalle manìe di grandezza dei “re delle nazioni” e di “coloro che hanno il potere” (Lc 22,24-27), senza sapere che proprio la scelta del servizio è ciò che evangelizza, dà capacità di discernimento e dà autorevolezza (Lc 22,28-32). Perciò è necessario stare svegli e pregare per non cadere nella tentazione del potere (Lc 22,35-46). Altre volte la Chiesa tradisce l’amicizia del suo Signore (Lc 22,21-23.47.54). Altre volte ancora lo rinnega (Lc 22,54-62). Ma l’amore appassionato del Signore — il fuoco (Lc 22,55; 12,49; Es 3,2) e il suo sguardo di amico (Lc 22,61) — è amore sempre fedele che illumina le tenebre dell’uomo (Lc 22,53), perdona e spinge alla conversione (Lc 22,62); è amore che, proprio perché rifiutato, ci rivela la sua vera identità messianica e filiale: egli è il consegnato (Lc 22,68-23,25); è il “legno verde” che, bruciato al posto del “legno secco”, ridona la vita al “legno secco”, lo perdona e lo chiama alla sua sequela (Lc 23,26-32); è l’Uomo Giusto che, condannato ingiustamente, perdona e consegna il suo Respiro, lo Spirito a tutti coloro che nella sua nudità crocifissa contemplano il grembo accogliente di Dio (il velo del “Santo dei Santi” nel tempio che si squarcia nel mezzo) e custodiscono il suo corpo come memoriale della Parola diventata seme di vita nel cuore della terra (Lc 23,33-56; 8,4-15; 13,18-19; Gv 12,24). b) Il Crocifisso-Risorto sulle strade dell’uomo (Lc 24) — L’ottavo giorno. Tutta la narrazione si svolge in un giorno solo (Lc 24,13) che è «il primo giorno dopo il sabato» (Lc 24,1), cioè l’ottavo giorno. Non è certamente un’indicazione cronologica, bensì teologica, perché l’ottavo giorno è il Giorno escatologico che non avrà fine, cioè il Giorno della Risurrezione che ormai contiene tutti gli altri giorni. Il tempo e i giorni dell’esistenza del cristiano sono ormai scanditi dalla Risurrezione del Signore, ricevono il loro Senso ultimo perché vissuti alla presenza del Crocifisso-Risorto. — A caro prezzo. il Risorto è anche il Crocifisso. Egli infatti sta in mezzo ai suoi mostrando le mani e i piedi (Lc 24,40), cioè l’evento della Croce come vita consegnata e donata a caro prezzo. Tutto questo dice che la Risurrezione del Signore non ha nulla di trionfalistico: non è la rivincita di Dio sull’uomo, né la riconquista del mondo e il recupero del consenso perduto, né occasione di vanto da parte dei cristiani. Nell’evento della Risurrezione bisogna sempre leggere — secondo la predicazione di Paolo — «la parola della Croce», manifestazione della sapienza di Dio che sceglie coloro che la sapienza umana esclude (1Cor 1,18-31), o — secondo la predicazione di Pietro — il fondamento stesso della vita cristiana posto sulla «pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio» (1Pt 2,4). Se un vanto ci deve essere, esso dovrebbe andare soltanto in questa prospettiva: «chi si vanta, si vanti nel Signore» (1Cor 1,31) escluso e scartato. — Entrare nel Memoriale del Signore. In Lc 24,1-5 e 24,22, come gia in Lc 23,50-56, si parla di “sepolcro”. Apparentemente luogo della morte, in realtà luogo della manifestazione della Vita. Perché? La narrazione di Lc 24,1-5 evoca la pagina della Trasfigurazione (Lc 9,28-36): entrambi gli eventi sono collocati all’ “ottavo giorno”; i due uomini/angeli (Lc 24,23 = messaggeri del Signore) richiamano Mosè ed Elia, cioè la S. Scrittura (così anche in Lc 24,27.44-46); le vesti sfolgoranti richiamano quelle Signore trasfigurato; le donne mirrofore — prime apostole della Risurrezione (Lc 8,1-3) — richiamano i tre discepoli Pietro, Giovanni e Giacomo, le «colonne della Chiesa» (Gal 2,9), rappresentanti, rispettivamente, della chiesa di Roma, delle chiese dell’Asia Minore, della chiesa di Gerusalemme. Il “sepolcro”, allora, non rappresenta soltanto la nostra terra/umanità seminata dal corpo/seme/parola del Signore, ma è anche il “Luogo del Memoriale”, cioè la S. Scrittura (la Torah, scritta sulla pietra!, i Profeti, i Salmi) che in Cristo è annuncio della Pasqua del Signore, annuncio di Vita e non di morte (Lc 24,27.44-47; si legga anche 16,30-31). Infatti i due uomini/angeli dicono: «Ricordatevi come vi parlò…» (Lc 24,6); e delle donne apostole si dice: «Ed esse si ricordarono delle sue parole-evento» (Lc 24,8). Tutta la Scrittura (AT e NT) è il luogo dove si fa memoria-attualizzazione («ricordatevi») delle parole del Signore, poiché esse sono lo “scrigno” che custodisce il corpo/parola del Signore, il quale nutre, illumina, dona lo Spirito di vita: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?» (Lc 24,32; 12,49; 8,15; Gv 6,63; Es 3,2; Ne 8,12.18); «È lo Spirito che dà vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita» (Gv 6,63); «Voi siete una lettera di Cristo, scritta da noi… con lo Spirito del Dio vivente, non su tavole di pietra, ma sulle tavole di carne dei vostri cuori» (2Cor 3,3). Assieme alla Parola di Dio contenuta nelle S. Scritture, il “luogo del Memoriale” rappresenta anche il luogo della “frazione del pane”, la mensa del corpo del Signore offerto e donato a tutti (Lc 24,30). Se ascoltando le parole del Signore il cuore (la coscienza dove maturano le nostre scelte e decisioni) arde dell’amore del Signore, accogliendo il “pane spezzato” si “aprono gli occhi” e si riconosce la sua Presenza reale negli eventi della storia (la via) e nell’esistenza dei fratelli (Lc 24,31-35), i quali costituiscono il corpo del Signore, la sua Chiesa (1Cor 12,7). Per fare esperienza reale e viva della Risurrezione del Signore bisogna “entrare” — non rimanere semplici spettatori — nel Memoriale della sua Parola e del suo Corpo donato, entrare in relazione con Lui, e lasciare che giorno dopo giorno, nel cammino concreto della vita, il Crocifisso-Risorto ispiri le nostre scelte (“cuore che arde”) e “apra i nostri occhi” al discernimento della sua presenza nella storia e nei nostri fratelli. Se non si “entra nel Memoriale” nulla di naturale e di automatico accadrà nella nostra vita, nemmeno se vedremo un miracolo: «Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti crederanno» (Lc 16,29-31). È attraverso l’ascolto che si entra in relazione con il Dio di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Gesù Cristo che Dio Padre ha risuscitato dai morti. — Relazione d’incontro e testimonianza. La relazione d’incontro con il Crocifisso-Risorto, attraverso il Memoriale della sua Parola e del “Pane spezzato”, è per noi esperienza di pace, di riconciliazione e di perdono (Lc 24,36.47). È questa esperienza che i cristiani sono chiamati a testimoniare sulle strade del mondo (Lc 24,48). Una testimonianza coraggiosa e profetica. Per questo ci viene donato lo Spirito del Signore (Lc 24,49) il cui frutto (leggi “scelte di vita”) è «amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé» (Gal 5,22).
Egidio Palumbo Barcellona PG (ME) |