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IRAQ 25/3/2003 2:31 |
PENSIERI
SPARSI SULLA GUERRA
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Peace/Justice, Standard |
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La
Guerra fa male. Fa molto male. A tutti coloro che la fanno. È
facile accorgersene percorrendo i campi di battaglia e le retrovie;
in quelle lande desolate c’è solo morte, anche negli occhi dei
sopravvissuti. Potremmo disquisirne all’infinito, ma tutti i
conflitti - poco importa se di liberazione, preventivi, umanitari o
patriottici che dir si voglia - causano sempre ammassi di macerie,
dove il rancore cova da mattina a sera, dove non v’è legge, dove
la vita conta molto meno di una mezza cicca fumata in veranda da un
ribelle. Dove i 'Signori della Guerra', criminali patentati, fanno
affari a bizzeffe, mentre i loro clienti, mercanti di pepite, sono
puritani per mestiere, pupazzi del dio denaro che - dopo averli
ipocritamente sostenuti e finanziati - hanno l’ardire di
considerarli mortali nemici. È difficile, ammettiamolo, raccontare
quello che accade sul fronte, come anche nei campi di raccolta,
sotto i bunker o nei rifugi. In questi anni ho viaggiato molto,
soprattutto in Africa, e devo confessare che se certa stampa
benpensante avesse avuto il coraggio di seguire tante delle guerre
dimenticate che tuttora insanguinano il continente nero, scrivendo
meno di cronaca rosa e altre fanfaluche, forse oggi assisteremmo ad
un’informazione più obiettiva, equilibrata e soprattutto meno
spettacolarizzata. Per il cronista di guerra, non è lecito –
almeno sulla carta – essere ‘voce del padrone’, megafono del
vincitore o vinto che sia. Il suo compito dovrebbe consistere nel
fare il tifo per la gente comune, nel percepire il pianto delle
donne, il dramma dei vecchi e l’agonia dei bimbi. Se così fosse
sempre stato, anche durante la lunga guerra angolana o nell’ex
Zaire, in Sud Sudan o in Sierra Leone, nessun sacerdote della
‘Real Politik’, a partire da George W. Bush, avrebbe trovato
consensi per legittimare le folli crociate del Terzo Millennio. È
un peccato che le generazioni della Seconda Guerra Mondiale, quelle
che hanno vissuto sulla loro pelle le cruente battaglie di Monte
Cassino e sulla linea Gotica, siano troppo avanti negli anni per
influenzare le coscienze. Per carità, mai come ai nostri giorni la
società civile ha fatto opinione, ma non sufficientemente da aver
diritto di veto, l’unico davvero disinteressato, nel Palazzo di
Vetro. Ciò che bisognerebbe mettere in prima pagina non sono i
cannoni o le divise, ma il coraggio della gente semplice, veri eroi
che non hanno armi per difendersi dalle aggressioni di questo e
quell’esercito. È vero che l'ostentazione di morti e prigionieri,
mostrati come trofei in televisione, ha diffuso l'orrore della
guerra, come anche i cinici commenti di chi segue in diretta i
bombardamenti su Baghdad come se fosse una telecronaca di calcio. Ma
non solo. Sarebbe opportuno che nessun militare mettesse piede in
uno studio televisivo per spiegare al pubblico come si fa la guerra.
Questi signori, in congedo o riservisti, esperti strateghi o
generali in pensione, farebbero meglio a tacere, perché dietro le
mappe e i modellini degli aerei e dei carri armati ci sono i morti e
le loro fosse comuni che forse nessuno vedrà mai. Ho buttato giù
questi pensieri sparsi sulla guerra, in maniera forse confusa, e me
ne scuso con chiunque abbia avuto l’ardire di seguire fino in
fondo il mio parafrasare. Ma l'orrore della guerra offende la dignità
umana e rimanda la mente a periodi bui della storia.
di Giulio Albanese
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dal sito www.misna.org
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