MISNA
ITALY  7/1/2004 2:23
IL MIO POSTO AL SOLE,"MENO BENEFICENZA PIU' DIRITTI"

di padre Giulio Albanese

Peace/Justice, Standard

Le feste natalizie sono ormai terminate ed è tempo di bilanci. Intendiamoci: non mi riferisco a quanti soldi della tredicesima siamo riusciti a risparmiare, quanto piuttosto al senso che, come credenti, abbiamo dato a tutto quello che è stato vissuto e celebrato. Mentre scrivo ho sulla mia scrivania alcuni appunti di una recente campagna dal nome alquanto provocatorio: ‘Meno Beneficenza Più Diritti’. Si tratta di un’iniziativa rivolta a tutti i cittadini, alle istituzioni, al mondo politico ed economico. Le quattordici associazioni e Ong italiane che promuovono la campagna - tra cui figura ‘Mani Tese’ - intendono sostenere regole, a livello italiano ed europeo, che inducano le imprese ad adottare comportamenti socialmente responsabili in tutto il mondo. L’obiettivo è fare in modo che la produzione estera controllata direttamente o indirettamente dalle aziende europee si realizzi nel pieno rispetto dei diritti fondamentali della persona e delle comunità locali e garantisca il rispetto e la protezione dell'ambiente. A questo proposito il ministro Roberto Maroni ha avanzato recentemente una proposta alquanto controversa: ai governi europei è stato proposto di riconoscere come ‘etiche’ le imprese che autocertificano di avere comportamenti corretti e che usano una piccola parte del loro profitto per finanziare il welfare nazionale. La campagna ha lo scopo immediato di rendere evidente l'inconsistenza di questo approccio che lega l'etica alla beneficenza anziché al rispetto dei diritti. Al contrario, anche i più recenti documenti della Sottocommissione Onu sui diritti umani riconoscono la necessità di un quadro giuridico vincolante per i comportamenti delle imprese in tutto il mondo. Sempre sulla mia scrivania ho un ritaglio di giornale: un articolo apparso su Repubblica dell’11 novembre scorso a firma Umberto Galimberti. Il titolo riassume una questione cruciale alla quale il mondo cattolico e altrettanto quello laico sono chiamati a dare una risposta: ‘Dov’è finita l’etica nel mondo del dio denaro?’ La risposta a cui giunge Galimberti costituisce, a mio avviso, un’amara verità: “Non disponiamo di un’etica all’altezza della tecnica e dell’economia globale”. La verità è che noi occidentali siamo preoccupati del terrorismo di Osama Bin Laden (che va sempre e comunque condannato) e poi di fatto siamo responsabili dell’inquinamento che minaccia il nostro povero pianeta impedendo a tre quarti della popolazione mondiale ogni forma di sviluppo sostenibile. Consideriamo gli americani, indiscussi leader della classifica mondiale dello spreco con un consumo di energia quotidiano pari a quello di 4 italiani, di 160 tanzaniani o di 1100 ruandesi. Non solo: ogni cittadino Usa produce 27 volte più anidride carbonica della quota che è stata calcolata come sostenibile: 20 tonnellate all’anno contro le 7,4 di un italiano o le 0,2 di un cittadino dei Paesi in via di sviluppo. Se pure avessimo la bacchetta magica e riuscissimo a sollevare le sorti dell’Africa consentendo ai suoi abitanti di raggiungere lo standard occidentale di benessere, nel mondo succederebbero disastri: non ci sarebbero più foreste, il buco dell’ozono diventerebbe una voragine e soprattutto non ci sarebbe più ossigeno per respirare. A questo punto sono certo che qualcuno dirà: “questo è un ragionamento catto-comunista”. A questi signori vorrei ricordare che le politiche solidaristiche sono anche nell’interesse del mercato. E sì, perché se i morti di fame aumentano da mattina a sera, a chi venderanno le loro merci, i loro prodotti i Paesi industrializzati? È indiscutibile che nel mondo il numero dei poveri è in crescita esponenziale – tutti sanno che la recessione penalizza i mercati finanziari, ma soprattutto mette in ginocchio le economie dei Paesi poveri - e il fenomeno riguarda paradossalmente anche il Nord del Mondo. Il 16 dicembre scorso la Commissione europea ha pubblicato una comunicazione sulla povertà e l’esclusione sociale negli stati membri dell’Unione, secondo la quale un giovane su quattro in Italia, così come in Spagna e in Portogallo, è a rischio povertà. Secondo il rapporto, in tutta l'Unione la minaccia riguarda il 15 per cento della popolazione con grandi differenze tra Paese e Paese: dal 10 per cento della Svezia al 21 per cento dell'Irlanda. Per l'Italia, invece, il rischio povertà, secondo i dati del 2001, riguarda una percentuale del 19 per cento, così come per la Spagna. Ma il dato sale al 25 per cento per la fascia di età dai 18 ai 24 anni. Viene alla mente quello che scrisse il grande Blaise Pascal: “Il mio posto al sole. Ecco l'inizio e l'immagine dell'usurpazione di tutta la terra”. 

(di padre Giulio Albanese)[GA]

 

 dal sito www.misna.org