“Di
fronte alle situazioni di ingiustizia e di violenza che opprimono
varie zone del globo, davanti al permanere di conflitti armati
spesso dimenticati dall’opinione pubblica, diventa sempre più
necessario costruire insieme vie per la pace; diventa perciò
indispensabile educare alla pace”. È il forte messaggio lanciato
ieri dal Santo Padre, Giovanni Paolo II, durante l’omelia nella
solennità di Maria Santissima Madre di Dio e nella ricorrenza della
37ma ‘Giornata Mondiale della Pace’. Ricordando ai fedeli,
convenuti nella basilica vaticana, che è urgente e necessario
“formare le coscienze alla cultura della pace”, il Papa ha
ribadito, come già in altre occasioni, la centralità della
speranza per vincere lo scoraggiamento, “senza cedere alla
tentazione della sfiducia”, anche dove le condizioni appaiono
“drammatiche”, come in Terra Santa. Per questo il Pontefice ha
stigmatizzato con forza che “sempre più si avverte la necessità
di un nuovo ordinamento internazionale, che metta a frutto
l’esperienza e i risultati conseguiti in questi anni
dall’Organizzazione delle Nazioni Unite”. Un ordinamento che
aiuti a costruire “la civiltà dell’amore”, e consenta
l’ottenimento di una “pace autentica e duratura”. La solenne
eucarestia è stata celebrata dal cardinal Angelo Sodano, segretario
di Stato, dal cardinal Renato Raffaele Martino, presidente del
Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, da monsignor
Leonardo Sandri, sostituto della Segreteria di Stato, da monsignor
Giovanni Lajolo, segretario per i rapporti con gli Stati della
Segreteria di Stato e da monsignor Giampaolo Crepaldi, segretario
del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace. Giovanni
Paolo II è apparso in buone condizioni, leggendo con voce chiara
tutto il testo dell’omelia e assistendo in ginocchio al rito della
consacrazione. Nel corso del suo intervento, il Papa ha in sostanza
ribadito i contenuti del suo messaggio per la 37ma ‘Giornata
Mondiale della Pace’, diffuso dalla sala stampa vaticana lo scorso
16 dicembre: ‘Un impegno sempre attuale: educare alla pace’.
Toccante è stato poi il ricordo monsignor Michael Aidan Courtney,
“mio rappresentante quale nunzio apostolico in Burundi,
tragicamente ucciso qualche giorno fa mentre svolgeva la propria
missione a favore del dialogo e della riconciliazione. Preghiamo per
lui, auspicando che il suo esempio ed il suo sacrificio portino
frutti di pace in Burundi e nel mondo”. Il messaggio di pace è
echeggiato anche nelle preghiere dei fedeli, non a caso lette anche
nelle varie lingue del mondo, dal russo al swahili, e anche in
arabo: “Pace in terra agli uomini che Dio ama”, ha declamato un
giovane in arabo, citando il vangelo di Luca. Una preghiera in cui
è stato chiesto che i capi delle nazioni “si adoperino per non
fare mai appello al diritto della forza quanto piuttosto alla forza
del diritto”. Al termine della santa messa, Giovanni Paolo II ha
recitato la tradizionale preghiera mariana dell’Angelus e ha poi
ricambiato “con profonda gratitudine” gli auguri che, ha detto,
“mi ha rivolto ieri sera il Signor Presidente della Repubblica
Italiana”. A Ciampi, ha aggiunto, “assicuro la mia preghiera per
il suo alto servizio e invoco su di lui e sull’amato popolo
italiano pace e prosperità”. Il Papa ha anche salutato i
partecipanti alla marcia promossa dalla Comunità di Sant’Egidio,
che ha avuto come tema ‘Pace in tutte le terre’; poi si è
rivolto ai giovani dell’Opera Don Orione, come pure alle famiglie
del movimento dell’Amore Familiare, che nella notte di Capodanno
hanno vegliato pregando per la pace.
Palloncini con la parola “Pace” si sono levati questo pomeriggio
nel cielo di Roma, sullo sfondo della cupola di San Pietro, mentre
scompariva il sole di un Capodanno quasi primaverile: li avevano
liberati bambini cristiani, ebrei e musulmani che il ‘Movimento
dell’Amore Familiare’ - dopo aver trascorso la notte in veglia
di preghiera in piazza San Pietro - aveva riunito, con i loro
genitori, nei giardini di Castel Sant’Angelo vicino a un ulivo
simbolo di pace. E’ stata una cerimonia semplice e raccolta,
volutamente a pochi passi dal Vaticano, in occasione della 37esima
Giornata Mondiale della Pace e del relativo messaggio di Giovanni
Paolo II. In mattinata, bandiere con i colori dell’arcobaleno e
grandi mappe dei luoghi della Terra segnati dalla guerra e dalla
sofferenza avevano caratterizzato la marcia della pace organizzata,
con la partecipazione di migliaia di persone, dalla Comunità di
Sant’Egidio. Con le manifestazioni “Pace in tutte le terre”
allestite in 200 città di 70 Paesi dei diversi continenti, per il
secondo anno la Comunità ha voluto esprimere il suo “sostegno
alle parole del Papa e alla sua sollecitudine per la pace nel mondo,
ancora troppo diviso e segnato da guerre, ingiustizie, povertà e
violenze”. La marcia di Roma ha raggiunto piazza San Pietro per
l’Angelus, dopo il quale il Papa ha salutato i partecipanti, il
Movimento dell’Amore Familiare e i giovani di Don Orione;
ricambiati “con profonda gratitudine” gli auguri che il
Presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi gli aveva
rivolto ieri sera nel suo messaggio di fine d’anno, il pontefice
ha invocato “su di lui e sull’amato popolo italiano pace e
prosperità”. A tutti i fedeli e i pellegrini presenti stamani in
Piazza San Pietro, salutati, come è tradizione, anche nelle loro
lingue d’origine, prima dell’Angelus, il pontefice aveva anche
ricordato che “la pace è anzitutto dono di Dio, ma è anche un
progetto alla cui realizzazione ciascuno deve dare il proprio
contributo”. Nell’omelia della Messa per la solennità di Maria
Santissima Madre di Dio, da lui stesso presieduta, il Pontefice
aveva ricordato il tema del messaggio per l’odierna giornata –
Un impegno sempre attuale: educare alla pace – ed aveva ribadito
che “poiché la pace è possibile, essa è doverosa”,
aggiungendo: ”Di fronte alle situazioni di ingiustizia e di
violenza che opprimono varie zone del globo, davanti al permanere di
conflitti armati spesso dimenticati dall’opinione pubblica,
diventa sempre più necessario costruire insieme vie per la pace;
diventa perciò indispensabile educare alla pace”. Ricordando il
nunzio apostolico ucciso in Burundi, Giovanni Paolo ha detto: “Del
'Vangelo della pace' era testimone anche monsignor Michael Aidan
Courtney, mio rappresentante quale Nunzio Apostolico in Burundi,
tragicamente ucciso qualche giorno fa mentre svolgeva la propria
missione a favore del dialogo e della riconciliazione. Preghiamo per
lui, auspicando che il suo esempio ed il suo sacrificio portino
frutti di pace in Burundi e nel mondo.” Nell’omelia, il Papa è
tornato anche sul tema del Medio Oriente: “La Terra in cui nacque
Gesù continua, purtroppo, a vivere in condizioni drammatiche. Anche
in altre parti del mondo non si spengono i focolai di violenza e i
conflitti. Occorre però perseverare senza cedere alla tentazione
della sfiducia. E’ necessario uno sforzo da parte di tutti, perché
siano rispettati i diritti fondamentali delle persone attraverso una
costante educazione alla legalità. A tal fine, bisogna adoperarsi
per superare "la logica della semplice giustizia" e
"aprirsi anche a quella del perdono". Infatti "non c'è
pace senza perdono!"
Riferendosi
al più vasto contesto mondiale, Giovanni Paolo II ha sottolineato:
“Sempre più si avverte la necessità di un nuovo ordinamento
internazionale, che metta a frutto l’esperienza e i risultati
conseguiti in questi anni dall’Organizzazione delle Nazioni Unite;
un ordinamento che sia capace di dare ai problemi di oggi soluzioni
adeguate, fondate sulla dignità della persona umana, su uno
sviluppo integrale della società, sulla solidarietà fra Paesi
ricchi e Paesi poveri, sulla condivisione delle risorse e degli
straordinari risultati del progresso scientifico e tecnico.” Tra
le frasi conclusive dell’omelia, c’è infine la seguente:
“Soltanto un’umanità in cui vinca l’amore sarà in grado di
godere di una pace autentica e duratura”. Sul tema della giornata
si è espresso anche l’arcivescovo di Perugia, monsignor Giuseppe
Chiaretti nel suo saluto di inizio d’anno alla comunità diocesana
riferito dall’Agenzia Nazionale di Stampa Associata (Ansa): “La
pace, se la vogliamo davvero, non cammina 'sulla punta delle
baionette', come qualcuno ha voluto dire, ma sui quattro
ineliminabili pilastri della giustizia, della verità, della libertà,
della solidarietà. Altrimenti non e' la pace dei vivi ma quella dei
cimiteri". Monsignor Chiaretti, ricordando che ormai tutti
riconoscono nel Papa 'il grande campione della pace', ha poi detto:
"Siamo tutti responsabili di questa pace e urge percio' una
seria educazione ad essa, che dall' opinione pubblica giunga fino
alla stanza dei bottoni, quelli economico-finanziari e quelli
politici, dove sono in pochi a ritenersi arbitri dei destini del
mondo. Assistiamo, peraltro, a questa palese discrasia: laddove i
poveri e la gente comune possono esprimersi in libertà essi gridano
la pace, ma nessuno prende sul serio questo grido perché si pensa
che certe decisioni sono soltanto di pochi eletti. E così la gente
comune va a fare la guerra per tutelare interessi altrui".
Sulla difficile situazione mediorientale, in una dichiarazione al
Sir (Servizio informazioni religiose), padre Giovanni Battistelli,
custode di Terra Santa, aveva affermato: “Questa Terra ha bisogno
di serenità e di pace. Chi ne ha in mano le sorti trovi i mezzi
pratici per superare le difficoltà. Il muro di separazione, gli
omicidi mirati, gli attacchi terroristici e scontri vari non servono
a questa Terra. Il 2003 ci lascia una lunga scia di sangue ma anche
le parole piene di speranza del Papa che non dimentica le sofferenze
dei popoli che qui vivono". Tra le dichiarazioni e le diverse
iniziative collegate alla Giornata della pace merita una citazione
anche un 'Capodanno alternativo' vissuto a Termoli con una
manifestazione organizzata dalla Conferenza episcopale italiana (Cei),
da Pax Christi e dalla Caritas Italiana e una marcia a cui hanno
partecipato quattromila persone. E' stata scelta la diocesi di
Termoli-Larino, per esprimere solidarieta' alle popolazioni colpite
dal sisma del 31 ottobre 2002, in cui persero la vita 28 bambini e
una maestra di una scuola scuola di San Giuliano di Puglia
(Campobasso). Anziché brindisi e cenoni, sono stati il digiuno e la
rinuncia a segnare la fine del 2003 e l’inizio del 2004, dando
vita a un momento di riflessione anche su quel primato del diritto
internazionale invocato nel messaggio di Giovanni Paolo II. Nella
chiesa di Santa Maria degli Angeli a Termoli si è parlato anche di
Iraq. Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, vescovo di Locri-Gerace
e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e
il lavoro, la giustizia e la pace, ha affermato: "La forza da
sola si tramuta sempre in debolezza, anche se in apparenza sembra
prevalere, come è successo in Iraq: la violenza in essa implicita
non manca mai di venire allo scoperto". Della situazione
irachena ha parlato anche monsignor Ishlemon Warduni, vescovo
ausiliare della Chiesa cattolica caldea di Bagdad, dicendo:
"Siamo stanchi di guerra.La guerra ha provocato tanti danni,
morali e materiali ed anche malattie causate dall'uso di uranio
impoverito".
(a
cura di Pietro Mariano Benni)