IRAQ  17/2/2003 2:11

PENSIERI SPARSI SULLE MANIFESTAZIONI PER LA PACE

Peace/Justice Peace/Justice, Standard

Vi è qualcosa di molto ‘forte’ che ha qualificato sabato a Roma l’imponente manifestazione per la pace: il fatto che ovunque sventolasse la bandiera dell’arcobaleno. Potrebbe sembrare, in apparenza, un semplice dettaglio, ma in effetti nelle altre dimostrazioni svoltesi in mezzo mondo, a partire da quella londinese che ha visto la partecipazione di due milioni di persone, l’accento era tutto sul ‘No alla guerra’ (‘No War’). Al contrario, molti di coloro che sono scesi in piazza a San Giovanni in Laterano e dintorni l’hanno fatto in modo gioioso, innanzitutto e soprattutto, perché credono che il miglior deterrente ad ogni forma di conflitto è la pace globale. Una pace fondata, come peraltro affermato dal Papa nel messaggio per la Giornata mondiale della pace, sulle quattro precise esigenze dell’animo umano: "verità, giustizia, amore e libertà". Di fronte a quanto sta accadendo sul versante iracheno ed in altre periferie del mondo, non basta semplicemente dire ‘no alla guerra’ come se questo servisse a risolvere i problemi di tanta umanità dolente. In molti casi, ed è l’esperienza di numerosi missionari a raccontarlo, l’assenza di lotte armate non coincide necessariamente con l’avvento della pace. Di fronte ai disordini che caratterizzano la scena mondiale occorre dare spazio alla società civile (Chiese incluse), a quelle persone che sabato hanno celebrato uno straordinario sì alla vita che molti politici di questo povero pianeta non sanno neanche balbettare. A questo riguardo vi è un secondo aspetto che andrebbe sottolineato. I manifestanti hanno lanciato un chiaro segnale alla classe dirigente mondiale, poco importa se a Washington o a Mosca, se a Londra o a Roma, sull’urgenza di attuare una ‘governance sociale’ capace di amministrare il ‘Bene Comune’ di tutti i popoli. Mi spiego: sarà anche vero, come scrive Eugenio Scalfari su 'La Repubblica', che "i governanti democraticamente eletti debbono possibilmente precedere e non supinamente seguire le opinioni spesso rapidamente mutevoli degli elettori", ma è del pari vero che i nostri governi, di destra, centro e sinistra che siano, troppo frequentemente non sanno rappresentare efficacemente le istanze di democrazia e libertà della gente nel cosiddetto ‘villaggio globale’. Ed è per questo motivo che la società civile è scesa in piazza: perché i politici da soli fanno troppo spesso disastri. La distinzione tra ‘government’ e ‘governance’, già in parte presente nell’inglese corrente, è stata utilizzata nelle scienze politiche e sociali, per indicare: con il concetto di ‘government’, soprattutto le strutture di governo e il loro funzionamento (nella classica tripartizione tra potere legislativo, esecutivo e giudiziario); con il concetto di ‘governance’, la gestione politica, che include, non solo le strutture pubbliche, ma anche i soggetti che interagiscono con lo Stato, società civile in testa. Se è vero, dunque, che la democrazia, a differenza dell’oligarchia, richiede una necessaria consonanza tra l’azione di governo e lo spirito pubblico, oggi, più che mai occorre dare voce alla società civile perché è l’unica in grado di aiutare le istituzioni politiche a fare il proprio dovere, soprattutto quando è in gioco il valore sacrosanto della pace. Le manifestazioni di sabato in tutto il mondo la dicono lunga. 

 

                                                                                  Giulio Albanese


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