MISNA 

 

IRAQ  15/12/2003 3:03
DOPO CATTURA SADDAM: 

LAMENTO DI UN GIORNALISTA STORDITO, CONFUSO E… PREOCCUPATO

di Pietro Mariano Benni

General, Standard

“Ma non si faceva la stessa cosa negli anfiteatri con le belve, i gladiatori e i cristiani? Lo chiedo a te proprio perché tu vivi a Roma…”: me lo dice, parlando da oltreoceano, una studiosa di semiologia della comunicazione (ma anche della Divina Commedia) a cui ho telefonato per essere aiutato a riflettere in maniera diversa e un po’ meno provinciale, più seria, pacata e vagamente scientifica – o per lo meno non propagandistica - sul valore che la cattura di Saddam Hussein può avere come “segno”. Segno da decodificare in un contesto molto più complesso di quello proposto dal saturante e volgare fracasso mediatico di una giornata che ha comunque offerto, a quanto pare, la prova della misera fine di un altro dittatore. E non è poco. Ma in quale contesto di fatti, di diritto internazionale, di conseguenze politiche e umane per un popolo che ha già tanto sofferto? Di qua e di là dall’oceano – e presumo in gran parte del mondo dotato di piccolo schermo e di altri media più o meno moderni e globali, o meglio globalizzanti – non è stato quasi possibile avere ieri altre informazioni se non pochi dati concreti e molti commenti poco lucidi e ancor meno profondi. Non tanto sulle sorti dell’Iraq - più che mai scenario di morte e disperazione - quanto sullo spettacolo della cattura di Saddam per la quale non si è comunque finora visto, letto o sentito alcun buon brano di documentata cronaca. E neanche alcuna approfondita analisi di esperti. Almeno sui grandi media, sempre più megafoni conformisti di un sistema mondiale d’informazione che nemmeno la fantasia del britannico George Orwell, quello del Grande Fratello vero, né il genio del canadese Marshall McLuhan, quello del villaggio davvero globale, erano riusciti a concepire così efficienti e perversi. E’ necessaria a questo punto una precisazione: in queste righe non si intende discutere contro o pro Saddam; lo si sta già facendo nel mondo, in maniera più o meno manichea, da troppo tempo; lo stanno facendo in tanti, prigionieri di fondamentalismi opposti, tanto miserabili quanto il buco da inferno dantesco in cui viveva questo mostro barbuto, sbattuto in “blow up” sulla prima pagina del piccolo-grande schermo mondiale. Che di qualsiasi violento – si chiami Saddam o in altro modo - il mondo debba liberarsi, per qualsiasi essere ragionevole è fuori discussione. In queste poche righe, un giornalista “infelice e sconosciuto” cerca solo di porsi e di porre il problema del modo in cui il “quarto iperpotere” non solo ha definitivamente rinunciato a fare da cane da guardia agli altri tre poteri ma addirittura né è definitivamente succube. E quindi non ci aiuta più a capire quello che ci sta davvero accadendo e ci stordisce anzi con un linguaggio e un clamore parapubblicitari, sostituendo la propaganda alla cronaca e la manipolazione all’informazione in un crescendo parossistico ben orchestrato. “La realtà parla un linguaggio di simboli; e ogni parte è metafora del tutto” ha scritto nel 1990 Eduardo Galeano, dal profondo di quell’America Latina di cui lui ben conosceva le “vene aperte” che davano il titolo a una sua celebre opera del 1971. Tra simboli galoppanti, metafore incalzanti e vene aperte in più punti del pianeta, all’inizio di questo nuovo millennio sembra prendere velocità e vigore una spirale negativa che si espande e ha effetti violenti di distorsione e di confusione quasi ovunque e sui più diversi argomenti: dalle elezioni in Russia (e altrove) alle notizie sulle guerre e i loro perché (non escluse le presunte armi di distruzione di massa), fino al fantasma ogni tanto appena evocato delle realtà più tormentate e complesse del Sud del Mondo. La pseudocronaca sembra generare ormai, giorno per giorno, con l’aiuto della cosiddetta moderna tecnologia dell’informazione, una pseudostoria e uno pseudodiritto del più forte. L’opinione pubblica sembra intanto farsi gregge stordito e confuso, svogliato e disattento, forse incapace di far ricorso, più rigorosamente che mai, allo spirito e alla mente, per decodificare il vero significato dei subdoli megasegni ben confezionati che ci vengono quotidianamente serviti come fonte principale di conoscenza. Facciamo un esempio legato al caso in questione, uno solo, uno piccolissimo tra i tanti possibili: perché gli israeliani “Debka.file”, disponibili per tutti in rete, pur seguiti, ripresi e citati ieri come fonte bene informata all’inizio dell’ “Hussein hit-parade”, sono stati poi ignorati quando, con un'analisi dei fatti, hanno concluso che il raìs doveva essere già “prigioniero di qualcuno” da molto tempo? Si potrebbe ipotizzare: detenuto forse dai curdi, in particolare dai “peshmerga” (alla lettera “quelli che confrontano la morte”) da giorni o anche da settimane, e venduto in cambio della taglia milionaria in dollari, ma solo dopo aver già messo le basi di nuovi rischiosi e radicali equilibri/squilibri iracheni e regionali. Forse mondiali. Massacri di cristiani, belve e gladiatori – tutti egualmente esposti allo stesso tremendo pollice verso, non del tutto dissimile da recenti diktat – cominciarono a porre le basi del declino di un impero che, dopo un lungo splendore all'insegna della tolleranza, iniziava a nutrire col sangue la proprio lunga, lenta eppure inesorabile decadenza. Ecco dove un giornalista che cerca ancora di esserlo, dopo l’iniziale stordimento, diventa confuso e preoccupato: perché la grancassa mediatica internazionale rimbomba sempre con gli stessi assordanti colpi di tam-tam e nessuno tenta di farle il minimo contrappunto? Al contrario: nella notte viene rilanciato il do-di-petto degli analisti di Wall Street, secondo i quali la cattura ha già fatto crollare il prezzo futuro del greggio e avrà immediati effetti molto positivi sulla borsa; e ci si affretta subito a sostenere che il presidente George W.Bush, per la verità finora mai davvero scelto dal suo elettorato, ha già in tasca le elezioni dell’anno prossimo proprio grazie alla cattura di Saddam. Si tratta solo di stordimento e conformismo o ci sono anche codardia e malafede? Forse purtroppo si coglie un po’ di tutte queste cose, mentre su tutti i televisori del pianeta,in una scena sempre degna di un girone dantesco, vengono spulciati e rispulciati barba e capelli di un nuovo-vecchio mostro che, mentre è sottoposto un’umiliante simulazione di visita medica ultrapubblica, continua, sia pure senza volerlo, a fare la linguaccia a tutto il mondo. A quello dell’informazione in particolare. 

 dal sito www.misna.org

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