IRAQ  26/3/2003 18:23

PRIMA CHE LA CRISI UMANITARIA SIA INCONTROLLABILE

General, Standard

Il segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan continua a ricordare al mondo il prezzo pagato dai civili iracheni coinvolti, loro malgrado, in un conflitto di cui sono le prime vittime. In un'improvvisata conferenza stampa tenuta nel pomeriggio nei corridoi del Palazzo di Vetro di New York, Annan ha chiesto alle parti coinvolte di rispettare i civili. Nel suo intervento Annan ha fatto riferimento alle notizie, circolate già in mattinata, sul bombardamento di un mercato a Baghdad in cui ci sarebbero state vittime civili, "molte" secondo le informazioni diffuse dagli iracheni, una quindicina stando alle corrispondenze di alcuni giornalisti occidentali tra cui l'inviata del Tg3 Giovanna Botteri. Proprio le tragiche condizioni in cui si trovano i civili iracheni e le modalità per aiutarli sono al centro di un vertice speciale in corso a New York al quale partecipano tutti i responsabili delle agenzie umanitarie targate Onu. La "crisi umanitaria" che si sta rapidamente sviluppando a causa della guerra in corso in Iraq, già evidente dopo questi primi giorni di ostilità, rischia, infatti, di restare sempre più in secondo piano rispetto alle operazioni belliche, a quel che accade nei salotti diplomatici e nelle cronache, nelle analisi e nei commenti che ne forniscono i mezzi di informazione di tutto il mondo. A richiamare l’attenzione del mondo sul prezzo pagato dai civili iracheni per questo conflitto Anna ci aveva già pensato pensato nei giorni scorsi quando fu tra i primi a definire “gravissime” le condizioni in cui versa la seconda città del Paese: Bassora. I raid aerei, la guerriglia combattuta strada per strada dai fedelissimi del Raìs e la presunta sollevazione popolare di ieri hanno fatto perdere di vista il fatto che la gente di Bassora è costretta da venerdì scorso a vivere senza energia elettrica e con pochissima acqua. Sono condizioni di vita difficili ovunque, rese ancor più gravi se si considera che il termometro in questi giorni nella zona di Bassora ha toccato i 40 centigradi. L’Unicef (il fondo per l’infanzia delle Nazioni Unite) ha ammonito che in città almeno 100mila bambini rischiano la vita per le possibili epidemie che in condizioni igienico- sanitarie così precarie rischiano di diffondersi molto velocemente. La Croce Rossa è riuscita a portare a termine un’operazione che ha permesso di riparare il principale impianto di purificazione di acqua che rifornisce Bassora, ma la garantisce solo al 40/50 per cento della popolazione.

Il portavoce delle Nazioni Unite Fred Eckard, intanto ha fatto sapere che oltre 300mila persone hanno abbandonato le proprie case nel nord dell’Iraq. Centinaia di migliaia di sfollati che finora erano completamente assenti dai bilanci di questo conflitto. Soltanto ieri l’Alto Commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Acnur) aveva diffuso un comunicato stampa nel quale riferiva che appena una ventina di profughi iracheni aveva varcato le frontiere cercando rifugio nei Paesi circostanti. Mentre l’Acnur attende i profughi nei numerosi campi allestiti oltre frontiera, la nuova ondata di centinaia di migliaia di persone avrebbe trovato temporanei rifugi di fortuna nelle zone rurali settentrionali del Paese, anche presso familiari, amici e conoscenti, come ha riferito Eckard. La situazione è molto difficile anche a sud. Nelle acque a largo del porto di Umm Qasr, che sembrava essere stato espugnato e messo in sicurezza dalle forze angloamericane già a poche ore dall’avvio dell’attacco di terra, staziona una nave carica di aiuti umanitari che non riesce ad attraccare dal momento che lo scalo deve ancora essere sminato. L'arrivo è previsto, come ha dichiarato il responsabile sul posto dei reparti britannici alla 'Cnn', "in the near future", in un "futuro prossimo. A rendere ancora più difficile la gestione della crisi umanitaria si inserisce poi la diatriba politico-diplomatica che ha preceduto l’attacco in Iraq e che continua a dividere il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. I quindici membri dell’organo del Palazzo di Vetro non sono riusciti a trovare un accordo per far ripartire il piano ‘petrolio in cambio di cibo’, che ha garantito finora la sopravvivenza del 60 per cento della popolazione irachena. Il piano era stato bloccato da Annan alla vigilia del conflitto, ma lo stesso segretario generale aveva chiesto nei giorni scorsi di farlo ripartire. Un nuovo piano è stato presentato da americani e inglesi dopo aver apportato alcune modifiche a quello precedente. Francia, Russia, Cina e Siria (i quattro Paesi che siedono nel Consiglio e che fino all’ultimo si sono opposti all’uso della forza contro il regime di Saddam Hussein) hanno bloccato il varo delle modifiche perché potrebbero essere interpretate come un’implicita benedizione ad un cambio di regime a Baghdad. Secondo un diplomatico citato dall’agenzia di stampa italiana ‘Ansa’ questi Paesi non intendono avallare un fatto compiuto e “vogliono dare fastidio agli americani”. “Gli Stati Uniti stanno pagando il prezzo dell’aver ignorato il Consiglio di Sicurezza”, sostiene la fonte anonima dell’Ansa. Un prezzo condiviso, loro malgrado, anche dai civili iracheni, come hanno sottolineato le tante agenzie umanitarie dell’Onu e le organizzazioni non governative ancora attive in Iraq nonostante il conflitto. Proprio per questo, in cima alle priorità di Annan si trovano proprio le modalità di gestione della crisi umanitaria irachena, di cui domani il segretario generale discuterà durante un vertice al quale parteciperanno tutti i responsabili delle agenzie umanitarie targate Onu.

di Massimo Zaurrini

 dal sito www.misna.org