MEDIO
ORIENTE 1/6/2007 6.16 |
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'CARITAS'
DI TERRA SANTA:
LA
SITUAZIONE NEI TERRITORI PALESTINESI (esclusiva)
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Diritti
Umani, Standard |
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“Solo
la giustizia può portare la pace su questa
terra dove vivono due popoli in lotta da troppo
tempo... non le bombe, il muro o i posti di
controllo. Solo la giustizia porta sicurezza e
tutte le misure cosiddette di sicurezza adottate
finora da Israele hanno avuto l’effetto
contrario”: a parlare è Claudette Habesch,
segretaria generale della Caritas in Terra
Santa, raggiunta al telefono dalla MISNA a
Gerusalemme all’indomani della diffusione del
rapporto dell’Organizzazione internazionale
del lavoro (Oil/Ilo) sulla situazione
socio-economica nei Territori palestinesi. “A
Gerusalemme Est, a Gaza e in Gisgiordania - a
parere del personale umanitario della Caritas -
la situazione economica peggiora di giorno in
giorno. A Gaza il 70% degli abitanti, circa un
milione e 400.000, vive con meno di un dollaro
al giorno; in Cisgiordania la stessa percentuale
è del 55%”, cifre che si traducono
“nell’impossibilità o grande difficoltà di
far sopravvivere la propria famiglia e, questo
è il dato più importante, nella perdita di
dignità per chi vive senza nessuna prospettiva
d’impiego e di vita”. I progetti principali
della Caritas nella regione mirano perciò a
creare posti di lavoro, sia pure a breve
termine, ma, precisa la Habesh, “anche le
nostre attività vengono intralciate dalle
misure di sicurezza decise da Israele: spesso i
nostri operatori non ottengono
l’autorizzazione a muoversi tra i due
territori o trascorrono ore bloccati nel
traffico”. Palestinese nata e vissuta a
Jerusalemme Est, la Habesh esclama:
“Immaginate le umiliazioni che subiscono i
palestinesi ogni volta che si devono spostare
per motivi di lavoro, di salute o familiari!
Senza parlare del fatto che le istituzioni
dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP) non
sono in grado di operare efficacemente dal
momento che alcuni parlamentari sono stati
arrestati e imprigionati da Israele e altri non
avendo il permesso di spostarsi tra Gaza e
Ramallah, sono obbligati a lavorare in
videoconferenza...il governo d’Israele è la
parte forte e i palestinesi sono la parte
vulnerabile, ostaggio di una situazione
insostenibile. In assenza di speranza, alcuni
sono spinti a commettere azioni illegali e
violente”. Anche i gruppi pacifisti israeliani
con cui la Habesh collabora hanno compreso che
“senza giustizia non ci sarà mai pace” -
motivo per cui, prosegue l'intervistata – “è
venuto il momento di spezzare questa spirale di
violenza e impegnarsi tutti insieme, israeliani
e palestinesi, per una pace duratura con
l’appoggio della comunità internazionale, a
partire dal 'quartetto', che deve finalmente
decidere se giocare un ruolo neutrale e positivo
in questo conflitto”. Secondo la Habesh, la
collaborazione tra i due popoli deve passare
attraverso “una migliore conoscenza
dell’altro, il rispetto e la volontà di
condividere quel che ci è stato donato… perché
per fare la pace bisogna essere in due, non si
può fare la pace con se stessi”. I due
popoli, secondo la Habesh, hanno gli stessi
bisogni – sicurezza, pace, rispetto dei
diritti civili, libertà, dignità e
riconoscimento reciproco. “Perderemo insieme
se continueremo sulla strada di sempre o
vinceremo insieme se decideremo di abbandonare
l’alibi che la situazione è troppo complicata
per essere risolta; lavoriamo insieme prima che
sia troppo tardi; coltiviamo insieme la speranza
che il conflitto finisca” è l’appello
finale rivolto dalla Segretaria generale della
Caritas.( Traduzione dal francese di
un'intervista di Véronique Viriglio)[RC]
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