MISNA
VATICAN CITY  11/4/2003 2:29

OGGI LA ‘PACEM IN TERRIS’ COMPIE QUARANT’ANNI

Church/Religious Affairs, Standard

Quarant’anni fa, il beato Giovanni XXIII ebbe la lungimiranza di pubblicare l’enciclica Pacem in terris (11 aprile 1963). Non v’è dubbio che, proprio oggi, in un mondo sconvolto da sanguinosi conflitti, siamo tutti invitati a fare memoria di questo storico documento magisteriale per riascoltarne l’insegnamento profetico. Ci fa da guida il messaggio di Giovanni Paolo II, pubblicato in occasione della Giornata mondiale della pace 2003, che sottolinea con grande forza la portata dell’enciclica, sia per il momento storico nel quale fu pubblicata; sia per le forti sollecitazioni tuttora valide e stimolanti che essa racchiude in ordine alla costruzione della pace ‘hic et nunc’. Quando venne pubblicata la Pacem in terris, è bene rammentarlo, il mondo "era in un profondo stato di disordine". Due, in particolare, erano i fatti di cronaca che rendevano inquieto lo scenario internazionale: la costruzione, nel 1961, del "muro di Berlino" e, sul finire del 1962, la crisi dei missili a Cuba. In un simile contesto storico - un contesto dove la disperazione sembrava prendere il sopravvento – l’enciclica apparve come un’autentica profezia capace di leggere il presente con gli occhi di Dio e di guardare al futuro con speranza. Sì, perché "Papa Giovanni XXIII non era d’accordo con coloro che ritenevano impossibile la pace". E per questo, egli si adoperò in ogni modo affinché il "fondamentale valore della pace – con tutta la sua esigente verità – cominciasse a bussare da entrambe le parti di quel muro e di tutti i muri". Di qui la sua limpida e forte indicazione dei quattro "pilastri" su cui poggia la pace, in perfetta corrispondenza con quattro precise e irrinunciabili esigenze dell’animo e di ogni collettività umana: la verità, la giustizia, l’amore e la libertà. Un linguaggio, questo, che esprime ancora oggi efficacemente il coraggio disarmato e disarmante di Giovanni XXIII di fronte a tutti coloro che ritenevano impossibile la pace. Malgrado le guerre e le minacce di guerre, il Papa Buono era aiutato da "quella convinta confidenza in Dio e nell’uomo che gli veniva dal profondo clima di fede in cui era cresciuto". Così Giovanni XXIII seppe parlare al cuore dell’uomo, perché ebbe lo straordinario merito di cogliere e mettere in luce ciò che l’azione di Dio aveva da sempre iscritto e continuamente andava iscrivendo dentro questo cuore, ossia una originaria e irresistibile tensione verso la pace quale "anelito profondo degli esseri umani di tutti i tempi". Il Papa Buono ebbe il merito di indicare al mondo che c’è una sola e imprescindibile percorso verso la pace: quello che "passa attraverso la difesa e la promozione dei diritti umani fondamentali". Egli vide nella fine del colonialismo, nella nascita di nuovi Stati indipendenti, nella difesa più efficace dei diritti dei lavoratori, nella nuova e gradita presenza delle donne nella vita pubblica i "segni" d’una umanità che stava entrando in una nuova fase della sua storia, una fase caratterizzata dalla "convinzione che tutti gli uomini sono uguali per dignità naturale". Ma l’influsso profetico della Pacem in terris si è manifestato anche nei riguardi del tema del bene comune universale: "Davanti ad un mondo che stava diventando sempre più interdipendente e globale, Papa Giovanni XXIII suggerì che il concetto di bene comune doveva essere elaborato con un orizzonte mondiale. Ormai, per essere corretto, il discorso doveva far riferimento al concetto di bene comune universale". Di qui la necessità di camminare verso un’autorità pubblica a livello internazionale. "Non sorprende perciò che Giovanni XXIII guardasse con grande speranza all’Organizzazione delle Nazioni Unite", vedendovi "uno strumento credibile per mantenere e rafforzare la pace nel mondo". Una cosa è certa: riletta, oggi, a distanza di 40 anni, la Pacem in terris ci offre delle provocazioni di evidente attualità sulle quali nessun politico o presunto tale pare in questo momento sufficientemente interessato. L’accettazione passiva o attiva della violazione, da parte degli stati Uniti del diritto internazionale, nel caso della questione irachena, la dicono lunga. Ma torniamo alle provocazioni dell’enciclica giovannea. Pensiamo, ad esempio, al fenomeno della globalizzazione, conosciuto anche con il nome di mondializzazione. Perché essa sia veramente umana e umanizzante, è urgente giungere a una nuova organizzazione dell’intera famiglia umana e, nello stesso tempo, dare piena realizzazione ad un’autorità pubblica internazionale. Non certo, scrive sapientemente Giovanni Paolo II, nel senso di costituire "un super-Stato globale", ma nel dar vita più prontamente a "modi democratici nell’esercizio dell’autorità politica, sia nazionale che internazionale", e di garantire "trasparenza e credibilità ad ogni livello della vita pubblica". Un altro spunto, forse il più interessante ed esigente che la Pacem in terris offre alla nostra situazione attuale, è la sottolineatura del legame indissolubile tra pace e verità. Ciò significa rifiutare la visione di quanti pensano alla politica "come ad un territorio svincolato dalla morale e soggetto al solo criterio dell’interesse", anche perché nessuna attività umana si può situare al di fuori della sfera dei principi etici. Anche se, dobbiamo tristemente ammetterlo, non pochi politici dei nostri tempi hanno l’ardire di professare dottrine che, secondo loro, sono al di sopra di ogni giudizio morale. La pace, invece, per la Chiesa è un grande dono di Dio e al contempo un grande compito per ogni credente: per tutti, non solo per chi ha responsabilità economiche, sociali e politiche. Anche noi, missionari e laici, siamo direttamente e personalmente interpellati a schierarci sempre e comunque in difesa dei più deboli. Sì, la forza profetica della Pacem in terris è rivolta a ciascuno di noi! È una profezia che risuona nelle nostre coscienze, sollecitandoci ad una vigilanza e ad una operatività alle quali non è lecito sottrarsi.

                                                                                      Giulio Albanese

 dal sito www.misna.org