IRAQ  31/3/2003 5:17

GUERRA: INFORMAZIONE IN FAVORE DELLA PACE, È QUESTIONE DI BUON SENSO

Peace/Justice Peace/Justice, Standard

In tempo di guerra, l’informazione rischia di sortire effetti devastanti sulle coscienze di tanta gente al punto da rendere il campo di battaglia una sorta di scacchiera dove fanti e cavalieri muoiono davvero anziché per finta. A creare problemi è il linguaggio degli addetti ai lavori che, quasi costantemente, mette in discussione il principio supremo del diritto alla vita e dunque la sua sacralità. Il gergo, d'altronde, in certi salotti dell’etere, è quello dei fumetti di guerra dove muoiono i cattivi e vincono i buoni, anche se l’innovazione digitale ha reso il vocabolario molto più tecnico e cinicamente aderente alla realtà. Ecco che allora si parla dei duemila, tremila soldati nemici caduti sul fronte, come se fossero entità virtuali registrate nella memoria di un video game; con la sola differenza che quelli veri non sono affatto giocattoli, ma gente in carne ed ossa che ‘tiene famiglia’ e forse anche numerosa rispetto agli standard occidentali. Il linguaggio, intendiamoci, non è fatto solo di parole, ma anche di immagini, di suoni e di effetti speciali che fanno paura a piccoli e grandi. Evitando le risposte retoriche e furbastre, so che certi benpensanti direbbero che tutto sommato la guerra è sempre stata così, anche al tempo dei Cavalieri della Tavola Rotonda; e che quindi ciò che conta è farla vedere, sapendo in partenza che il copione finale sarà sempre lo stesso: vinceranno quelli più forti, bravi e coraggiosi ai quali verranno dedicati monumenti, memorie e quant’altro. E noi aggiungiamo, come insegna la storia, che questi signori avranno poi il grande privilegio di raccontare le loro avventure ai loro figli e ai loro nipotini perché, da grandi eroi, hanno venduto cara la pelle. E qui entriamo nel tunnel dell’Occidente. Da quando questa umanità dolente ha imparato, soprattutto nel mondo cristiano, che il principio dell’esistenza è sacrosanto, non è più possibile chiedere alla gente di sacrificare la propria vita in nome di principi morali o ideali in contrasto con la medesima. La questione radicale che si pone è presto enunciata: la civiltà multietnica e multi razziale che ha permesso la creazione delle Nazioni Unite è fondata su ben altri presupposti che quelli belligeranti. Essa tutela, prolunga e migliora la vita e pone al suo vertice l’uomo. Punto e basta. È difficile, dunque, anzi oserei dire folle e irrazionale, pensare di rovesciare la piramide come se vi fossero vite di serie ‘A’ e vite di serie ‘B’. Purtroppo, invece, all’inizio del Terzo Millennio, c’è qualcuno che vorrebbe far tornare indietro la moviola della Storia, con qualche correttivo. Ecco che allora, per salvare la faccia, le guerre moderne si fanno lo stesso come in passato, ma dall’alto e possibilmente da lontano, con un rapporto di uno a cento rispetto alle forze nemiche. Salvo che poi certe mattanze non fomentino il micidiale terrorismo di famigerate cellule sovversive le quali, come per ironia, si celano nel garage, dietro l’angolo di casa. Diciamo la verità. Il mondo è pieno d’ingiustizie; basterebbe pensare solo al disastro ecologico causato dai Paesi Occidentali ai danni di quelli meno avanzati. Il contrasto con la nuda realtà e con il resto del mondo che vive nella miseria porta inevitabilmente a sconfessare il primato etico di chi vorrebbe fare sempre il poliziotto, pronto a manganellare i vari satrapi sparsi a destra e a manca nelle lontane periferie del nostro povero pianeta. Questa non è retorica pacifista, come scrive qualche opinionista nostrano: è buon senso. Il buon senso che manca a certa stampa nazionale ed estera che non capisce, anzi, che non vuole capire, che bisogna sempre e comunque essere schierati in difesa della Pace. Schierati non dalla parte di Saddam Hussein o di George W. Bush, ma dalla parte delle vittime, poco importa se irachene o americane, sudanesi o congolesi. Questo si è sforzato di urlare il Papa. E noi con Lui.

di Giulio Albanese

dal sito www.misna.org