Mina
Welby, ieri per la prima volta il cardinale Ruini ha parlato
ampiamente di suo marito Piergiorgio Welby. Lo ha descritto
come uno che ha «perseverato lucidamente e consapevolmente
nella volontà di porre termine alla propria vita.
«Il
cardinale Ruini ancora oggi non ha capito la storia di mio
marito. Piergiorgio è stato addormentato per poter morire
tranquillo, non è stato ucciso. Si è fatto tutto in modo
accurato, preciso, ha rifiutato la cura del ventilatore e
questo è avvenuto con una sedazione. Ruini forse non sa
qual è il significato della parola eutanasia. Vi include
tutte le morte dolci e anche il rifiuto di accanimento
terapeutico».
Il
presidente della Cei fa confusione?
«Sì
è un po' confuso nella sua terminologia e penso anche che
sia una confusione voluta».
Una
confusione strumentale?
«I
radicali non sono graditi alla Chiesa, sono anticlericali,
il che non vuoi dire essere contro la Chiesa ma contro certe
concezioni che arrivano dalla Chiesa. Per combatterli può
servire anche agitare di continuo questa parola».
Il
cardinale Ruini ha fiducia in una conversione di Welby «nell'istante
della morte»...
«Piergiorgio
era sicuro di sé il pomeriggio del 20 dicembre. Mi ricordo
che ne parlammo. Gli dissi: "Piergiorgio incontrerai il
tuo papà, tutti quelli che ti erano cari, anche il tuo
amico Luca". Mi fece l'occhiolino e mi sussurrò un
"sì" ma non so se questo volesse dire che pensava
davvero che esistesse un aldilà o che credesse in Dio. Su
queste cose è sempre stato molto riservato. So che era in
pace con Dio, che non aveva nulla per cui essere
rimproverato né di cui pentirsi».
Perseverare
lucidamente e consapevolmente nella volontà di porre fine
alla propria vita - come sostiene il cardinale Ruini
significa che per la Chiesa cattolica Welby si è suicidato.
«Non
ha voluto uccidersi. Era solo terribilmente stanco e
sofferente. L'aria del respiratore gli gonfiava il petto,
questo gli provocava fortissimi dolori. Non poteva nemmeno
prendere antidolorifici perché gli creavano ulteriori
dolori. Durante gli ultimi giorni stava sempre peggio,
dovevo di continuo raddrizzarlo, mi diceva: "Non ce la
faccio più". Mina, mi capisci?».
E
lei?
«Ancora
adesso vedo i suoi occhi imploranti che mi dicevano
"basta!" e mi vengono gli scrupoli, perché invece
gli ho fatto coraggio, ho insistito perché andasse avanti.
Ogni tanto mi diceva "spegni il respiratore poi vai in
cucina e accendi la radio". In cinque-dieci minuti
sarebbe morto soffocato, ma non volevo che soffrisse, non me
la sono sentita. Ma lui voleva soltanto liberarsi da una
vita che non riteneva più vita. Non mi sembra che questo
sia un suicidio. Anche Giovanni Paolo II ad un certo punto
ha detto: "Lasciatemi andare alla casa del
Padre..."».
Il
cardinale Ruini rivela anche che il suo «no» ai funerali
non è stato privo di sofferenza.
«Dopo
tutto questo tempo rispondo che è stato quasi preferibile.
Il rifiuto ha portato a una discussione che ci ha arricchito».
Lei
si è sempre dichiarata cattolica. Lo è ancora?
«Certo,
mi sento assolutamente libera di pensare e dire quello in
cui credo. Non mi risulta che Gesù abbia mai trattato male
un moribondo o un malato...».