IL FATTO
Oggi (16 maggio 2004) è la Giornata mondiale per la cancellazione del debito Una strategia che coinvolge molte istituzioni della comunità internazionale e che è cruciale per consentire lo sviluppo economico del Sud del pianeta Gli strumenti per lottare contro la povertà, le condizioni perché siano efficaci, il ruolo dell’Italia

Il macigno del debito sullo sviluppo

Il Programma lanciato nel 1996 coinvolge 41 Paesi e 600 milioni di persone. 27 hanno raggiunto gli standard che consentono di operare il «taglio»

Da Milano Marco Arnone

Il debito estero dei Paesi più poveri e indebitati è uno dei temi più controversi della politica economica internazionale, e sia le iniziative di organizzazioni internazionali come Fondo Monetario Internazionale (Fmi) e Banca Mondiale (Bm), sia le proposte di organizzazioni non governative come Jubilee vanno analizzate attentamente prima di trarre conclusioni avventate. La maggiore iniziativa di riduzione del debito estero dei Paesi più poveri è stata lanciata nel 1996 da Fmi e Bm su istanza del G7, con l'obiettivo di raggiungere la sostenibilità del debito estero di questi Paesi, dopo che varie iniziative dello stesso G7 avevano avuto effetti limitati: la Heavily Indebted Poor Countries (Hipc) Initiative - il Programma per i Paesi poveri fortemente indebitati - coinvolge 41 Paesi e 600 milioni di persone. Il debito di questi Paesi al 2000 era di 200 miliardi di dollari, circa il 10% del totale del debito estero di tutti i Paesi in via di sviluppo (Pvs). Dal punto di vista sociale, l'aspettativa di vita in queste aree è di 7 anni inferiore rispetto alla media dei Pvs e questo dà già un'idea della situazione di sopravvivenza precaria.
Il programma Hipc consiste in un percorso di aggiustamento macroeconomico e di lotta alla povertà da parte di ciascun Paese coinvolto, sotto sorveglianza di istituzioni multilaterali: I Paesi devono definire una strategia di lotta alla povertà e di strumenti di tutela delle fasce più deboli della popolazione, nel quadro di un programma di riequilibrio orientato alla crescita. Un punto chiave è che la strategia di lotta alla povertà viene definita in un processo di consultazione molto complesso fra la società civile e il governo, che può richiedere grandi sforzi logistici in Paesi dove mancano le strade e i mezzi di trasporto: partecipare a una riunione può richiedere tre giorni di cammino. Una seconda caratteristica è che i fondi dei donatori multilaterali e bilaterali sono a tassi di interesse estremamente bassi (0 ,5%), con tempi di rimborso decennali. Un terzo aspetto è che questo tipo di programma dovrebbe essere orientato alla crescita. Oggi, su 41 Paesi che rispondono alle caratteristiche richieste per far parte dell'Hipc, 27 hanno raggiunto il cosiddetto completion point (la fase finale del programma, raggiunta la quale si procede al taglio): il loro debito estero si è ridotto da 77 a 26 miliardi di dollari, in valore attuale. Riguardo la lotta alla povertà, la spesa pubblica specificamente orientata a questo obiettivo è aumentata da 6 miliardi di dollari nel 1999 a 10 quest'anno e si prevede arrivi a 12 nel 2005, a fronte di una riduzione del servizio annuale del debito da 3 a circa 2 miliardi.
Dal punto di vista della stabilizzazione macroeconomica, i programmi multilaterali hanno ottenuto un grande successo nel controllo dell'inflazione e anche sulla crescita. I dati sono positivi, ma con un possibile problema: la forte riduzione dell'inflazione ha fatto aumentare i tassi di interesse reali con un possibile impatto di freno alla crescita, che avrebbe potuto essere più sostenuta almeno nei Paesi africani. Insomma, il programma di aggiustamento potrebbe essere in parte vittima del proprio successo in campo monetario, rendendo la crescita insufficiente a garantire la sostenibilità del debito estero. La conclusione che l'attuale programma Hipc vada ampliato è ormai assodata e un nuovo programma sta per essere varato, ma non se ne conoscono i dettagli. A fronte di questi programmi molte organizzazioni non governative chiedono la cancellazione totale del debito, o perché inesigibile, o perché insostenibile, o perché pagare il debito sottrae risorse da investire nello sviluppo. Questa è una soluzione un po' troppo semplice: l'aggiustamento macroeconomico va comunque perseguito, così come la strategia di tutela dei gruppi più deboli. In Paesi che consumano solo per la sopravvivenza fisica più di quanto non producano, il debito comincerebbe ad accumularsi già l'an no successivo alla ipotetica cancellazione: anche così non sarebbe sostenibile. Occorre, invece, che i Paesi occidentali tengano fede agli impegni di aumentare i fondi per l'assistenza ai Paesi poveri - oggi danno lo 0,25% del Pil contro una promessa dello 0,7% - e liberalizzino i propri mercati agricoli dando accesso ai prodotti di questi Paesi. Questo permetterebbe ai Paesi Hipc di crescere esportando e di vivere delle proprie risorse, non d'elemosina, e ai consumatori occidentali di pagare molto meno i prodotti agricoli e le materie prime, contribuendo ad aumentare il potere d'acquisto e ad attenuare ulteriormente l'inflazione.

testo integrale tratto da "Avvenire" - 16 maggio 2004