LO STUDENTE KAROL WOJTYLA 

Esce da Bompiani la tesi di laurea (1948)del futuro papa sul pensiero di San Giovanni della Croce  

La Salita che porta a Dio

di Gianfranco Ravasi  

Domenica prossima, 18 maggio, Karol Wojtyla compirà 83 anni. Credo che uno dei doni più graditi per questo suo compleanno sarà il volume che con paziente acribia  è stato confezionato da Massimo Bettetini (in libreria  tra una decina di giorni). Viene, infatti, pubblicata la tesi di laurea in teologia dell'allora giovane sacerdote polacco: un'operazione impegnativa se si pensa che il testo è scritto in un latino tutt'altro che agevole e che il curatore ha dovuto lavorare per eseguire la sua traduzione  su un originale composto da fotocopie di copie a carta carbone, costellate di correzioni manoscritte, cancellature,  addizioni  e incollature. Un vero e proprio reperto di archeologia letteraria dal punto di vista estrinseco, un documento intenso e fremente dal punto di vista tematico e personale.

Per costruire la genesi di quest'opera che si presenta come una suggestiva primizia (ne pubblichiamo nello spazio sottostante una pagina dal Proemio), bisogna risalire alla mattina del primo novembre 1946 allorché Karol Wojtyla veniva ordinato sacerdote  nella cattedrale di S. Venceslao e di S. Stanislao  sul Wawel  di Cracovia, il colle  che domina il placido corso della Vistola, la sede delle incoronazioni dei sovrani di Polonia.  Due settimane dopo  don Karol era inviato dal suo vescovo  a Roma perché si laureasse in teologia presso la facoltà dei Domenicani, l'Angelicum, che ancor oggi svolge la sua attività accademica sulla Salita del Grillo, a due passi da piazza Venzia. Tema della tesi che fu dicussa due anni dopo, nel gugno del 1948, era La dottrina della fede in S. Giovanni della Croce (nell'originale latino Doctrina de fide apud S. Joanem a Cruce). Relatore era stato un noto teologo domenicano francese, Réginald Garrigou-Lagrange (1877-1964), un pensatore di stretta osservanza tomista: si può sostanzialmente dire  che i suoi vari corsi, sempre stesi in latino, costituiscono in pratica un commentario sistematico e completo della Summa Theologiae dell'Aquinate.

Ma nella vasta bibbliografia di quel docente spiccava già allora un titolo a prima vista parzi»lamente eterogeneo, Perfection chrétienne et contemplation selon s. Thomas et s. Jean de la Croix, pubblicato in Francia nel 1923. Questo scritto spiegava la ragionedel tema assegnato al giovane sacerdote polacco e giustificava anche il taglio squisitamente sistematico e secondo una prospettiva ermeneutica tomistica della tesi elaborata in latino dallo studente Wojtyla secondo la prassi allora in vigore (prassi perduta sino alla fine degli anni Sessanta: io stesso ho compiuto l'arco dei miei studi teologici, prima ed esegetici, poi, ascoltando lezioni in latino e sostenendo esami in quella lingua). Una nota merita questo mezzo espressivo che ovviamente non era comandato dai canoni stilistici ciceroniani ma che pure aveva un a sua specificità. A questo proposito è pienamente da condividere la nota del curatore: quello del giovane Wojtyla è un «un latino in alcun i passaggi topici, puntuale nella costruzione, talvolta tortuosa, del fraseggio che é complesso... Il tutto risponde alla logica e al modo di pensare di Karol Wojtyla ... Frasi che paiono involvere in una spirale centripeta trovano risoluzione in una nuova luce che prosegue e porta al pensiero successivo.»

Ma a questo punto affiora spontanea una domanda: il soggetto studiato non era certo un mistico, libero e creativo, come Juan de la Cruz (1542-1591), autore di pagine incandescenti ed emozionanti? Non era quella figura che una donna  straordinaria e tutt'altro che indulgente o tenera nei confronti dei religiosi com'era S. Teresa d'Avila, definiva «così buono che potevo più io imparare da lui che lui da me, molto grande agli occhi di Dio,  uomo di coraggio e di grande orazione?» In realtà, se si affronta la sua tetralogia più famosa,  la stessa che é  alla base - nell'originale spagnolo, come si evince dalle citazioni - della ricerca del futuro Papa, e cioè la Salita del Monte Carmelo, la Notte oscura, il Cantico spirituale e la Fiammaviva dell'amore, ci si accorge di essere in presenza di un pensatore robusto e acuto. In particolare la Salita  - che, tra l'altro, ha tutto il fascino di un'"Incompiuta" alla maniera della celebre Sinfonia in Si minore di Schubert o della Pietà Rondanini di Michelangelo - rivela un'ardua architettura teorica che attinge anche al pensiero di Tommaso e procede oltre con molta originalità. E' per questo che soprattutto alla Salita del Monte Carmelo Wojtyla dedica il maggiore spazio nella "parte analitica" della sua tesi: in questa edizione sono ben 270 pagine di vaglio accurato, seguendo ben dieci traiettorie tematiche per altro capitali nel pensiero del grande mistico spagnolo. Si pensi solo al tema, centrale nella tesi dello studente polacco, della fede come medium unions, cioè come via di intimità dell'anima con Dio; fede nella quale si registrano esperienze, a prima vista antitetiche, di luce e di tenebra; orizzonte nel quale Dio si comunica e si nasconde e lo stesso celarsi e persino l'oscuramento diventano paradossali tramiti di rivelazione e di svelamento; ambito nel quale credere e comprendere , fede ed intelletti s'intrecciano e si tendono; esperienza nella quale fides quae, cioè verità, e fides qua, cioè fiducia, intelletto passivo e intelletto attivo si muovono e operano in contrappunto armonico; fede come percorso verso l'amore che avrà negli scritti di sangiovannei una celebrazione indimenticabile anche poeticamente: «Oh notte che riunisti/ l'Amato con l'amata,/ amata nell'Amato trasformata! - canta Giovanni nella Notte oscura - Là giacqui, mi dimenticai,/ il volto sull'Amato reclinai, tutto finì e posai,/ lasciando ogni pensier/ tra i gigli perdersi obliato».

A tirare le fila teoriche di questo panorama dai sentieri d'altura sia per il pensiero sia per la mistica, è nella tesi del futuro Giovanni Paolo II una breve, densa e quasi crittografica "parte sintetica" che nella  «conclusione intorno alla natura della fede» il suo apice. Ne suggeriamo una lettura paziente e attenta anche perché  emergono «le due specifiche argomentazioni della fede» di Giovanni della Croce: «La prima riguarda l'aspetto ontologico della fede, la sue elevazione soprannaturale da cui deriva la via proporzionata a unire l'intelletto con Dio; la seconda , elaborata in stretta dipendenza dai principi posti nella prima, concerne il lavoro di purificazione psicologica della fede nell'intelletto». Queste due coordinate, l' "ontologica" e la "psicologica", permettono a Wojtyla di abbozzare un profilo del credere fondato su quella che egli chiama proportio intentionalis, profilo che racconta le intuizioni tomistiche ma che fa balenare anche i germi del futuro itinerario del Papa. Un itinerario che sarà scandito dalle opere sorte successivamente durante il suo impegno accademico presso l'Università cattolica di Lublino, come Persona e atto o Amore e responsabilità, e che vedranno  lo studioso orientarsi verso l'approccio fenomenologico esistenzialista. Non per nulla nella prefazione alla versione inglese del suo Persona e atto Wojtyla riconoscerà  di «dover tutto ai sistemi della metafisica, dell'antropologia e dell'etica aristotelico-tomista da una parte e, dall'altra, alla fenomenologia, soprattutto nell'interpretazione di Scheler, anche a Kant ». Una nota curiosa. Pochi anni prima della svolta fenomenologica del pensiero del prof. Wojtyla, l'assistente prediletta di un altro grande maestro di quella corrente filosofica, Edmund Husserl, l'ebrea tedesca Edith Stein, avrebbe scelto la via del cristianesimo e del Carmelo, l'ordine nel quale era vissuto in modo travagliato Giovanni della Croce. Ebbene, sarebbe toccato proprio a Giovanni Paolo II nel 1997 di proclamare santa Edith, diventata suor Benedetta della Croce, e di dichiarare compatrona d'Europa lei che era stata assassinata dai nazisti proprio in Polonia, ad Auschwitz, nel 1942 a 51 anni.

Karol Wojtyla, «La dottrina della fede in S. Giovanni della Croce», con testo latino a fronte ,

   a cura di Massimo Bettetini, Bompiani, Milano 2003, pagg. 530, € 12,50.

 

testo integrale tratto da "Il Sole -24 Ore - Domenica" - 11 maggio 2003

 

 

«Granitica reazione alle false dottrine»

di Karol Wojtyla

 

Molte pubblicazioni si occupano dell'argomento da noi scelto, pubblicazioni datate e pubblicazioni recenti, alcune delle quali inserite nella Bibliografia. C'interessa però definire una sola cosa al riguardo: se e quanto il momento storico influenzò la concezione di fede che andremo analizzando nelle opere del santo Dottore Mistico. A nessuno sfuggirà come i suoi scritti siano una granitica reazione, d'alto livello, contro le erronee tendenze a lui contemporanee, contro false indicazioni di pensiero e contro quelle dottrine mistiche dove l'errore di partenza trovava immediato riscontro nella realtà esistenziale.

Anche oggi possiamo cogliere questa reazione negli scritti di san Giovanni della Croce, in modo vivo, palpabile, direi. L'autorità ecclesiastica si oppose a quelle pericolose falsità; fu una reazione ufficiale, spesso grave e severa: andrebbe in tal senso ricordato il nome di Melchior Cano. Ma la verità, vinse grazie alla reazione precipuamente fornita dal Carmelo, di fresca riforma.  Ecco come, attraverso salubri reazioni, scaturì la fonte di una purissima vita mistica e di una assai luminosa dottrina in grado di debellare i cosiddetti  Alumbrados; capace, nei secoli a venire, di illuminare della sua stessa luce la Chiesa di Cristo. Ma non possiamo insistere sull'importanza storica, quasi fosse la causa prima ispiratrice dell'opera di San Giovanni della Croce. Il santo Dottore cercò innanzitutto di insegnare e, insegnando, conseguenza secondaria, debellò le false dottrine. [...]

L'innesto storico può tuttavia tornare utile, specie al tema prescelto quale oggetto del presente studio. Contro le erronee tendenze riguardanti il rapporto con Dio, il santo Autore definì con decisione la fede «mezzo proprio dell'unione» ; la fede, quanto ne consegue, nella totale spogliazione, austerità e obbedienza intellettuale. Scrive al proposito p. Crisogono di Gesù Sacramentato: «il miglior modo di reagire contro quelle inclinazioni e quegli insegnamenti, fu glorificare la fede, in contrapposizione alla visione, e indicarla come unica via per ottenere il più alto grado d'unione mistica; innalzarla al di sopra di ogni visione e rivelazione; escludere, dalla mistica la visione a faccia a faccia».