Carissimi
fratelli Vescovi,
stiamo ripercorrendo in
questi giorni le vicende delle prime comunità cristiane raccontate
negli Atti degli Apostoli: l'annuncio del Risorto e della fede,
anche fuori dal mondo giudaico, costituiva motivo di persecuzione
dall'esterno e di acceso confronto all'interno della Chiesa.
Incoraggiati da Gesù che ci dà la sua pace "non come la dà
il mondo" e da Paolo e Barnaba che "si opponevano
risolutamente e discutevano animatamente" (Atti 15, 2) ci
rivolgiamo a voi con franchezza, senza mediazioni diplomatiche, con
un linguaggio semplice e fraterno, animati principalmente dal
desiderio di essere con voi una Chiesa che sia segno di
contraddizione e di speranza per le donne e gli uomini del nostro
tempo.
Già molti, da mesi,
hanno cercato di sollecitarvi ad uscire dal silenzio, non come
singoli vescovi, ma come Conferenza Episcopale Italiana, su problemi
che toccano il nostro modo di esprimere la fede. Il vostro silenzio
in questi momenti di grande sofferenza ci inquieta e ci scandalizza.
C'è una grande attesa, anche da parte di chi si dice non credente,
di una vostra comunicazione comunitaria. Siete invitati ad uscire
dalla latitanza sulle questioni vitali per il nostro tempo anche, se
per arrivare a questo, dovete affrontare i conflitti esistenti tra
voi.
Noi siamo convinti che nella Chiesa, in tutte le sue articolazioni,
il servizio primo alla verità oggi sia riconoscere e affrontare i
conflitti. Qualcuno ha detto che in Italia la Chiesa rischia di
trovarsi in una situazione di "anarchia scismatica":
ognuno di fatto agisce per proprio conto. Anche voi, come avviene
nel mondo politico, correte il rischio di non essere rappresentativi
delle comunità ecclesiali.
Per questo non ci rassegniamo alla Chiesa dei mormoranti, ma ci
rivolgiamo a voi con schiettezza, confidenza e fiducia, come voce
che si aggiunge agli altri appelli, fatti da persone anche più
autorevoli di noi.
Noi non vi diciamo che le cose stanno come noi vi scriviamo, ma
semplicemente vi comunichiamo come le recepiamo.
Il primo punto riguarda
la pace, costitutiva della comunità del Risorto, quindi della
Chiesa.
Non riusciamo a comprendere a nome di chi intervenite, se a titolo
personale o come Conferenza Episcopale, né a chi fate riferimento
con le vostre dichiarazioni: se al Vangelo, al magistero
ecclesiastico, al Diritto internazionale, alla convenienza
diplomatica o ad una vostra convinzione personale. Sulla pace e la
nonviolenza sentiamo forte, non solo la differenza, ma la
discrepanza e l'enorme distanza quantitativa e qualitativa tra i
pronunciamenti del Papa e quelli della CEI, tra le prese di
posizione dell'Osservatore Romano e quelle di Avvenire.
In particolare siamo molto preoccupati anche della vostra posizione
nella attuale fase di occupazione militare in Iraq, senza
marginalizzare le altre guerre dimenticate. Come cristiani non siamo
mandati né ad uccidere, né a salvaguardare gli interessi con la
forza, né a confrontarci con fermezza con i fratelli musulmani.
Dovremmo semplicemente opporci ad ogni violenza, anche occidentale,
e offrire la nostra disponibilità di amore e di servizio ai popoli.
Ci sembra di essere di fronte al rovesciamento della concezione di
pace annunciata da Chi è morto per rendere visibile l'amore di Dio
per tutti, perfino per i crocifissori.
A volte alcune vostre affermazioni non sono giustificabili nemmeno
in rapporto al Diritto internazionale.
Sono molti oggi ad attendere in positivo dagli uomini di fede di
tutte le religioni quella novità e quella spinta per la pace, con
la scelta chiara della nonviolenza, che riesce impossibile oggi
all'organizzazione degli Stati. La strumentalizzazione politica
della religione per fare scelte di guerra è la causa principale
della costruzione del fondamentalismo religioso nel mondo.
Certe scelte di appoggio alle operazioni militari fuori dal Diritto
internazionale non favoriscono lo scontro fondamentalista? Come
Chiesa dovremmo annunciare il perdono, chiedendolo per primi;
altrimenti che senso avrebbe avuto la richiesta di perdono durante
il Giubileo? In questi momenti drammatici abbiamo bisogno di
coraggiose scelte ecumeniche, di iniziative interreligiose e una
diffusa pratica del digiuno.
Il secondo punto
riguarda il vostro silenzio sul degrado istituzionale in atto in
Italia, con grave rischio sia della democrazia, che del patto
solidaristico sancito nella Costituzione.
Stiamo assistendo allo scontro tra le istituzioni dello Stato, in
particolare al tentativo di interferire sui compiti costituzionali
della Magistratura, alla occupazione di interi settori vitali per la
democrazia come l'informazione, alla emanazione di leggi per uso
privato o a favore di un parte di società o, peggio, per premiare
chi "delinque".
Il mancato rispetto della legalità non colpisce soltanto la vita
politica ma è fortemente diseducativo per le giovani generazioni.
Stiamo assistendo alla demolizione sistematica dello stato sociale
(non c'è settore della società: scuola, sanità, servizi sociali,
lavoro che non sia in fibrillazione) per arrivare ad una
privatizzazione dell'economia che ridurrà i diritti per tutti,
penalizzerà e creerà più poveri ed emarginati con grandi
disequilibri sociali.
Particolarmente iniqua e discriminatoria nell'impianto giuridico, e
specialmente nella sua attuazione pratica, è la cosiddetta
"Bossi-Fini", la legge sull'immigrazione.
In tutto questo, che significato ha la scelta di perseguire con
tanta tenacia tutti i vantaggi per la scuola privata cattolica e per
un ordinamento anomalo per gli insegnanti di religione? A quale
principio pastorale e a quale concezione di Chiesa si ispira tale
scelta: Chiesa perseguitata che difende i propri diritti? Chiesa in
concorrenza con la società civile? Chiesa che prepara la classe
dirigente di domani? Chiesa a servizio dei più
svantaggiati?…principio di solidarietà?, di sussidiarietà?,
affermazione di identità cristiana?
Non pensate che questa scelta prepari, a breve scadenza, la
costituzione di scuole islamiche private in Italia? E così saranno
resi molto più difficili l'interazione e il dialogo fra le diverse
culture. La complessiva privatizzazione della scuola già da ora,
penalizza i socialmente e psichicamente più deboli.
In molti pensiamo che con questa scelta la Chiesa ha venduto la sua
primogenitura (la sua missione profetica nella società) per un
"piatto di lenticchie"!
Il terzo punto riguarda
i problemi relativi alla sopravvivenza dell'umanità e del pianeta.
Sono i problemi che assillano quotidianamente la maggior parte
dell'umanità e sono legati agli elementi essenziali: acqua, aria,
terra. Non siamo Chiesa solo "italiana", siamo Chiesa
"cattolica", cioè universale.
Siamo molto preoccupati per come si sta affrontando la questione
degli Ogm.
Sulla linea dell'anno giubilare, quando si è affrontato il problema
del debito estero e di nuovi stili di vita, chiediamo a voi di
approfondire anche i problemi del debito ecologico e dello sviluppo
equo ed eco-compatibile. Che bello sarebbe se la Chiesa, prendendo
sul serio come orizzonte pastorale "le gioie e le speranze, le
tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e
di tutti coloro che soffrono" (Conc. Vat. II), aprisse le porte
al coinvolgimento di tutte le associazioni e i movimenti impegnati
su queste tematiche per la costruzione della nuova Europa e per un
mondo fondato sul primato non degli interessi, ma dei diritti!
Abbiamo tanta voglia di camminare insieme.
Vi salutiamo con grande
riconoscenza e grande speranza e vi auguriamo un proficuo lavoro.